Diciamolo chiaramente: le rinnovabili sono necessarie, eppure faticano ancora a imporsi nelle scelte collettive. Non sembrano attraenti, non convincono del tutto. E quando si presenta l’occasione di destinare un’area – magari inutilizzata da tempo – a qualcosa di nuovo, l’idea di dedicarla alla produzione di energia pulita incontra resistenze. Prima si valuta, si riflette, si calcolano pro e contro. Poi, più spesso di quanto si creda, si opta per altro.
Nella maggior parte dei casi, la scelta cade su qualcosa di più tradizionale, consolidato e, soprattutto, elitario. Campi da golf al posto di parchi solari, green perfetti al posto di turbine eoliche. Il risultato? Golf 1, rinnovabili 0.
Una provocazione? No, un dato di fatto. Secondo quanto riportato dalla rivista Environmental Earth Communication, la quantità di suolo destinata a uno degli sport più esclusivi al mondo supera di gran lunga quella utilizzata per impianti eolici o solari, che potrebbero invece fornire energia a milioni di persone. Un fenomeno che interessa soprattutto i Paesi più ricchi. Regno Unito e Stati Uniti sono in cima alla lista di chi preferisce il golf alle rinnovabili.
Cosa dicono i dati
I numeri parlano chiaro: nelle dieci nazioni con il maggior numero di campi da golf, la superficie occupata dai green ha sottratto il potenziale per produrre circa un milione e mezzo di gigawatt di energia. Un valore impressionante, che dovrebbe far riflettere. Ancora più preoccupante è il fatto che i campi da golf, oltre a richiedere enormi quantità di spazio, sono anche altamente impattanti dal punto di vista ambientale.
Il Nullarbor Links, in Australia, è il campo da golf più lungo del mondo: oltre 1.300 chilometri
Per mantenere i green impeccabili servono grandi quantità d’acqua, spesso sottratte a risorse già limitate, soprattutto in aree soggette a siccità. La loro gestione richiede inoltre fertilizzanti e pesticidi, con conseguenze dirette sulla qualità del suolo e delle falde acquifere. In altre parole, non si tratta solo di un problema di spazio, ma di un modello di sfruttamento del territorio che continua a privilegiare pochi a discapito di molti.
Carenza di impianti solari ed eolici
E mentre il mondo affronta una crisi energetica senza precedenti, gli impianti solari ed eolici faticano ancora a trovare il proprio posto. Secondo le stime, le infrastrutture solari su scala industriale occupano in media 0,01 km² per megawatt di energia prodotta, mentre quelle eoliche ne occupano circa 0,12 km². Numeri che evidenziano un paradosso: l’energia pulita ha un’impronta relativamente ridotta rispetto ai benefici che può generare, eppure la sua diffusione incontra ancora troppe resistenze.
In un’epoca in cui la riconversione ecologica rappresenta l’unica via per garantire un futuro sostenibile, continuare a investire in campi da golf piuttosto che in energia rinnovabile appare come un errore strategico di proporzioni enormi.
Questione di scelte
Non si tratta, ovviamente, di demonizzare il golf o di suggerire di smantellare ogni campo esistente per fare spazio alle rinnovabili. Lo studio mette piuttosto in evidenza un dato fondamentale: esistono vaste aree inutilizzate o sottoutilizzate che potrebbero essere riconvertite a fini energetici senza sacrificare ulteriormente il territorio ed esistono persino soluzioni che prevedono l’installazione di impianti rinnovabili sugli stessi campi da golf, integrandoli senza compromettere il gioco. Una prospettiva che potrebbe rivelarsi una necessità nel prossimo futuro. Certo, qualche giocatore potrebbe trovare la cosa scomoda, ma la vera domanda è un’altra: ha più valore una partita indisturbata o la possibilità di garantire alle generazioni future un pianeta ancora abitabile? Il Giappone ha già dato un esempio concreto in questa direzione. Nella prefettura di Hyogo, un campo da golf è stato trasformato in un impianto solare con 260.000 pannelli capaci di generare 125 gigawattora. La buca è servita.
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