“Agli stronzetti pseudo ambientalisti e comunisti che sono contro il Comprensorio dico solamente. Succhiate e lo dico da Sindaco”.
Incontro pubblico su clima, lavoro e turismo nelle “terre alte”. Al centro
il progetto di comprensorio sciistico Colere – Lizzola:
Martedì 4 marzo 2025, ore 20.45 – Cine-teatro di Boccaleone, Bergamo.
Stronzetti pseudo-ambientalisti
(collegamento sciistico Colere – Lizzola)
di Fabio Balocco
“Agli stronzetti pseudo ambientalisti e comunisti che sono contro il Comprensorio dico solamente. Succhiate e lo dico da Sindaco”.
Ha fatto il giro della rete ed è diventata una sorta di cult la frase (degna di una approfondita esegesi: chi è ambientalista è anche comunista?) con cui Walter Semperboni, primo cittadino di Valbondione, ha apostrofato tutti coloro che si oppongono al collegamento sciistico tra Lizzola, frazione del suo comune, e Colere, altro comune della bergamasca. In pratica, si vorrebbero collegare due valli, la Val Seriana e la Val di Scalve, e due località già dotate di propri impianti di risalita (quella di Colere ha il suggestivo nome di “Colere infinite mountain”!). Fin qui, magari chi non conosce il progetto potrebbe dire: “beh, che male c’è, in fondo se è un piccolo collegamento tra impianti che già esistono…”. La realtà è un po’ diversa. Innanzitutto, la montagna stessa tra le due località si oppone/frappone al collegamento. Tant’è che per attuarlo, occorrerebbe bucare da una parte all’altra il Pizzo di Petto per 450 metri di lunghezza e piazzarci un bel tapis roulant. Seconda considerazione. Per attuare il collegamento si andrebbero a sfregiare due valli integre, la Val Conchetta e la Val Sedornia, che sono all’interno del Parco Regionale delle Orobie Bergamasche. E in più c’è la Zona speciale di conservazione (Zsc) “Val Sedornia – Val Zurio – Pizzo della Presolana”. Terza considerazione. Sarebbe la collettività che si dovrebbe accollare gli oneri dell’operazione: oltre al buco con relativo tapis roulant, tre nuove cabinovie, una nuova seggiovia, tre nuove piste, un bacino per la realizzazione di neve finta di portata tra i 60000 e gli 80000 metri cubi e un sistema di produzione di neve artificiale che dovrebbe servire tutto il comprensorio (altrimenti, per usare il linguaggio colorito del sindaco “col c… che si scierebbe”) per un totale di 50 milioni di euro a fronte di un costo totale di 70 milioni.
Quindi, impatto territoriale, impatto ambientale, costi per la collettività… Tra l’altro, a quest’ultimo proposito: la società Valle Decla, che detiene il 100% delle quote della Rsi s.r.l. che dovrebbe realizzare il tutto, crede fortemente nell’operazione: viene da domandarsi perché allora non ne sostenga totalmente l’onere secondo il principio del rischio d’impresa…
Ma torniamo ai costi, per parlare invece dei benefici. I benefici sarebbero quelli di cercare di evitare lo spopolamento della montagna. Ben che vada, se tu amministratore di montagna, con i tempi (soprattutto atmosferici) attuali pensi di evitare lo spopolamento con l’ampliamento dell’offerta sciistica, fai un buco in quell’acqua che uscirà dagli impianti sparaneve quando le temperature non consentiranno più l’innevamento artificiale, o lo consentiranno solo a quote elevate. Detto altrimenti: ci metti una pezza, sì, tra l’altro spendendo un sacco di soldi della tua collettività, ma non risolvi il problema e ti ritroverai con il tuo territorio scempiato e, proprio per questo, senza turisti. Bella prospettiva! E diciamo che molti la pensano così, visto che una petizione contraria al comprensorio ha ricevuto più di 26.295 firme (aggiornamento al 20 febbraio 2025). Vedi:
https://www.change.org/p/no-al-collegamento-sciistico-colere-lizzola-salviamo-un-area-incontaminata-delle-orobie
Ultima considerazione. Il progetto non è nuovo, tutt’altro, risale a decenni addietro. E qui vale la pena ricordare come negli anni 2006-2008, sempre il comune di Valbondione, che esprime il sindaco di cui sopra, “si portò avanti con i lavori” (come ricorda un articolo di Davide Sapienza):
https://bergamo.corriere.it/notizie/cronaca/14_marzo_14/sapienza-editoriale-lizzola-impianti-sciistici-522dd614-ab4b-11e3-a415-108350ae7b5e.shtml
realizzando, dentro i confini del parco e in area ZPS, una pista denominata “Pista del sole” che causò un grave dissesto idrogeologico, “sanato” con ulteriori opere di ingegneria ambientale prescritte dal parco stesso. Ma il progetto del comprensorio ha le sue radici ancor più indietro nel tempo. Come afferma provocatoriamente Luca Rota nel suo blog, “Un collegamento sciistico tra Colere e Lizzola? Idea interessante. Se fossimo nel 1964!”:
https://lucarota.com/2024/04/18/un-collegamento-sciistico-tra-colere-e-lizzola-idea-interessante-se-fossimo-nel-1964/
Notizia dell’ultima ora. Sul progetto è stata presentata un’interrogazione parlamentare da parte di Alleanza Verdi Sinistra:
https://myvalley.it/2025/02/collegamento-colere-lizzola-presentata-uninterrogazione-parlamentare/
Insofferenza per la legalità, che fa il pari con l’affermazione del sindaco di cui al titolo.
Nel 2006 in Val Sedornia, all’interno di un’area Zps (Zona protezione speciale) e nei confini di un inconsapevole Parco delle Orobie, alla montagna dell’Alta Valle Seriana fu inferta una grave ferita. La chiamarono «Pista del sole». Quell’impianto di risalita cambiò per sempre i connotati a una delle zone più particolari dell’arco prealpino. A Valbondione l’amministrazione comunale aveva ritenuto di «portarsi avanti» per realizzare il collegamento previsto dal progetto «comprensorio sciistico» che doveva unire Colere, Lizzola, Spiazzi di Gromo. Era autunno, tutto accadde in pochissimo tempo e all’insaputa di tutte le istituzioni preposte al controllo del territorio.
Il collegamento delle stazioni sciistiche di Colere e di Lizzola, nella Bergamasca, prevede la realizzazione di quattro nuovi impianti di risalita, una funicolare in tunnel e lo smantellamento dei vecchi impianti di Lizzola, con la costruzione di una telecabina. Un progetto faraonico con costi previsti di 70 milioni di euro, di cui 50 pubblici. Lo sviluppo riguarderebbe la Val Conchetta e la Val Sedornia, zone selvagge dove verrebbe livellato il terreno per la creazione delle piste, mentre la funicolare dovrebbe correre in un tunnel di 450 metri sotto il Pizzo di Petto.
“I nuovi impianti interessano due zone, la Val Sedornia dal lato di Lizzola e la Val Conchetta da quello di Colere – racconta ad Altreconomia Angelo Borroni di Orobievive, rete di associazioni ambientaliste locali – si tratta di due valli selvagge che non ancora antropizzate e la costruzione degli impianti di risalita, delle piste e dell’impianto di innevamento rischia di danneggiare una delle zone più preziose per la natura delle montagne lombarde”.
L’area interessata dagli interventi non solo fa parte del Parco delle Orobie bergamasche, ma anche di una Zona speciale di conservazione (Zsc) “Val Sedornia – Val Zurio – Pizzo della Presolana”.
Quanto meno è chiaro e comunque dimostra il degrado dalla politica, che non ha più alcun appeal.
Comunicato stampa del 18 febbraio 2025
Verso un futuro senza (r)impianti
Incontro pubblico su clima, lavoro e turismo nelle “terre alte”. Al centro
il progetto di comprensorio sciistico Colere – Lizzola:
Martedì 4 marzo 2025, ore 20.45 – Cine-teatro di Boccaleone, Bergamo.
Dopo la straordinaria risposta di pubblico alle serate in Val Seriana e Val di Scalve, continuano le iniziative di associazioni e cittadini contrari al progetto di comprensorio sciistico Colere-Lizzola: si terrà un nuovo incontro pubblico martedì 4 marzo, a Bergamo, ore 20.45 al Cine-teatro di Boccaleone, via Santa
Bartolomea Capitano 9.
Obiettivo: informare anche chi vive in città, nella convinzione che le “terre alte” siano patrimonio di tutti e che, per immaginare un futuro sostenibile, sia necessario ragionare non solo sui progetti specifici, ma anche sui cambiamenti di paradigma necessari per salvare le aree alpine soggette al cosiddetto overtourism.
La serata è organizzata da APE Bergamo – Associazione Proletari Escursionisti in collaborazione con Collettivo Terre Alt(r)e; gruppo OrobieVive, che comprende Legambiente e FAB – Flora Alpina Bergamasca, e Comitato “No comprensorio” Val di Scalve.
In programma gli interventi di tre relatori: Angelo Borroni, ingegnere del gruppo OrobieVive, con “Collegamento Colere-Lizzola, un progetto impresentabile”; Filippo Barbera, sociologo dell’Università di Torino, con “Strategie di sviluppo a misura dei luoghi. Il caso delle aree interne e montane italiane”, e Ramona Magno, coordinatrice scientifica dell’Osservatorio Siccità del CNR, con “Cambiamenti climatici in aree montane: fenomeni, impatti e prospettive”.
È previsto anche un contributo del CAI – Club Alpino Italiano di Bergamo, che di recente si è detto contrario al progetto di comprensorio sciistico Colere-Lizzola, spiegando che le montagne orobiche hanno già vissuto troppe dismissioni di impianti e che oggi servono idee lungimiranti e sostenibili.
“Il progetto è impresentabile – spiega Angelo Borroni – perché prevede di occupare valli integre con piste, strade e strutture per aggiungere due piste di neanche 3 km, con un investimento di 79 milioni di euro, di cui 51 di soldi pubblici sottratti ai reali bisogni di chi vive in montagna.
Si ignora la necessità di ‘interventi sostenibili, essenziali e reversibili per quanto riguarda l’ambiente e il paesaggio’, come richiesto dai Piani di Governo del Territorio, ed è un progetto insostenibile perché prevede il raddoppio del consumo di risorse, a causa di impianti più veloci, e con maggiore portata, e di innevamento artificiale.
E fuori tempo, poiché ripropone il modello fallimentare dello sci da discesa mordi e fuggi, ignorando la necessità di ‘promuovere misure volte ad adattare l’apertura e la durata della stagione invernale all’effettiva disponibilità di neve indicata dalle linee guida nazionali e regionali di adattamento ai cambiamenti climatici.
Il progetto prevede un traforo di 450 metri nel Pizzo di Petto, per un collegamento a fune tra Colere e Lizzola, disboscamenti e sbancamenti per piste e impianti e colate di cemento per protezioni da valanghe e caduta sassi. E poi scavi sotterranei per tubature, cavi elettrici e fibra per l’innevamento artificiale, poiché gli impianti resterebbero tra quota 1050 e 2200 metri (dove la neve cadrà sempre meno); un bacino artificiale in quota, strade per il passaggio dei mezzi necessari al cantiere.
Il tutto nell’area protetta di maggior pregio naturalistico della Lombardia: la Val Conchetta che, oltre a essere Parco delle Orobie e Rete Natura 2000, è anche ZSC – Zona di Conservazione Speciale, perché vi convivono specie uniche di flora, fauna e rocce carsiche che creano il particolarissimo paesaggio del “mare in burrasca”.
“Si tratterebbe di un’enorme opera impattante in un’area di altissimo valore ecologico – afferma il Collettivo Terre Alt(r)e – un progetto anacronistico, a quote medio-basse, con soldi pubblici. Si vende il turismo come unica chiave di salvezza per invertire la curva demografica, senza analizzare i veri bisogni del territorio che lamenta la mancanza di ben altri servizi. Sarebbe saggio analizzare queste mancanze e sviluppare strategie per risolverle, piuttosto che vendere la costruzione di un comprensorio sciistico come la panacea per tutti i mali”.
Proprio il collettivo ha lanciato una petizione per fermare il progetto, che ha ormai superato le 26mila firme:
http://www.change.org/p/no-al-collegamento-sciistico-colere-lizzola-salviamo-un-area-incontaminata-delle-orobie.
È stata attivata anche una “raccolta voti” per salvare la Val Conchetta,
rendendola “Luogo del cuore” del FAI” – Fondo Ambiente italiano, al
link https://fondoambiente.it/luoghi/val-conchetta?ldc.
“Le nostre montagne non sono uno scenario da sfruttare, ma ecosistemi fragili – conclude APE Bergamo – Il progetto Colere-Lizzola è l’ennesima speculazione travestita da sviluppo: milioni di euro pubblici per un modello turistico insostenibile, mentre la crisi climatica riduce la neve e aumenta il rischio idrogeologico. Chi parla di ‘ultima occasione’ ignora la storia: impianti abbandonati e cattedrali nel deserto dimostrano già il fallimento di questa logica. La montagna ha bisogno di economia radicata, non di nuove devastazioni. Opporsi a questo scempio è una questione di giustizia ambientale e sociale”.
La serata del 4 marzo 2025 è a ingresso libero, non è richiesta prenotazione.
Per info: ape.bergamo@gmail.com.
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