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Sabato 1° marzo, quando scade il termine entro cui il commissario straordinario dovrà presentare l’elenco di interventi da realizzare, un grande corteo attraverserà la borgata di Roma, inclusa tra quelle dei decreti Caivano. Dal dopo scuola all’ambulatorio popolare: le storie di chi resiste nonostante tutto

Nella casa di quartiere di via Trani, nel cuore della borgata del Quarticciolo, l’odore delle castagnole, dolci tipici di carnevale, copre il sentore di morte che si respira agli angoli delle strade. Perché è impossibile non notare le giovani vedette ad ogni angolo, le piazze di spaccio a cielo aperto e gli uomini appostati davanti alle sale slot machine con facce disperate e poco rassicuranti.

Questo quartiere di periferia a Roma est è uno dei sei luoghi in Italia scelti dal governo Meloni per sperimentare il cosiddetto modello Caivano.

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In questo luogo di contraddizioni, marginalità e e speranza c’è chi resiste, e rifiuta la militarizzazione del territorio e la criminalizzazione del disagio e della povertà, quello che sta avvenendo da alcune settimane. Sabato 1° marzo è il giorno di una grande manifestazione che attraverserà le vie del Quarticciolo.

Da tutta Roma arriveranno in migliaia per supportare nella loro difficile battaglia quotidiana gli attivisti e le attiviste che qui provano a costruire una società diversa e che per questo rifiutano il modello Caivano.

Lo hanno messo nero su bianco in una lettera indirizzata agli abitanti, il 23 febbraio, diverse realtà: «Questo è un momento molto difficile per il quartiere, ma non solo perché ci sentiamo insicuri ad attraversare i lotti e le strade. È difficile arrivare a fine mese, vivere con l’angoscia di non essere regolarizzati dall’Ater, di doverci difenderci dagli sfratti», hanno scritto.

Roberto ha 80 anni, è il presidente della casa di quartiere, tra questi lotti ci vive da sempre, e racconta che «i pericoli peggiori si percepiscono, paradossalmente, quando vi è una presenza massiccia della polizia. Si temono conflitti a fuoco che possano mettere in pericolo gli stessi abitanti».

Per questo, sostiene: «A fronte degli show di qualcuno che arriva una volta tanto ci sono realtà di base che operano su questo territorio ogni giorno che meritano attenzione; per esempio don Daniele Canali dell’unica parrocchia esistente al Quarticciolo. Un prete sempre presente alle nostre iniziative. Quanto alla politica, invece, non si fa vedere mai nessuno».

Abbandonati

Credit: Emanuela Del Frate

L’alternativa all’abbandono istituzionale, qui, è nell’impegno di Margherita, psicoterapeuta che è tra le fondatrici dell’ambulatorio popolare Roma Est. «Siamo nati durante la pandemia, quando insieme ad un’altra realtà popolare della zona, la squadra di calcio di Villa Gordiani, abbiamo constatato che le persone che abitano nelle zone più povere si curano soltanto quando c’è una condizione di emergenza, che non esiste la prevenzione e l’informazione sanitaria.

Racconta: «Qui esiste un solo medico di base per 20mila abitanti, ma l’ambulatorio per supportare persone che non saprebbero come prenotare una visita medica, che non hanno neppure l’iscrizione al servizio sanitario nazionale perché non possiedono la residenza».

E poi ancora: «All’ambulatorio arrivano decine di persone per il servizio di medicina generale ed orientamento, ma abbiamo messo a disposizione degli abitanti anche uno sportello di ascolto psicologico e di sostegno pediatrico. Siamo più di una ventina i volontari, tra medici, psicologici, infermieri, specializzandi, operatori.

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La nostra è una azione politica», conclude Margherita, che fa parte di “Quarticciolo Ribelle”, che oltre all’ambulatorio, tiene in vita un doposcuola, una palestra popolare, una micro stamperia, corsi di fotografia, una piccola biblioteca.

Sfrattati

Credit: Quarticciolo Ribelle

«La maggior parte delle persone che abitano in questi lotti svolge lavori di cura, o è impiegato nella ristorazione, fa comodo definirci tutti spacciatori», dice Diego, operatore sociale che si occupa di bambini con disabilità che vive in una casa popolare con la compagna e un bambino piccolo.

E che racconta: «sono considerato anche io un occupante, perché la mia compagna viveva con la nonna in questa abitazione, poi non è riuscita a regolarizzarsi per tempo, anche se intanto paghiamo all’Ater la così detta indennità di occupazione; oltre all’affitto, cioè, versiamo ulteriori 250 euro al mese per vivere in alloggi fatiscenti».

A condividere la stessa situazione abitativa precaria dell’uomo, ci sono due donne che vivevano da sole con due figli minori e che agli inizi di questa settimana sono state sfrattate all’interno di un’operazione antidroga che ha messo in campo 400 uomini e un elicottero.

Credit: Quarticciolo Ribelle
Credit: Quarticciolo Ribelle

Loro non avevano commesso nessun reato e una di queste due donne è stata avvisata dalle forze dell’ordine mentre era al lavoro, i suoi figli a scuola. «Questo è il modello Caivano» – continua – «è la creazione dello stato di emergenza in un luogo dove il 90 per cento delle case di proprietà della regione sono fatiscenti, dove l’unico consultorio esistente è stato svuotato, le due scuole sono state ridimensionate, l’asilo nido non esiste, le strutture sportive pubbliche sono una piscina e un campo di calcio entrambi abbandonati».

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