Molise. La regione che non c’è (ma forse è una colonia)

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[ISERNIA]

Il Lotto Zero s’ha da fare.

“Inutile, costosa e pericolosa”, sono le tre pesanti parole con cui il Comitato “No Lotto Zero” definisce la bretella stradale progettata sulla SS 17 all’altezza della cittadina molisana. L’opera tocca i comuni di Isernia, Pesche e Miranda e suscita serie preoccupazioni per trovarsi in un’area ad alto rischio idrogeologico per la presenza della falda acquifera che alimenta le sorgenti del fiume Sordo e lo stesso acquedotto della città, fondato in epoca romana. Al pericolo potenziale, si aggiunge un danno ambientale di grandi proporzioni, perché verranno distrutti circa quaranta ettari di macchia boschiva. Nell’area, ora polmone urbano, meta di salutari e liberatorie passeggiate degli isernini e amanti della natura, troveranno posto “due gallerie per un totale di 873 metri e otto viadotti di 1.636 metri, oltre a tre svincoli di collegamento alla viabilità esistente”, ricorda il portale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

La lunghezza della bretella è di circa 5.500 metri, il costo totale, inizialmente di 25 milioni, è passato agli attuali 175, oltre 31mila euro al metro. Il raccordo, come sottolineano esperti e il sindaco di Isernia, Piero Castrataro, poteva essere realizzato con costi tre volte minori e senza provocare disastri ambientali, con un tracciato più a valle e senza le infrastrutture costose obbligate dal costone di montagna dal quale la tangenziale darà insolente mostra di sé.

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Nel 2024, il TAR Molise bloccò i lavori, accogliendo il ricorso del comune pentro e del WWF, ma il Consiglio di Stato ha ribaltato la decisione accettando il controricorso di Anas, Regione e Arpa, e autorizzato la ripresa delloscavo.  Coerente con la tenacia con cui ha sempre rilevato le irregolarità della procedura per la realizzazione del segmento di strada e la civile opposizione allo scempio, il Comitato “No Lotto Zero” ha inviato un comunicato al prefetto nella sua funzione di garante del “protocollo della legalità” ribadendo le eccezioni e le irregolarità costantemente rilevate. 

Sull’opera si è pronunciato negativamente anche il vescovo di Isernia, mons. Camillo Cibotti, con una lettera aperta ai sindaci coinvolti, ai presidenti della provincia di Isernia, della Regione Molise, al questore e al prefetto e all’allora ministro delle Infrastrutture e della Mobilità. Mons. Cibotti ha sottolineato di considerare i lavori sulla base “della inopportunità politica, sociale, ambientale ed erariale”, concludendo che i “rischi per l’ambiente che interessano il bene comune presente e futuro” suggeriscono «che le decisioni siano basate su un confronto tra rischi e benefici ipotizzabili per ogni possibile scelta alternativa».

…E  Pizzone II, anche. E il Molise?

In tema di disastri ambientali, si è aperto, nel frattempo, un nuovo fronte di scontro, il progetto di Enel Green Power SpA per la realizzazione di una centrale idroelettrica in caverna da 300 MW in zona Pizzone, nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. L’impianto, denominato Pizzone II, prevede la produzione di energia con il pompaggio di più di due milioni di metri cubi di acqua, in otto ore, dall’invaso di Castel San Vincenzo a quello di Montagna Spaccata con corrispondente abbassamento quotidiano del livello dell’acqua fino a venti metri; il progetto comporta  lo scavo di vari chilometri di gallerie e condotte forzate, pozzi piezometrici, turbine, opere di presa e restituzione, cavi aerei e manufatti esterni di servizio come strade di accesso e piazzali. Si calcola che i lavori dureranno sei anni e che le opere, tra movimentazione e asporto, produrranno lo sbancamento di  975.000 metri cubi di terreno. Il gigantesco intervento si farà alle pendici delle Mainarde, in una Zona di Protezione Speciale e di due Zone Speciali di Conservazione della Rete Natura 2000, il programma con cui l’Unione Europea protegge la biodiversità del Vecchio continente. Non mancano i vincoli paesaggistici cui attendono i beni culturali.  

A chiarimento del quadro non proprio esaltante della “regione che non c’è”, il Molise registra una costante diminuzione di popolazione – 290.636 residenti, nel 2022 – con la perdita, tra il 2014 e il 2024, di ben 11.509 giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni. In provincia di Isernia, il decremento giovanile è del 21,5 per cento e i giovani che erano 19.659 nel 2014, sono 15.424 nel 2024. Il calo, seppure minore, si registra anche in provincia di Campobasso, dove vive il 72,5 per cento della popolazione. Quale può essere il futuro della regione? In provincia di Isernia si è avviata un’iniziativa di referendum per entrare nella regione Abruzzo, visto che i numeri, importanti soprattutto per i servizi del sistema sanitario, pongono la costante minaccia della chiusura di reparti ospedalieri collegati con la popolazione.

Di fatto, non esistono programmi che prevedano incentivi e iniziative che favoriscano la residenzialità in Molise e i progetti del Lotto Zero e di Pizzone II si presentano come un attacco frontale alla sua specifica qualità territoriale che andrebbe invece salvaguardata, protetta e indirizzata nella sua significativa  biodiversità e per la qualità organolettica dei suoi prodotti. Passano, invece, i progetti pensati altrove e in un contesto di sviluppo estraneo alle esigenze di una regione che viene espropriata delle sue qualità e potenzialità.

La società complessa tra la democrazia e la colonia.

Il fatto grave è che a fronte di una provincia/campagna dissanguata da un esodo inarrestabile e da progetti che ne snaturano l’identità come avviene in Molise, la città ha perduto il suo ruolo di riferimento territoriale propositivo, di luogo dove il territorio trasforma la quantità in qualità di vita. Anche la città è stata  travolta dalla macchina della produzione e del consumo indifferente alle problematiche climatiche, ambientali, alla profonda differenza tra ricchi e poveri, addirittura in aumento. Ed è la stessa macchina che si identifica con il conflitto permanente, come sembra voler dire l’insana proposta di Draghi all’Europa, per un investimento di ottocento miliardi di euro nell’impresa militare.    

Pare proprio che i termini della questione comportino una scelta tra le regole dell’economia e le esigenze della biologia, se organizzare la convivenza in una prospettiva dove è l’economia a decidere come vivere o se è la vita a indicare quali debbano essere le scelte economiche. Si tratta della struttura complessa della società contemporanea, in cui i fattori biologici e storici si sono integrati in un sistema, appunto complesso, dove la biologia in quanto dato individuale, non può essere separata dal vivere come fatto collettivo con il processo storico corrispondente. È una complessità che si può gestire con la partecipazione responsabile e soggettiva, una pratica possibile soltanto con il sistema partecipativo della democrazia. Bisogna, pertanto, favorire l’espressione dei soggetti interessati ai processi stessi, fra cui quelli di governo ai suoi vari livelli e in modo tale che la loro forma ne sia anche la sostanza. Questo è il vero compito della politica. La quale si alimenta con la conoscenza del contesto operativo. con il pensiero, con i saperi e la tecnica, con la visione che riduce i conflitti, che rafforza e amplia  lo spazio di convivenza e di  scambio.

La provincia/campagna e la città sono facce della filiera della convivenza che ha funzionato e funziona con il mantenimento della complementarità dei ruoli e dei rispettivi elementi identificativi. La chimera dello sviluppo industriale risolutorio, della centralità del lavoro e del consumismo hanno confuso i compiti con sovrapposizioni ed elisioni, riducendo il ventaglio degli elementi significativi del vivere alle finalità di carattere economico, a unsistema finalizzato dove contano sostanzialmente i numeri, accomunando città e campagna a una supina condizione coloniale. Ciò ha aperto la strada a processi patologici in cui gli organismi si ritrovano a contrastare la malattia. 

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In tale quadro, il Lotto Zero e Pizzone II, sono l’evidenza di quella malattia generale in cui città e provincia/campagna sono accomunati in un destino di colonia dello sviluppo e del consumo che si impongono su quelle della biologia divenuta è subalterna all’economia. Questo è quello che dicono gli sciagurati progetti che vogliono il lotto zero o Pizzone II. 

Il Molise deve chiedersi e chiedere se avere i boschi e i fiumi. una natura capace di proporre buoni prodotti sia una qualità utile e necessaria e se su tale qualità è possibile prospettare forme di aggregazione, di scambio e di convivenza virtuosa con la città. Deve domandarsi che cosa è necessario e possibile fare per interrompere i processi distruttivi in atto. 

Il Molise soffre la crisi di una società che non dà la necessaria importanza e valore a ciò che essa rappresenta e che riguarda il valore del suo territorio, le sue condizioni naturali e ambientali; è fondamentale acquistare soggettività e consapevolezza domandandosi quale può essere il futuro del territorio senza dimenticare che esso nasce nel presente, proprio quando l’interesse economico decide di fare il Lotto zero e  Pizzone II e cancella il resto. E soprattutto, deve ricordare che l’oggetto della politica non è la creazione di posti di lavoro, ma la difesa delle condizioni in cui è possibile vivere e la costruzione della convivenza. 

Molise. La regione che non c’è (ma forse è una colonia) was last modified: Marzo 1st, 2025 by FRANCO AVICOLLI

Molise. La regione che non c’è (ma forse è una colonia)
ultima modifica: 2025-03-01T16:13:45+01:00
da FRANCO AVICOLLI

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