Il dissesto finanziario degli enti locali in Sicilia

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Negli ultimi anni, il dissesto finanziario degli enti locali è diventato un tema di crescente preoccupazione in Italia, in particolare in Sicilia, in questo momento, rappresenta la “querelle par excellence”, evidenziando una situazione particolarmente critica. A causa di una combinazione, gioco – forza, di fattori economici, gestionali e istituzionali, molti Comuni siciliani si trovano in una spirale di indebitamento e difficoltà economiche che mette a rischio i servizi pubblici ed il benessere dei cittadini. Secondo i dati forniti dal Ministero dell’Interno, negli ultimi cinque anni, il numero di Comuni in stato di dissesto finanziario è aumentato significativamente.

La Sicilia, in particolare, ha visto un incremento notevole di enti locali che hanno dichiarato dissesto finanziario, con un saldo totale che supera il 20% dei comuni dell’isola stessa. Semplicisticamente e “tout court” potremmo affermare questo trend preoccupante sia il risultato di una gestione inefficace delle risorse, della mancanza di pianificazione strategica e dell’assenza di politiche fiscali sostenibili.

Le radici del dissesto finanziario degli Enti locali

 Ma andiamo alle radici del problema: le cause di un “dissesto finanziario”, infatti, sono sempre molteplici e complesse.  Tra i classici fattori principali e concause si annoverano:

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  •  La Gestione inefficace delle risorse: Molti enti locali hanno accumulato debiti a causa di una cattiva amministrazione e di spese eccessive. La mancanza di controllo sui bilanci e l’assenza di una programmazione a lungo termine hanno contribuito a generare questa situazione.
  • Riforme fiscali inadeguate: Le politiche fiscali nazionali hanno spesso penalizzato le piccole e medie città, privandole di fondi e risorse necessarie per mantenere i servizi essenziali.
  • Corruzione e malaffare: In Italia purtroppo, nonostante  da più parti si affermi che, nel presente momento storico,  siano in calo alcuni reati, ha visto invece l’incremento di un alto tasso di corruzione, il quale ha portato a sperperi di denaro pubblico e progetti fallimentari.

Le conseguenze per i cittadini

Quali sono, dunque, allo stato attuale le conseguenze per i cittadini: I servizi pubblici, già spesso insufficienti, subiscono tagli “draconiani” che influiscono sulla qualità della vita. Strade malandate, servizi di raccolta dei rifiuti inefficaci, mancanza di manutenzione degli edifici pubblici e difficoltà nell’accesso ai servizi sociali sono solo alcune delle problematiche che i cittadini siciliani si trovano ad affrontare quotidianamente. La sanità ed i servizi ivi connessi in declino. V’è quindi da dire che il dissesto ha generato un clima di sfiducia nelle istituzioni, con un conseguente aumento dell’astensionismo alle elezioni e una crescente disaffezione verso la politica.

Le difficoltà dei Comuni siciliani

Il dissesto finanziario degli enti locali, specie in Sicilia, rappresenta una sfida complessa che richiede l’impegno congiunto di istituzioni, cittadini e forze politiche. Solo attraverso una gestione oculata delle risorse, una riforma delle politiche fiscali e un impegno concreto nella lotta alla corruzione sarà possibile invertire la rotta e garantire un futuro migliore per le comunità locali. La stabilità finanziaria degli enti locali non è solo una questione di numeri, ma un elemento fondamentale per la qualità della vita dei cittadini e per la coesione sociale dell’intera Regione.

In Sicilia 250 Comuni, su un totale di 391, non hanno chiuso il bilancio consuntivo 2023 e questo significa che sono vicini al dissesto finanziario. Altri 150 Comuni, inoltre, non hanno ancora approvato il bilancio di previsione 2024. Al 4 settembre 2024 erano 44 i Comuni siciliani coinvolti in una procedura di riequilibrio finanziario(processo che si articola su più anni e può durare fino al 2040 in alcuni casi). Secondo i dati della Corte dei Conti siciliana e delle recenti relazioni del Ministero dell’Interno, la provincia di Agrigento, ad esempio, ha visto un aumento significativo ed esponenziale dei Comuni in stato di dissesto. I casi sono emblematici di una situazione che coinvolge una fetta significativa del territorio. Le difficoltà economiche hanno portato all’impossibilità di garantire servizi essenziali, incidendo direttamente sulla qualità della vita dei cittadini. Affrontare il dissesto finanziario richiede, certamente, un approccio integrato e multidimensionale.

Possibili soluzioni

Alcune possibili soluzioni includono:

  • Riforma della gestione finanziaria: È fondamentale implementare pratiche di gestione finanziaria più trasparenti e responsabili, con controlli rigorosi sui bilanci e sull’uso delle risorse.
  • Piani di risanamento: Gli enti locali dovrebbero redigere piani di risanamento dettagliati, con obiettivi chiari e misurabili per ridurre il debito e migliorare la sostenibilità finanziaria.
  • Incentivi per la legalità: Promuovere iniziative che incoraggino la legalità e combattano la corruzione, coinvolgendo attivamente la società civile e le associazioni locali.
  • Decentramento delle risorse: È necessario garantire che i fondi pubblici siano distribuiti in modo equo, permettendo ai Comuni più piccoli di accedere a risorse adeguate per i loro servizi.

Le cause storiche

Storicamente le cause del dissesto nei Comuni siciliani sono state molteplici:

  • Gestione inefficace delle risorse;
  • Enti locali che hanno accumulato debiti a causa di una cattiva amministrazione, con bilanci spesso in disavanzo;
  • La mancanza di pianificazione finanziaria e di trasparenza nella gestione delle risorse ha contribuito a questa situazione;
  • Determinante anche la carenza di fondi (ad esempio la provincia di Agrigento ha subito tagli significativi dai trasferimenti statali e regionali), aggravandone le difficoltà finanziarie.
  • Inoltre la scarsità di risorse ha reso difficile per i Comuni investire in infrastrutture e servizi pubblici;
  • La corruzione e mala gestione hanno completato e aggravato il quadro.

Come risolvere il dissesto finanziario

Affrontare il dissesto finanziario, come noto,  richiede un approccio integrato e proattivo. Alcune soluzioni potrebbero includere:

  • Riforma della gestione finanziaria( sarebbe essenziale che i Comuni adottino pratiche di gestione economica più trasparenti e responsabili). L’implementazione di sistemi di controllo e monitoraggio delle spese è fondamentale e si potrebbe raggiungere attraverso “Piani di Risanamento”  laddove gli Enti locali in dissesto dovrebbero redigere piani dettagliati, con obiettivi chiari al fine di ridurre il debito e migliorare la sostenibilità finanziaria.
  • Sarebbe poi fondamentale coinvolgere la popolazione in questo processo, per garantire un sostegno condiviso; unire a ciò un rafforzamento promuovendo la legalità, combattendo la corruzione attraverso politiche di trasparenza e responsabilità. Altresì, opportuno risulterebbe coinvolgere la società civile/ le associazioni locali nella vigilanza sulle spese pubbliche e questo potrebbe essere un passo importante.
  • Infine, dovrebbe incentivarsi la collaborazione tra i Comuni, le istituzioni regionali e nazionali. “Best practice” è certamente quella di creare reti di cooperazione tra i vari enti locali. Progetti intercomunali, invero, possono contribuire ad ottimizzare i costi e migliorare i servizi, come nel caso della gestione dei rifiuti, della manutenzione delle strade e dei servizi sociali.

Il flop della democrazia partecipata in Sicilia

Altro, ulteriore, tasto dolente è rappresentato da quei Comuni siciliani che hanno avviato progetti di partecipazione civica i quali coinvolgono i cittadini nella pianificazione e nella gestione dei servizi pubblici (democrazia partecipata).

Anche in questo caso qualcosa non ha funzionato: il 2023 si affermava fosse l’anno record per la democrazia partecipata in Sicilia ed il 66% dei Comuni siciliani aveva assegnato i fondi messi a disposizione nel 2022 dalla legge regionale che obbligava le amministrazioni locali a destinare una piccola parte del loro budget a progetti scelti e votati dai cittadini. Soldi che poi sono confluiti per finanziare soprattutto eventi (ipotesi che dovrebbe essere esclusa dato che i riferimenti normativi prescrivono debba trattarsi prevalentemente di “servizi durevoli”).

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Poi ancora altri progetti. I circa 50 Comuni ritardatari che hanno avviato i processi di coinvolgimento della cittadinanza nel 2023 ma non li hanno conclusi. Dunque, per non restituirli erano tenuti ad avviare l’iter di coinvolgimento della cittadinanza entro il 2023. Gli impegni di spesa, invece, potevano essere assunti con più elasticità, entro la quarta trimestralità dei trasferimenti regionali.  Oggi il bilancio definitivo disastroso: Tutti assieme i 159 comuni – che comprendono anche tre “capitali”, Agrigento, Messina e Palermo – dovrebbero “restituire” alla Regione 1.398.911,29 euro.

L’IRFIS e il caso “Santa Rita”

Infine, recentissima la notizia ha coinvolto anche l’IRFIS Fin-Sicilia S.p.a, una società partecipata al 100% dalla Regione Siciliana la quale esercita la relativa attività di direzione e coordinamento.  La Società ha per oggetto l’esercizio nei confronti del pubblico dell’attività di concessione di finanziamenti ed è un intermediario finanziario iscritto nell’Albo di cui all’art. 106 del d.lgs. n. 385 del 1° settembre 1993, altresì ha natura di società in house per l’espletamento di servizi in favore della Regione Siciliana.

Secondo l’inchiesta portata avanti dalla Repubblica, al vaglio della Corte dei Conti sarebbe un’operazione complessa e variegata con la quale la società, nel 2018, all’interno di una procedura di cartolarizzazione da 15 milioni, si è ritrovata titolare di crediti per oltre un milione e mezzo emessi per la prima volta dalla “Casa di cura Santa Rita”, della provincia di Avellino. Crediti giunti all’IRFIS dopo il passaggio tra diversi veicoli ovvero strumenti finanziari.

I magistrati contabili hanno deciso di verificare le operazioni che hanno portato la società regionale a totale capitale pubblico ad acquistare crediti ritenuti inesistenti del valore superiore al milione e mezzo. Il rischio è che il caso “Santa Rita” non sia l’unico e che, in quella operazione, altri soldi dei siciliani, attraverso l’IRFIS, possano essere stati usati per acquistare crediti inesistenti (La Repubblica – Accursio Sabella – 28/02 e 01/03/2025).

La questione dei fondi per “Agrigento Capitale della Cultura 2025”

La provincia di Agrigento, storicamente ricca di cultura e patrimonio artistico, si trova oggi a un bivio cruciale. L’assegnazione del titolo di “Capitale Italiana della Cultura 2025” alla città rappresenta un’opportunità unica per rilanciare il territorio e attrarre investimenti. Tuttavia, la cattiva gestione dei fondi e delle risorse destinate a questo progetto, insieme alle problematiche legate alle società in house, rischia di compromettere non solo il successo dell’iniziativa, ma anche la stabilità finanziaria degli enti locali.

L’assegnazione del titolo di “Capitale della Cultura 2025” è una chance straordinaria al fine di valorizzare il proprio patrimonio culturale e di creare opportunità di sviluppo economico. Tuttavia, per sfruttare appieno questa occasione, è fondamentale una gestione oculata e trasparente delle risorse allocate. I fondi previsti per eventi, infrastrutture e promozione turistica devono essere gestiti in modo efficace per evitare sprechi e inefficienze.

Sfortunatamente, la realtà attuale è segnata da preoccupazioni riguardo alla gestione dei fondi destinati a questo progetto. La Corte dei Conti ha sollevato interrogativi sulla trasparenza e sull’efficacia della spesa pubblica, evidenziando come in passato ci siano stati casi di cattiva amministrazione, in cui i fondi non sono stati utilizzati in modo strategico.

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Questo potrebbe non solo compromettere la realizzazione di eventi e iniziative culturali, ma anche minare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. La mancanza di un piano chiaro e di obbiettivi ben definiti ha portato a una dispersione delle risorse, con progetti che non sempre rispondono alle esigenze del territorio o che si rivelano poco sostenibili nel lungo periodo. La gestione di eventi culturali, difatti, richiede competenze specifiche e una visione a lungo termine, che al momento sembra mancare.

Il ruolo delle società “in house”

Un altro aspetto critico della gestione dei fondi pubblici in Sicilia, in particolare nella provincia di Agrigento, è il ruolo delle società “in house”. A tal proposito parte della politica spinge verso la gestione predetta, ed in alcuni Comuni è già in atto, seppur queste società, create per gestire servizi pubblici, dovrebbero garantire efficienza e trasparenza, ma spesso si trovano ad affrontare problematiche di inefficacia e di mancanza di controllo.

In alcuni casi, difatti, hanno accumulato solo debiti e quindi dimostrato di non essere in grado di gestire i fondi in modo responsabile. La scarsa trasparenza nella gestione delle società “in house” ha sollevato preoccupazioni tra i cittadini e ha alimentato il sospetto di mala gestione.

Dalla manutenzione delle infrastrutture alla realizzazione di eventi culturali, la mancanza di “accountability” ha reso difficile monitorare l’uso delle risorse e garantire che esse siano destinate a scopi utili e necessari. La controversa gestione dei fondi e delle società “in house” ha pertanto avuto dirette conseguenze sulla qualità della vita dei cittadini agrigentini. La mancanza di eventi culturali di qualità, la scarsa manutenzione delle infrastrutture e l’inefficienza dei servizi pubblici contribuiscono a un clima di disaffezione e sfiducia nelle istituzioni locali.

Inoltre, la possibilità di attrarre investimenti e turisti legati al titolo di Capitale della Cultura è messa a rischio. Se i cittadini non percepiscono un reale miglioramento nella loro vita quotidiana e se il territorio non riesce a presentarsi come una meta culturale di rilievo, l’opportunità di sviluppo economico legata a questo riconoscimento potrebbe sfumare.

Il modello del paternariato pubblico-privato in Sicilia

A parere di chi scrive, in un territorio a rischio, come la Sicilia, è preferibile il modello del partenariato pubblico – privato (PPP) rispetto all’ “in house” puro.  Per evitare che la cattiva gestione dei fondi comprometta il futuro di Agrigento come Capitale della Cultura, si auspica un fondamentale cambiamento radicale nella gestione e nella pianificazione ovvero:

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  • Maggiore Trasparenza: Implementare pratiche di rendicontazione chiare e accessibili, affinché i cittadini possano monitorare l’utilizzo dei fondi pubblici;
  • Pianificazione Strategica: Sviluppare un piano di sviluppo culturale e turistico che non solo contempli eventi di richiamo, ma anche iniziative di lungo periodo per la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale. Questo piano dovrebbe coinvolgere esperti del settore, operatori culturali locali e la comunità, al fine di garantire che le azioni intraprese rispondano alle reali esigenze del territorio;
  • Riforma delle Società “in house”: È fondamentale rivedere il modello di gestione delle società di gestione servizi pubblici, assicurando che queste operino con criteri di efficienza e trasparenza. La creazione di organismi di controllo indipendenti può contribuire a garantire che i servizi siano gestiti in modo responsabile e che le risorse siano utilizzate in modo efficace;
  • Coinvolgimento della comunità: Per ricostruire la fiducia nelle istituzioni locali e nella gestione dei fondi, è essenziale coinvolgere i cittadini. Organizzare incontri pubblici, forum e consultazioni può aiutare a raccogliere idee e proposte, facendo sentire i cittadini parte attiva nel processo decisionale.

Conclusioni

Del resto, vi sono esempi di altri Comuni italiani che hanno saputo gestire in modo virtuoso fondi simili, creando eventi e iniziative di grande successo; comuni che hanno attuato politiche di partnership pubblico-privato, coinvolgendo attivamente le imprese locali nella realizzazione di eventi culturali, hanno ottenuto risultati significativi in termini di partecipazione e attrattività turistica.

Un cambio di rotta nella gestione dei fondi, una pianificazione strategica e il coinvolgimento attivo della comunità possono trasformare il contesto territoriale in un esempio di buona amministrazione e rinascita culturale. Solo attraverso un impegno condiviso e una visione a lungo termine sarà possibile costruire un futuro migliore per i cittadini e valorizzare il patrimonio culturale che rende Agrigento unica.

 

 



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