INSURANCE Adelfio, Forvis Mazars: «CAT NAT, game changer…

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Gli avvenimenti degli ultimi anni lo dimostrano: gli eventi climatici estremi non sono più una rara eccezione. Al contrario, rischiano di diventare la nuova normalità. Il 2024 ha segnato nuovi record, con catastrofi naturali che hanno colpito tutti i continenti, causando danni per 320 miliardi di dollari, un terzo in più che nell’anno passato. Di questi, appena 140 miliardi risultavano coperti da assicurazione (Fonte: Natural disasters in 2024, MunichRE).

«È un tema vasto, dirompente: calamità come quelle che si sono verificate in Spagna, a Valencia, o in California ci toccano anche emotivamente e ci spaventano», dice Massimo Adelfio, Partner e Insurance Advisory Leader di Forvis Mazars in Italia.

«Quello che emerge dall’osservazione dei cambiamenti climatici è un gap nella protezione di determinate attività rispetto a rischi che sono via via crescenti, nella loro frequenza ma anche nel loro impatto, perché si verificano con una maggiore severità rispetto al passato».

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È tenendo a mente queste preoccupazioni che il legislatore italiano interviene imponendo alle imprese l’obbligo di stipulare una polizza per proteggersi dalle catastrofi naturali. Una novità senza pari per il Mercato, che lancia nuove sfide all’industria assicurativa, ma anche alle istituzioni, tradizionalmente protagoniste nella risposta agli eventi atmosferici estremi.

La mappa delle catastrofi naturali nel 2024

Potrebbe quantificare il rischio derivante da questi eventi per il sistema produttivo?

«I dati ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), secondo le ultime rilevazioni sul territorio, volte a stimare il rischio idrogeologico del Paese, ci raccontano che quasi il 94% dei comuni italiani è a rischio frane, alluvioni o erosione costiera. Questi numeri vengono poi ripresi da Confindustria, che evidenzia come il 30/40% delle piccole e medie imprese italiane – e sappiamo benissimo che il tessuto produttivo italiano è principalmente composto da PMI – potrebbe subire perdite, nei prossimi 10/15 anni, fino al 10% delle proprie attività produttive. E io adesso parlo delle aziende, perché sono i soggetti interessati dall’obbligo di stipula della polizza, però ANIA ha prodotto uno studio secondo cui il 78% delle abitazioni italiane è esposto a questi rischi. Anche per questo, le autorità di vigilanza, a vari livelli, spingono perché questa copertura sia stipulata anche per le abitazioni private. È di recentissima pubblicazione il Quaderno n.32 dell’IVASS sul tema dei costi delle coperture assciurative contro i rischi terremoto per le abitazioni private in Italia, che offre elementi interessanti rispetto ai costi attesi per tali coperture, si parla di 100 euro circa di premio puro».

Il costo delle catastrofi naturali negli ultimi decenni. Fonte: Munich Re

Siamo agli sgoccioli dell’entrata in vigore dell’obbligo di stipulare una polizza per proteggersi dalle catastrofi naturali. Di cosa si tratta?

«Con la legge di bilancio 2024, si è introdotto l’obbligo per le imprese italiane di stipulare contratti a copertura dei danni subiti da determinati beni, che rientrano nelle loro attività produttive, causati da eventi catastrofali. Per eventi catastrofali si intendono i sismi, le alluvioni, le frane, le inondazioni e le esondazioni. Inizialmente, l’entrata in vigore era prevista per l’1 gennaio 2025, ma è stata poi rinviata al 31 marzo 2025, proprio per via della complessità della materia. Si vuole anche dare il tempo agli operatori del Mercato assicurativo di prepararsi a poter gestire l’obbligo a contrarre. La misura nasce come forma di sostegno ad alcune imprese che si trovano a dover affrontare eventi naturali particolarmente estremi e che sono esposte a rischi alla continuità produttiva».

Qual è il perimetro di applicazione della norma?

«Varrà per tutte le imprese che hanno sede legale in Italia e quelle aventi sedi legali all’estero, ma con stabile organizzazione nel nostro Paese. Da quest’obbligo sono escluse le imprese agricole, perché già possono attingere a un fondo mutualistico nazionale, che copre determinate fattispecie di danno, come gelo, siccità e alluvioni. E non rientrano negli obblighi neanche gli immobili gravati da abusi edilizi o costruiti in assenza di autorizzazioni. Al contrario, le imprese che non si assicurano entro il 31 marzo 2025 rischiano di subire ripercussioni negative, tanto economiche quanto legali».

Quali sono i vantaggi per gli assicurati, al netto della spesa?

«Indubbiamente, la protezione del patrimonio aziendale, limitando i rischi di interruzione dell’operatività aziendale. Ma è importante ragionare anche sul senso di questa protezione, che dovrebbe stimolare una gestione attiva del rischio da parte delle aziende. Inoltre, un beneficio per i clienti potrebbe derivare anche dalle soluzioni, ovvero la tipologia di prodotto che le compagnie offrono alla clientela. Ad esempio, uno strumento che potrebbe essere utilizzato sono le polizze parametriche, che stabiliscono che, superate determinate soglie d’intervento, la liquidazione sia di natura forfettaria. Questo permette una velocità di gestione del sinistro che in altri casi non si avrebbe, consentendo di ridurre i tempi di fermo dell’attività dell’azienda, con una procedura liquidativa molto più rapida. In questo caso specifico (il verificarsi di un evento catastrofale), si attiverebbero in seguito all’emanazione di un provvedimento pubblico che dichiari ufficialmente lo stato di calamità in una determinata area, che farebbe da trigger event. Un altro dei vantaggi è la cosiddetta mutualizzazione del rischio: a fronte di un rischio macro, lo si distribuisce su tutto il territorio nazionale, suddividendolo proporzionalmente tra tutti gli aderenti, che contribuiranno collettivamente al ripristino delle condizioni operative per chi subisce effettivamente il danno. Questo riduce notevolmente i costi sociali dell’intervento. Fino a oggi abbiamo vissuto nell’aspettativa che a intervenire in questi casi fosse lo Stato, ma non esiste un obbligo specifico in tal senso. In più, quando lo Stato interviene, sostiene costi sociali molto elevati. Nel momento in cui la necessità di un intervento pubblico viene ridotta, anche il bilancio sociale ne beneficia. E i fondi risparmiati potrebbero essere impiegati in politiche che mirino, per esempio, a una migliore gestione della transizione climatica».

Questa modalità di indennizzo forfettario potrebbe migliorare anche l’esperienza dei clienti?

«È ragionevole attendersi che sia un vantaggio congiunto, perché una gestione molto standardizzata dovrebbe abbreviare i tempi di risoluzione, aumentare la velocità di comunicazione e ridurre l’incertezza. Quest’ultimo è un aspetto molto importante. Finora, chi subiva un danno non aveva certezza della sua quantificazione. Si apriva una trafila di analisi, perizie e valutazioni. Ecco, le polizze parametriche superano questo passaggio».

In altre parole, riducono il contenzioso?

«Questa è l’aspettativa. Sicuramente lo spazio per le controversie viene limitato. Essendoci un trigger event, superato quello, scatta la copertura. Vale la pena segnalare che lo scorso 25 febbraio l’IVASS (Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni) ha inviato una lettera al Mercato legata alla gestione degli eventi atmosferici estremi e del loro impatto sulla gestione dei sinistri. Tale iniziativa dell’IVASS nasce dall’osservazione di “diverse situazioni aziendali in cui l’aumento dei reclami nel 2023 – protrattosi nel primo semestre 2024 – ha risentito in maniera rilevante degli eventi naturali estremi verificatisi in alcune zone del Paese, con impatti considerevoli sui processi di liquidazione dei sinistri”. L’IVASS ha pertanto richiesto di porre in essere “un’attenta revisione dei propri processi di gestione dei sinistri in relazione agli eventi catastrofali”. Questa lettera offre la misura del crescente livello di attenzione anche dell’Autorità di Vigilanza sui processi interni alle compagnie nel recepimento di questa novità legislativa».

Questi, dunque, i vantaggi diretti.  Ma pensa che potrebbe cambiare qualcosa anche nella prevenzione e nella gestione concreta di queste emergenze?

«Sul piano operativo, l’avere coinvolto l’industria assicurativa nella gestione di questo gap di protezione potrebbe aprire a una maggiore cooperazione con istituzioni e governi. Le compagnie dovranno dotarsi di nuove competenze, nuovi dati e strumenti, che potranno poi essere sfruttati in termini cooperativi con gli enti pubblici, proprio per valutare magari determinate concentrazioni di rischio su alcune aree geografiche. C’è poi un aspetto in più: nel momento in cui il rischio è coperto da un’assicurazione, si attivano meccanismi di partecipazione. Proprio come per l’RC Auto, ciascuna polizza prevede i cosiddetti scoperti, o le franchigie, come forma di partecipazione dell’assicurato. Questo produce una maggiore consapevolezza dell’esistenza del rischio e ci responsabilizza nei nostri comportamenti. Di conseguenza, ci si attende che la polizza porti atteggiamenti aziendali improntati a una maggiore resilienza climatica, in un meccanismo virtuoso di protezione dei danni. Ed è probabile che il costo delle coperture venga anche commisurato a ciò che l’assicurato fa in termini di prevenzione».

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Questa spinta a responsabilizzare il cliente viene dal legislatore o dalle compagnie, autonomamente?

«Difficile dire se questo verrà disciplinato dalla norma. Probabilmente ci sarà un passaggio su questo, ma non mi aspetto che le tariffe saranno determinate per legge. Mi aspetto, al contrario, che ciascuno, nella determinazione dei suoi prodotti, tenga conto di determinati elementi. Il tema dei comportamenti è sicuramente importante, ma ci sono altri elementi che, in maniera preliminare, giocheranno un ruolo più visibile. Ad esempio, la valutazione delle caratteristiche geologiche locali, oppure il grado di pericolosità determinato sulla base di dati storici, o ancora le caratteristiche delle infrastrutture assicurate. Infine, potrebbe anche verificarsi qualche intervento di IVASS, tenuto conto della natura obbligatoria della copertura, così come riportato in precedenza sul processo di liquidazione, attraverso la lettera al Mercato del 25 febbraio scorso».

Quanto potrebbe valere questa nuova opportunità, per il Mercato?

«I dati dell’ANIA parlano di un rischio cumulato nazionale che può valere, nello scenario peggiore, circa 15 miliardi di euro. Questi dati non sono legati al valore dei beni, ma al cosiddetto valore di ripristino, di ricostruzione. Al retto del ruolo di SACE – controllata dello Stato – come riassicuratore, la quota di Mercato affidata all’industria sarà comunque consistente. Gli operatori sono assolutamente reattivi. Tenendo conto che i tassi di penetrazione di prodotti legati a questi rischi sono al momento relativamente bassi, c’è un margine enorme in Italia».

Come si stanno attrezzando gli operatori per prepararsi all’entrata in vigore?

«È una novità che pone una serie di nuovi temi da affrontare. Non si tratta solo di pensare un concept di prodotto e venderlo. È un fatto di sistema, che impatta sul tessuto produttivo italiano, quindi occorre muoversi adeguando le proprie procedure. Ad esempio, un operatore di primo piano del Mercato italiano sta preparando un prodotto che fa molto leva sulla digitalizzazione sia della ricerca di quotazione del proprio premio, sia della gestione post-vendita, nel rapporto concreto del cliente. Un altro operatore globale ha sviluppato all’interno del suo gruppo un tool che punta a gestire in maniera molto snella il Mercato delle PMI rispetto a queste coperture, offrendo quindi non solo la protezione, ma anche ulteriori servizi legati alla consulenza in materia di gestione del rischio. In generale, le compagnie hanno l’interesse a consolidare e arricchire competenze che già hanno, ma facendole evolvere in una percezione più evoluta, tenuto conto della grande importanza che assumerà la gestione delle basi dati per calibrare modelli di stima».

A livello organizzativo, si apre la strada a nuove competenze e professionalità all’interno delle aziende?

«Alcuni operatori hanno addirittura modificato le loro strutture per prevedere all’interno dell’organigramma una vera e propria funzione incaricata di gestire questo tipo di prodotti, come è per esempio per la polizza auto. Ci sarà sicuramente un arricchimento delle funzioni che sono deputate al pricing. Nella determinazione dei parametri delle polizze, l’intelligenza artificiale può avere un ruolo nel rendere la procedura più rapida e snella. Potrebbe essere una risposta alla necessità di arricchire le proprie capacità di analisi incrociando più database diversi. Questo soprattutto per il pricing, ma anche nel risk management, che assumerà un ruolo di crescente importanza. Non ci dimentichiamo che le compagnie stanno comunque assumendosi nuovi rischi, che avranno un impatto sull’assorbimento di capitale, con la necessità magari di prevedere coperture riassicurative. Mi aspetto anche un cambiamento nella gestione della liquidazione dei sinistri: attraverso il ricorso alle polizze parametriche, potrebbe essere snellita. In caso contrario, potrebbero rendersi necessarie figure di periti esperti per la stima economica di questi danni prodotti da eventi. È chiaro che la figura del perito deve anch’essa evolvere per dotarsi di determinate competenze. Ad esempio, una certa esperienza nella gestione dei sinistri legati a danni da calamità naturali, con percorsi formativi di aggiornamento continuo sul tema».

Perché continuare ad affidarsi a una valutazione tecnica sul campo?

«Non so quante compagnie saranno pronte a dotarsi di polizze parametriche. Oltre che per scelta, il modo di procedere potrebbe essere determinato dalla capacità o meno di sviluppare prodotti di questo genere in maniera tempestiva».

Potremmo vedere nuovi sviluppi regolatori prossimamente?

«Non è un tema solo italiano, ma sistemico. Di recente è uscito un paper dell’EIOPA (Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali) che, di concerto con la Banca Centrale Europea, stimola l’adozione di un sistema di intervento comunitario, in cui sia prevista una collaborazione tra pubblico e privato. Tutto quello che sta accadendo in Italia riflette una certa attenzione anche a livello europeo. In generale, c’è tanto fermento intorno a questo argomento». ©

📸 Credits: Munich RE

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Articolo tratto dal numero dell’1 marzo 2025 de il Bollettino. Abbonati!





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