I paesi del Lazio dove i giornali hanno i giorni contati

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Ogni mattina Leone Battistini, 86 anni, ex dipendente del provveditorato agli studi di Rieti, va a piedi da Borgo Velino ad Antrodoco per comprare Il Messaggero. Sono in tutto un paio di chilometri, passando per un sentiero che costeggia il fiume Velino. Nel suo paese, che sfiora a malapena il migliaio di abitanti, non ci sono più edicole, ma lui non vuole rinunciare all’abitudine di comprare il giornale che ha preso da ragazzino. «Mio padre mi mandava sempre ad acquistare Il Tempo, è così che ho imparato a leggere», racconta.

Ad Antrodoco, un comune di 2.300 abitanti, ci sono due edicole. Una si trova lungo la via Salaria ed è frequentata soprattutto da automobilisti di passaggio. La seconda si trova sul corso principale del paese, ed è quella dove Battistini compra il giornale. La proprietaria Debora Graziani ogni giorno glielo mette da parte. «Se non lo vedo arrivare, perché magari è brutto tempo o sta poco bene, vado a portarglielo a casa», dice. Come molte edicole di questi paesi, ha organizzato un servizio di consegna a domicilio agli anziani, che sono i più fedeli acquirenti dei quotidiani.

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Dal primo aprile però non potrà più farlo. La società che distribuisce i giornali in tutta la provincia di Rieti, la Tirreno Press, ha deciso che da quel giorno non rifornirà le edicole di Antrodoco e di altri 14 comuni dell’alto Lazio: da Cittaducale, alle porte di Rieti, ad Accumoli, che si trova 60 chilometri a nord-est del capoluogo. In totale le edicole che rimarranno senza giornali sono 18. La diciannovesima, a Leonessa, un comune di 2mila abitanti a quasi mille metri di altitudine, nel frattempo ha già chiuso alla fine di gennaio.

Alla metà di gennaio Debora Graziani aveva ricevuto una mail dal distributore, inviata con la Posta elettronica certificata (PEC), che ha valore legale come una raccomandata con ricevuta di ritorno. Annunciava la sospensione delle consegne dei prodotti editoriali a partire dal primo aprile e diceva che, se avesse voluto, sarebbe potuta andare a ritirare i giornali «direttamente nel centro di smistamento a Monterotondo», cioè a 80 chilometri di distanza dalla sua edicola.

Graziani dice che per lei «sarà un danno enorme». L’edicola vende un centinaio di copie della Settimana Enigmistica e i quotidiani, anche se vendono molto meno di un tempo e sono acquistati soprattutto da persone anziane, sono ancora «trainanti». «I nonni vengono spesso a prendere il giornale con i nipotini, e gli comprano caramelle, fumetti, figurine e riviste con gadget e giochi», racconta. Inoltre, «in estate, quando le persone che lavorano fuori tornano in paese per le vacanze, molti hanno l’abitudine di comprare il quotidiano per leggerlo in piazza o al bar». Dice che ora sarà costretta a mandare via l’unico dipendente e che proverà ad andare avanti vendendo prodotti di cartoleria e tabacchi. All’anziano signor Battistini ha spiegato che, se vuole, dovrà andare a comprare il giornale a Rieti, prendendo il treno regionale come ai tempi in cui andava al lavoro. Oppure dovrà farsi un abbonamento postale.

Debora Graziani, proprietaria dell’edicola del corso di Antrodoco (Angelo Mastrandrea/il Post)

Teresa Carbone, titolare di un’edicola ad Amatrice (Angelo Mastrandrea/il Post)

Ad Amatrice, 40 chilometri più a nord, Teresa Carbone invece si appresta a chiudere il suo punto vendita di giornali. Fino all’estate del 2016 l’edicola si trovava sul corso principale del centro storico, che nel fine settimana si riempiva di turisti e delle 5mila persone che avevano comprato una seconda casa. Il terremoto distrusse tutto, i 2mila abitanti si sparpagliarono nei dintorni e da allora ad Amatrice non viene più nessuno. Carbone riaprì l’edicola un anno dopo in una delle due zone commerciali costruite in moduli prefabbricati alle porte del paese, dove furono trasferite pure le scuole e i servizi.

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Durante la pandemia di Covid ha portato i giornali a domicilio e ha resistito persino allo spopolamento, diventando «un punto di riferimento e anche di aggregazione per chi è rimasto». Come le altre edicole, dice di reggersi soprattutto sulle vendite di gadget e giochi per bambini, e su quelle della Settimana Enigmistica. Ora però «se non arriveranno più sarò costretta a fermare l’attività», conclude. Il centro di smistamento di Monterotondo è troppo lontano per pensare di andare a rifornirsi direttamente lì, e i costi non coprirebbero le eventuali vendite. Anche ad Amatrice chiuderanno due punti vendita. Il sindaco Giorgio Cortellesi dice che «qui la situazione è già tragica per le conseguenze del terremoto, e senza edicole sarà ancora peggio».

Alla Tirreno Press, la società che distribuisce i quotidiani, confermano la decisione di sospendere la fornitura dei giornali, a meno che il governo non stanzi dei fondi per coprire le spese del trasporto. «Purtroppo non ce la facciamo più a spedirli in zone difficili da raggiungere come quella dell’alto Lazio o come alcune aree interne delle Marche e dell’Abruzzo, perché le vendite sono calate molto e ormai è diventato un servizio in perdita», dice Cristiano Artoni, presidente dell’omonimo gruppo che controlla la Tirreno Press. Racconta che per arrivare nei 15 comuni della provincia di Rieti che hanno deciso di tagliare vengono spediti tre furgoni, che percorrono 750 chilometri al giorno. Per fare un esempio, spiega che «nell’ultima settimana il fatturato complessivo di tutte e 18 le edicole di quei paesi è stato di 6.237 euro, di cui solo il 35 per cento è arrivato dalla vendita dei quotidiani. Di questa cifra a noi spetta per contratto il 5 per cento, cioè appena 300 euro». «Abbiamo perso 250mila euro in un anno, non possiamo più permettercelo», dice.

Quello di Rieti non è il primo caso del genere, e vista la crisi dell’editoria potrebbe non essere l’ultimo. Nel 2020 l’Adriatica Press, un’altra società del gruppo Artoni, tagliò la distribuzione nei comuni di Visso, Ussita, Castelsantangelo sul Nera e Serrapetrona, in provincia di Macerata. La Regione stanziò 15mila euro per finanziare il costo del trasporto e la società riprese a distribuirli. Dopo 15 mesi però i soldi finirono e non ci furono altri finanziamenti. L’Adriatica Press ha poi continuato a distribuire i giornali in quella zona, anche se «presto anche lì potremmo essere costretti a tagliarla perché non riusciamo più a sostenere i costi», dice Cristiano Artoni.

Un’edicola ad Amatrice (Angelo Mastrandrea/il Post)

(Angelo Mastrandrea/il Post)

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Il gruppo Artoni è il principale distributore di giornali in Italia. Nel 2022 ha anche rilevato il 51 per cento della Press-di, la società di distribuzione di Mondadori. Cristiano Artoni dice che il caso di Rieti è «il segnale che la distribuzione editoriale non è più sostenibile», perché le vendite di tutti i prodotti cartacei si sono ridotte molto. Quelle dei quotidiani, anche locali, sono calate del 30 per cento tra il 2020 e il 2024, e in dieci anni si sono quasi dimezzate. Artoni dice che diverse società che distribuiscono i giornali sono in crisi e che si rischia di peggiorare, con ulteriori tagli, perché per esempio «non riusciamo più a stampare i giornali a Milano e spedirli con i corrieri fino a Reggio Calabria, e a rifornire i comuni sotto i 5mila abitanti». Il 25 febbraio ha incontrato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’editoria, Alberto Barachini di Forza Italia, e gli ha chiesto che una parte del contributo pubblico di cui beneficiano i giornali sia destinato al settore della distribuzione.

«La verità è che l’intera filiera editoriale non regge più, di questo passo finirà che i giornali saranno venduti solo nelle città», dice Luca Simeoni, segretario del Sindacato nazionale giornalai d’Italia (SINAGI) di Rieti. Per far quadrare i bilanci, gli editori hanno ridotto centri di stampa, foliazione e tiratura, limitando la diffusione in molte aree del paese, soprattutto al sud, dove le spese per inviare il giornale superavano i ricavi. A suo parere, non si sono però occupati della filiera, cioè della distribuzione e delle edicole, e ora che le risorse sono diminuite non riescono più a controllarla. Tutti perdono, o hanno margini di guadagno molto risicati, e nessuno ha la forza di intervenire a compensare le perdite degli altri.

Anche le edicole sono sempre meno. In Italia i chioschi che vendono quotidiani sono diventati quasi un quarto rispetto a 15 anni fa: da 40mila a meno di 12mila, che si trovano soprattutto nelle città. In molte aree interne d’Italia, soprattutto al sud, ne sono rimaste pochissime. In tutto il Molise sono appena una ventina, in Calabria negli ultimi dieci anni ne hanno chiuso circa 500 e in Sicilia 400. Quelle che resistono non guadagnano dalla vendita dei giornali ma dai Gratta e Vinci, dalla cartoleria e dai giochi per bambini. A Lampedusa i giornali non arrivano proprio e a Pantelleria solo nei mesi di luglio e agosto, per i turisti.

– Leggi anche: Gli edicolanti sono sempre meno giornalai



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