«La spinta arriva dal Sud»

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L’agricoltura corre. I dati Istat sul valore aggiunto hanno certificato l’aumento maggiore per il settore rispetto a costruzione e industria.

E al Sud si deve molto degli ottimi risultati, anche se restano ancora delle criticità. «I dati Istat sono confortanti – dichiara il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini – ma vanno letti con attenzione. In alcuni settori, penso a quello cerealicolo, il valore aggiunto per i nostri agricoltori non c’è stato».

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Nel complesso l’agricoltura ha brillato con +2%.
«I risultati ci sono stati e sono frutto di un lavoro che dura da anni. E mi piace sottolineare che una spinta è arrivata dal Sud. Quando sostenevo che proprio quell’area sarebbe stata un elemento fondamentale per la produttività del sistema paese in pochi ci credevano. E oggi i numeri ci danno ragione. Il Mezzogiorno per anni ha avuto difficoltà significative legate all’export. Ma grazie a un lavoro di sensibilizzazione delle istituzioni e che ha condotto alla piena valorizzazione delle filiere meridionali sono state create le condizioni perché oggi nel Sud si registri la crescita più elevata dell’export rispetto alle altri parti dell’Italia».

Cosa ha giocato in favore dell’export?
«Ritengo che sia stata fondamentale la riorganizzazione delle agenzie che accompagnano le nostre imprese sui mercati, penso a Sace, Ice, Simest. C’è stata una nuova attenzione che ha coinvolto tutte le filiere e tutte le imprese, anche quelle piccole e medie. Una spinta che ha consentito di chiudere il 2024 con un record delle esportazioni agroalimentari che hanno sfiorato i 70 miliardi. E sono convinto che quest’anno, se non interverranno meccanismi di penalizzazioni fiscali da altri Paesi, conseguiremo risultati altrettanto significativi».

Oltre all’export quale è un altro asset del Sud?
«Senza dubbio il legame tra turismo e agroalimentare. Il Sud ha finalmente compreso che il cibo è trainante per l’industria del turismo e che è importante legare l’offerta turistica con l’esperienza enogastronomica. Si tratta di territori che hanno molto da offrire, ricchi di biodiversità e distintività. Un modello per il resto dell’Italia. Sono stati valorizzati i prodotti di qualità e tradizionali e questo ha fatto vincere anche sul mercato interno».

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E per crescere ancora?
«C’è molto da fare. Soprattutto per arrivare a una distribuzione più equa del valore. Che oggi ancora non c’è. Siamo felici dei successi della ristorazione, della trasformazione e della distribuzione, ma è importante che una parte di questo valore arrivi alle nostre imprese che devono investire in tecnologie e tracciabilità».

Un nodo sono le infrastrutture.
«È prioritario arrivare a sistemi di snodo logistico. I porti sono basilari, sono le autostrade del futuro che daranno ulteriore centralità al Mediterraneo. Ma si deve realizzare un meccanismo di interconnessione. Il porto deve essere collegato al retroporto, alla ferrovia e anche, per una breve percorrenza, alle autostrade. Solo con un sistema misto e interconnesso potremo recuperare quella competitività che oggi costa 96 miliardi al sistema Paese e 9 miliardi all’agroalimentare».

L’attenzione del Governo è comunque puntata sul Sud e la Zes ne è un esempio.
«È fondamentale. E rivendico come Coldiretti di aver posto come elemento centrale la Zes agricola che quest’anno era scomparsa dalla legge di Bilancio. Grazie ai ministri Fitto e Lollobrigida abbiamo ottenuto la conferma di un budget agricolo e peraltro rafforzato, 50 milioni a fronte dei 40 del 2024».

Anche nell’Ue comunque l’aria sembra essere cambiata con una linea meno oltranzista sulle politiche green.
«La Ue deve occuparsi della crescita delle imprese, non deve asfissiarle con regole inutili. Le premesse della nuova Commissione sono favorevoli».

La presenza di Raffaele Fitto a Bruxelles, a cui è stato assegnato anche l’incarico di supervisione della materia agroalimentare, è una garanzia?
«Non c’è dubbio. Ha un’attenzione forte ai territori. Se si aggiunge il rapporto di stima e amicizia posso dire che questo ci garantisce un confronto costante. Abbiamo visto un cambio di paradigma rispetto alla visione della precedente Commissione, quando la supervisione era stata affidata a Timmermans che Coldiretti ha contestato con durezza riuscendo così a fermare provvedimenti che avevano il solo fine di rottamare l’agricoltura. La politica agricola si fa a Bruxelles. Trascorro un giorno a settimana a coltivare rapporti con i commissari e tutto l’assetto diplomatico e istituzionale per sostenere le ragioni degli agricoltori».

I prossimi obiettivi?
«In primis verificheremo se quello che è stato annunciato sarà messo a terra. A partire dalla cancellazione del Nutriscore, dannoso per le eccellenze mediterranee e ingannevole per i consumatori. Continueremo a batterci per l’obbligo in tutti i Paesi europei dell’indicazione dell’origine in etichetta. Per questo chiediamo una riforma del codice doganale che con l’ultima lavorazione sostanziale consente a un prodotto importato di acquisire l’identità italiana. Vogliamo un mercato libero, ma trasparente dove le furbizie siano messe al bando»

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