Treviso, la Faber ha ripreso a fare bossoli e ogive, Berco ha macchinari simili: «Possibili vie d’uscita dal periodo nero»
Ha prodotto bombe e esplosivi per settanta anni nel Trevigiano, prima a Castagnole poi a Castelfranco Veneto. Fino alla crisi e alla dismissione, a fine dei Novanta, quello della Simmel fondata da Attilio Marnati e Filippo Larizza fu uno degli impianti più floridi della Marca: durante e subito dopo la Seconda guerra mondiale arrivò ad occupare duemila operai. Nel 1998 la chiusura con gli impianti ceduti in due tronconi, una parte alla Berco e l’altra alla friulana Faber (la prima crea pezzi per i cingolati, la seconda è specializzata in bombole).
I macchinari bellici, dismessi, non sono mai stati rottamati tanto che di recente sono tornati, parzialmente, in funzione. «Per contrastare la crisi, Faber ha iniziato a produrre bossoli e ogive, grazie al fatto che c’erano i macchinari della Simmel», spiega Massimo Civiero, segretario aggiunto di Fim Cisl di Treviso. Al lavoro una sessantina di addetti che durante la pandemia dalle bombole del gas erano passati a quelle a usi sanitari. «Le difficoltà economiche hanno portato a ripensare le produzioni», sottolinea il sindacalista che contro il licenziamento di 150 addetti alla vicina Berco (sono in cassintegrazione fino al 5 maggio e da sabato 1 marzo, a Copparo, nel Ferrarese, è partita una tre giorni di sciopero: l’azienda del gruppo Thyssenkrupp vuole ridimensionare le sedi italiane) propone il modello Faber. «Hanno gli stessi impianti — aggiunge —. L’azienda deve assumersi la responsabilità di trovare una soluzione, anche investendo e cambiando la tipologia di lavorazioni, magari nell’ambito della Difesa, per garantirsi un futuro».
Il modello
L’idea, rintuzza Civiero, gli è venuta guardando al modello Faber. Modello che nella primavera del 2022 aveva, tra l’altro, attirato le attenzioni dei russi: Rusatom Gastech, della galassia Rosatom, l’azienda del nucleare controllata dal Cremlino, aveva offerto 150 milioni per acquisire dalla famiglia Toffolutti gli stabilimenti di Cividale del Friuli e Castelfranco. A fermare l’acquisizione, il governo Draghi che l’1 giugno esercitò la facoltà della «golden power», ossia pose il veto al passaggio di proprietà. A spingere per una produzione bellica in casa Berco, limitatamente al sito trevigiano, c’è anche il fatto che la casa madre è tedesca e proprio in Germania di potenziare l’industria bellica se ne parla da qualche mese senza alcun pudore («La difficile situazione dell’automotive può essere un’opportunità», diceva a fine anno Oliver Dörre, ceo di Hensoldt, multinazionale che realizza tecnologie dei sensori per missioni di protezione e sorveglianza) un po’ per trovare una exit strategy dalla crisi che sta affossando le produzioni un tempo di punta del Paese, a partire proprio dall’automotive. Un po’ perché lo scenario politico e diplomatico internazionale non lascia intravedere prospettive per quella pace invocata da tutti che, per dirla con i latini, sembrano piuttosto preparare la guerra.
Nemmeno è secondario, in tal senso, il dibattito in Europa sulla creazione di un esercito e di una difesa condivisi. Tema non nuovo — nel marzo 2022 i ministri di Difesa e Esteri europei approvarono un documento sulla sicurezza comune in cui si prevedevano 5 mila unità militari, l’incremento di spese e investimenti nella ricerca e nello sviluppo di tecnologie belliche — che oggi è tornato a gamba tesa nell’agenda politica di Bruxelles. E c’è chi è convinto che l’economia veneta potrebbe trarne benefici, specie sul fronte dell’hi-tech. Al netto di Faber a Castelfranco e di Leonardo che nello stabilimento di Tessera assembla e effettua test in volo degli elicotteri militari NH90 come anche degli AW159 e AW101, o gli AW139 e AW169 di nuova generazione, in regione ci sono aziende che già hanno sviluppato una «divisione Difesa».
L’Officina Stellare
Ce l’ha la vicentina Officina Stellare (ha anche sede negli Usa e collabora con la Nasa): il suo core business sono le ottiche e per il settore militare fornisce «sistemi come risorse di precisione per l’industria della difesa», ossia «strumenti di misura e taratura» con «molteplici utilizzi dai prodotti più classici per la caratterizzazione e lo sviluppo di bersagli balistici, alle applicazioni più moderne legate alla sicurezza e alle tecnologie Direct Energy». A Este, nel Padovano, c’è poi Isoclima (produce vetri per auto e treni) che già opera nell’aerospaziale e per veicoli blindati «civili e militari». L’investimento nella difesa potrebbe pure favorire il Cantiere navale Vittoria di Adria, in Polesine, che in passato realizzava motovedette a uso militare: il crac ha fermato le produzioni e di recente è stato acquisito da Roberto Cavazzana che si appresta a redigere il nuovo piano industriale.
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