Trapianti di cuore, il record della Puglia. Il prof Bottio: «Al Policlinico di Bari pazienti da tutta Italia»

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di
Cesare Bechis

Il cardiochirurgo del Policlinico di Bari ha eseguito un trapianto su un 71enne, utilizzando il cuore prelevato da un uomo di 83 anni. E annuncia che a breve verranno eseguiti anche interventi su under 18

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La Puglia batte il record di trapianti di cuore. Sono 178 nel triennio 2022-2024 con una media di 60 l’anno, più della media nazionale. L’exploit appartiene al Policlinico di Bari e dimostra che la sanità pubblica è capace di offrire servizi di ottima qualità. In questo caso parliamo di cardiochirurgia e trapianti, settore guidato da Tomaso Bottio, 57enne vicentino di nascita e barese di adozione dal gennaio 2022, dopo essersi laureato e specializzato all’università di Padova. 
Ultimamente ha eseguito un intervento utilizzando il cuore prelevato da un uomo di 83 anni e trapiantato in un altro di 71 anni che veniva da un ricovero di due mesi per scompenso cardiaco, quindi in condizioni terminali.

Professor Bottio, come mai a Bari si fanno più trapianti di altri centri in Italia pur trovandosi in un’area con meno donatori?
«Per due motivi. Primo, a Bari trapiantiamo con criteri estesi di pazienti inclusi in lista. Voglio dire che non ci fermiamo all’età anagrafica ma consideriamo l’età biologica mentre la maggior parte dei centri italiani esclude come riceventi le persone con un’età superiore ai 60-65. Noi sappiamo che esiste una popolazione di persone anziane che biologicamente portano meglio gli anni rispetto all’età anagrafica. Queste non le escludiamo, quindi ampliamo i criteri di selezione dei pazienti meritevoli di trapianto facendo aumentare anche la forbice dei donatori accettabili per l’utenza. Quindi se c’è un 83enne il cui cuore funziona e non ha patologie cardiache, funzionerà anche in una persona di 75 anni in attesa di un trapianto. Bisogna considerare che c’è sempre corrispondenza tra le caratteristiche del donatore e ricevente, esiste una corrispondenza biologica e non anagrafica».




















































Il secondo motivo?
«Facciamo più trapianti anche perché adottiamo la tecnica Dcd (donation after circulatory death) con il prelievo dopo l’arresto cardiaco irreversibile, differente dalla donazione tradizionale che scatta dopo la morte cerebrale»
Il record di trapianti significa che c’è una lista d’attesa più corta?
«Da noi il tempo di attesa è di sei mesi. Abbiamo stravolto il sistema trapianti come numeri. Mai nessuno in Italia ha fatto più di sessanta trapianti in un anno».

Di conseguenza è cambiata anche la mobilità passiva, cioè dei pazienti che vanno in altre regioni?
«Da noi la mobilità passiva è azzerata. Ed è aumentata la mobilità attiva, cioè utenza che viene a Bari per il trapianto. Siamo passati da 3 nel 2022 a 9 nel 2023 fino ai 18 dell’anno scorso dei quali cinque arrivati dalla Lombardia. In mobilità passiva abbiamo ancora il pediatrico. Non possiamo fare trapianti tra gli under 18, ma abbiamo avviato la procedura per ottenere il via libera».

Ci sono differenze tra Nord e Sud per le donazioni di organi?
«Purtroppo sì. Per i donatori l’Italia è divisa in due macroaree, Nord e Sud. Quando un paziente del sud necessita di trapianto può andare ovunque e la Regione paga la regione in cui avviene l’intervento, ma la vera questione inaccettabile è che i donatori della macroarea del nord non possono essere suddivisi o spartiti con la macroarea sud. Ciò è discriminante».

Come si spiega questa discriminazione?
«È un retaggio storico. I pazienti vengono inseriti secondo livelli di gravità clinica nella lista per trapianto. Uno è l’emergenza nazionale, che è insindacabile, secondo la quale l’organo va ovunque e non segue la regionalità; il secondo criterio è l’urgenza di macroarea, cioè se sono un utente del Sud e sono iscritto nella lista di Bari troverò prevalentemente soddisfazione nei donatori dell’area di appartenenza, se sono iscritto nella lista standard e aspetto che mi chiamino dall’ospedale ancora di più troverò soddisfazione nella macroarea di appartenenza geografica. In sostanza se sono un ricevente del sud ho meno probabilità di accedere al trapianto rispetto a un residente nel nord o a una persona del sud inserita nella macroarea nord. Ma c’è un altro aspetto increscioso. All’interno della macroarea nord c’è un’ulteriore sub area, esistente da più di vent’anni, che si chiama Nit (Nord Italia Transplant) e raggruppa Lombardia, Veneto Trentino, Friuli, Liguria e Marche. Qui si distribuiscono gli organi prima al loro interno, poi se non hanno un ricevente per quel donatore, concedono ad altri il donatore in eccedenza».


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1 marzo 2025 ( modifica il 1 marzo 2025 | 14:45)

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