Fino al 2,5% del Pil con lo scorporo dal Patto di stabilità
L’Italia è pronta a salire al 2,5 per cento delle spese militari, rispetto al Pil, per la Nato. I conti li stanno già facendo al ministero dell’Economia. In una triangolazione delle ultime ore che coinvolge Palazzo Chigi, Bruxelles, il comando centrale della Nato stessa e il nostro dicastero del Tesoro sono già partiti i calcoli e gli scenari su un aumento radicale del nostro impegno di spesa in seno all’Alleanza Atlantica, come chiede il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
A Palazzo Chigi la cifra viene solo sussurrata, ma nel giorno in cui il premier inglese si trova nello Studio Ovale, portando in dote un aumento cospicuo delle spese militari britanniche a sostegno dell’Alleanza, si riscontra una consapevolezza, e anche qualcosa di più, rispetto alle richieste di Washington.
L’Italia è pronta a fare la sua parte ma attende — e per questo al momento le tabelle del Mef sono ballerine — il via libera tecnico del Consiglio europeo allo scorporo dal Patto di Stabilità delle spese per la Difesa. Via libera che non arriverà prima di un mese, con una serie di caveat finanziari che non sono indifferenti. E sui quali al Mef sono già partite diverse previsioni. Anche perché l’ok alle spese militari fuori dal Patto sarà temporaneo, e all’Italia sarà comunque chiesto di rientrare dopo un tot di anni.
La decisione politica sembra però definita, l’Italia salirà di un punto di Pil (circa 20 miliardi), dall’attuale 1,56%, nelle spese militari che possono essere integrate nel sistema operativo della Nato. È quello che la Casa Bianca sta chiedendo a tutti gli Stati europei, ed è anche uno snodo non indifferente della stessa credibilità di Giorgia Meloni, che con il via libera della Ue potrà ottemperare a un’assunzione di responsabilità che da anni, e con Trump in modo violento negli ultimi giorni, la Casa Bianca chiede anche a Roma.
Ma mentre Keir Starmer, il premier inglese, parla nello studio Ovale, a Palazzo Chigi rileggono con attenzione anche un documento Nato che è circolato fra le varie capitali della Unione europea nelle ultime ore. Sono informazioni sensibili e così delicate da suggerire e rafforzare la convinzione nel governo italiano che in questo momento è meglio riflettere con attenzione, prima di comunicare qualcosa all’esterno.
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Secondo quanto letto dal Corriere, infatti, gli Stati Uniti hanno inviato a Palazzo Chigi, e tramite il comando Nato di Bruxelles a tutti gli alleati europei dell’organizzazione militare nata dopo la Seconda guerra mondiale, una comunicazione che riguarda la futura postura Nato nei confronti della Russia, una postura diversa da quella attuale. Il contenuto di questo documento è stato al momento «congelato», dunque comunicato con il massimo livello di segretezza diplomatica, a tutti gli Stati europei che aderiscono alla Nato.
Una notizia ulteriore è uno dei punti del documento, anche questo vagliato a Palazzo Chigi con molta attenzione: gli Stati Uniti infatti hanno già comunicato in modo riservato a tutti i Paesi della Ue che d’ora in poi, e sin quando resterà in piedi, il cosiddetto formato Ramstein, il gruppo di contatto che ai Paesi Nato ha aggiunto un’altra ventina di Stati nel punto periodico operativo sull’assistenza militare a Kiev, cambierà leadership: dalla prossima riunione saranno gli inglesi a dettare l’agenda. In sintesi Washington ha già spostato su Londra la responsabilità di proteggere l’Ucraina, e sembra che Starmer si sia assunto volentieri l’onere politico e finanziario. Meloni andrà a Londra domenica con questa consapevolezza, d’ora in avanti il numero utile per ogni cosa che riguarda Kiev potrebbe essere quello di Downing Street.
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