“Gas non c’entra, sono stato io”

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“Gas non c’entra nulla in questa vicenda. Centriamo solo io, Sinapi e un altro mio amico rumeno. Gas neppure mi parlava perchè io mi drogavo e lui odia queste cose. Mai parlato con gas degli incendi”. Sono le dichiarazioni di Renaldo Likaj(che ha incassato 3anni e 8 mesi) con rito abbreviato, nel processo a Gazmir Shahu, 39enne albanese, per gli attentati incendiari per conto dei coniugi Claudio Sinapi e Annamaria Fortino che volevano ottenere la casa del vicino a un prezzo irrisorio.

Dinanzi alla prima sezione del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, presieduta da Giovanni Caparco, con a latere Francesco Maione e Patrizia Iorio, Likaj ha chiarito il rapporto di amicizia con il connazionale ma anche l’estraneità dei fatti contestati, ribadendo il suo ruolo nei raid incendiari compiuti “per soldi, la prima volta Sinapi mi diede 1000 euro e la seconda volta mi diede 1500 euro”, ha affermato Likaj.

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Nel corso dell’udienza è stato escusso anche Raffaele Simone, il titolare del bar che si fece paortavoce delle richieste di Claudio Sinapi in merito all’acquisto della casa della famiglia vittima degli attentati incendiari chiarendo che conosceva il defunto capofamiglia e che Sinapi gli chiese di intercedere per la vendita di una casa e che la vittima si rifiutava di venderla a lui. Simone incontrata la vittima per riferirgli ‘l’imbasciata’ di Sinapi scoprì che la casa in questione non era mai stata messa in vendita e dopo aver riporato le dichiarazioni della vittima a Sinapi ha chiarito al collegio di non aver avuto più contatti con nessuno dei due.

Escusso anche il perito trascrittore nominato dal tribunale su alcune discordanze tra la perizia depositata e le trascrizioni dei carabinieri di Capua che condussero le indagini. Il sostiruto Procuratore Gerardina Cozzolino ha richiesto un fonico. Le intercettazioni oggetto di contestazione riguardano le ambientali nella palestra di Sinapi e una nella vettura in uso a Sinapi. Il pm ha richiesto l’acquisizione di una intercettazione telematica dell’utenza di Raffaele Simone per la verifica di un numero di telefono che la Procura sostiene appartenere a Gas e che nel cellulare poi danneggiato di Likaj era rubricato con la semplice lettera ‘D’. Si torna in aula nel mese di marzo per lo scioglimento della riserva.

La posizione del 39enne albanese – assistito dagli avvocati Paolo Di Furia, Romolo Vignola, Ilaria Blandini – è stata stralciata nel corso del procedimento con rito abbreviato dinanzi al gup Daniela Vecchiarelli. In tale sede il gup ha inflitto 4 anni di reclusione per i coniugi Sinapi/ Fortino per i reati di estorsione e stalking e 3 anni e 8 mesi per lo scagnozzo Likaj , per il reato di incendio doloso. La vicenda nasce quando le vittime, un intero nucleo familiare, acquistano una casa in piazza Di Rauso a Capua. Abitazione a cui sono interessati anche i coniugi Sinapi. Iniziano vere e proprie vessazioni. Le vittime subiscono graffi al portoncino d’ingresso con oggetti appuntiti, grondaie tappate con la calce per innescare “allagamenti casalinghi”, ascensori bloccati per evitarne l’utilizzo. Non solo. La famiglia vive un clima di terrore fatto di intimidazioni anche piuttosto gravi. “Ti togliamo di mezzo, ti ammazziamo, se non te ne vai da questo condominio ti facciamo vedere cosa ti succede”, gli avrebbero detto. Vere e proprie minacce anche di morte proferite all’indirizzo del capofamiglia(attualmente deceduto) e dei suoi parenti.

Dopo i rifiuti per la vendita dell’appartamento al sottocosto di 70mila euro, seguono i raid incendiari di auto parcheggiate in strada. Uno accade nel novembre 2022 quando viene data alle fiamme una Fiat 500 di proprietà del capofamiglia finito nel mirino, l’altro nel maggio 2023 quando viene bruciata una C3 di proprietà della figlia della vittima. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri della compagnia di Capua, i coniugi Sinapi – accusati anche di stalking – avrebbero assoldato i due albanesi per poche migliaia di euro per gli incendi su commissione. Ben 7 le vetture date in pasto alle fiamme.



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