Italia, etichettatura di origine per latte, riso, pomodoro, grano, carni suine

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Il ministero italiano per l’agricoltura, come prevedibile, ha rinnovato anche per il 2025 il ‘regime sperimentale’ di etichettatura obbligatoria di origine delle materie prime per una serie di prodotti alimentari. Il sistema rimane peraltro ‘imperfetto’, sotto diversi punti di vista.

1) Etichettatura di origine in Italia

L’Italia è stato uno dei primi Paesi a introdurre l’obbligo di indicare in etichetta di alcuni prodotti alimentari l’origine (più esattamente, la provenienza) delle materie prime ivi impiegate:

latte, in tutti i prodotti lattiero-caseari 

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– risone nel riso

– pomodoro, nelle relative passate e conserve che ne contengano almeno il 50%

– frumento, nella sola pasta di semola di grano duro

– carni suine nei salumi preconfezionati.

2) Limiti di applicazione

I soli decreti effettivamente applicabili e opponibili agli operatori sono quelli relativi all’origine del latte e delle carni suine, in quanto sottoposti a regolare notifica a Bruxelles e approvati dalla Commissione europea. La loro applicazione è perciò garantita, grazie al nuovo decreto, fino al 31 dicembre 2025.

Gli altri decreti – relativi a riso, pomodoro, grano duro nella pasta – sono stati invece adottati, purtroppo, in violazione della TRIS (Technical Regulations Information System) Directive EU 2015/1535. E sono perciò inapplicabili, secondo giurisprudenza uniforme della European Court of Justice. (2)

3) Etichette alimentari ‘Made in Italy’

La proroga di applicazione degli anzidetti decreti, di conseguenza, è vincolata alla loro efficacia sostanziale che è effettiva per i soli decreti sull’origine del latte e delle carni suine nei salumi. Ciò comporta tra l’altro, secondo giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, il dovere le autorità di disapplicare ‘ex officio’ i decreti adottati in violazione del diritto UE.

Gli operatori italiani – nonostante l’inapplicabilità, per le ragioni anzidette, di tre su cinque dei citati decreti sull’etichettatura di origine – hanno deciso di applicare sia le relative norme, sia altre indicazioni relative al ‘Made in Italy’, su base volontaria. In risposta all’interesse diffuso interesse, dei consumatori, verso la trasparenza delle etichette alimentari sulla provenienza delle materie prime utilizzate.

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4) Tendenze di consumo in Italia

L’attenzione dei consumatori italiani nei confronti delle varie indicazioni riferite al ‘Made in Italy’ ha registrato una lieve flessione che può venire attribuita a crisi economica e inflazione alimentare. L’ultimo rapporto ‘Immagino’ di GS1-Italy e NielsenIQ riferisce i dati che seguono:

– il giro d’affari dei prodotti venduti nei supermercati con riferimenti vari al ‘Made in Italy’, nel periodo giugno 2023-giugno 2024, è lievemente cresciuto in valore (+2,1%) e diminuito in volume (-2%);

– la bandiera italiana, che figura su oltre 15.000 prodotti su un totale di 138.000, ha registrato un apprezzabile aumento di fatturato (+3,3%), con lieve contrazione dei volumi (-1,6%). Ma l’etichettatura di origine non ha salvato il latte;

– 100% italiano, su oltre 8.500 prodotti, ha a sua volta aumentato il fatturato (+2,4%) e ridotto i volumi (-2,1%). Con un calo, anche in questo caso, su alcuni prodotti soggetti a etichettatura di origine (latte, pasta di semola);

– prodotto in Italia, su 5.771 prodotti, ha invece segnato un drastico calo delle vendite a volume (-3,6%), con lieve incremento a valore (+0,7%). Risultati peggiori per la pasta di semola e il vino italiano (Doc/Docg e Igp/Igt, spumante classico).

5) Grano duro, semola e pasta

La filiera italiana del grano duro avrebbe potuto registrare, nelle semine 2024, una drammatica riduzione delle aree di coltivazione. Le superfici oggetto di contratti interprofessionali e dei volumi sono state infatti ridotte, fino al – 25% in volume, per il leader Barilla.

Ciò nonostante, ISTAT dichiara un’intenzione di semina in aumento (+10,8%). Ciò significa dire che da luglio 2025 gli agricoltori italiani saranno più esposti alla volatilità del mercato e al conseguente rischio di vendere le loro derrate sottocosto, cioè a prezzi inferiori ai costi di produzione.

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L’etichettatura d’origine non è dunque sufficiente a garantire né la sopravvivenza della filiera italiana del grano duro, né un reddito dignitoso agli agricoltori. E la gestione del ‘fondo grano duro’, da parte dell’organismo pagatore AGEA ,si è rivelata altresì inefficace.

6) Soluzioni possibili

L’informazione obbligatoria sull’origine delle materie prime in etichetta dei prodotti alimentari – che i vari governi italiani hanno provato a introdurre con modalità approssimative e confuse, già a partire dal lontano 2004, sempre su ordine di Coldiretti (3) – deve venire stabilita a livello europeo, per garantirne l’applicazione uniforme nell’intero mercato unico.

Il #prezzoequo – vale a dire un prezzo delle derrate agricole e alimentari che integri i costi effettivi di produzione, con un margine addizionale in grado di coprire i rischi operativi e garantire un reddito dignitoso agli agricoltori e le imprese di trasformazione, oltreché ai loro lavoratori – rimane peraltro la condizione essenziale.

La EU’s vision for the future of agriculture and food (2025) riferisce la volontà della seconda Commissione von der Leyen sia ad estendere i doveri di etichettatura d’origine dei prodotti alimentari, sia a riformare la UTPs Directive EU 2019/633 al preciso scopo di vietare la vendita sottocosto delle derrate agroalimentari. Si attendono dunque i fatti, dopo le promesse.

#PaceTerraDignità

Dario Dongo

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Note

(1) Decreto ministeriale 23 dicembre 2024. Proroga dei regimi sperimentali dell’indicazione di origine da riportare nell’etichetta degli alimenti https://tinyurl.com/mvfvfrys

(2) Dongo, D., 2019. Food Regulations and Enforcement in Italy. In: Reference Module in Food Science. Elsevier https://doi.org/10.1016/B978-0-08-100596-5.21172-4

(3) Decreto legge 157/2004, convertito in legge 204/2004, articolo 1-bis https://tinyurl.com/trhp4j55. La Commissione europea, a seguito di segnalazione eseguita dall’autore (Dongo) per difetto di notifica dello schema di decreto ai sensi della TRIS Directive 98/48/CE, intimò all’Italia di astenersi dall’applicazione della citata norma, per palese contrasto con il diritto comune


Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE – GIFT – Food Times) ed Égalité.



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