Il gigante di Redmond ora è costretto ad ammetterlo: l’integrazione massiccia dell’AI generativa nei prodotti aziendali comporta costi elevati, e la strategia è ormai esplicita nel trasferirne una porzione crescente agli utenti finali. Dall’implementazione di Copilot in tutta la suite 365 all’introduzione del tasto dedicato sulle tastiere Windows, l’obiettivo è rendere l’uso dell’AI inevitabile e trovare nuovi canali per finanziarne l’imponente impatto economico.
Non si tratta di un fenomeno isolato, come riporta anche un articolo su The Conversation. Google percorre la stessa strada con aumenti tariffari per le funzionalità AI di Workspace. Dopo un periodo di euforia e investimenti massicci, il settore affronta una verità ineludibile: l’AI generativa divora risorse e l’attuale modello di business vacilla senza una redistribuzione dei costi.
L’AI generativa e il problema dei costi operativi
Elaborare richieste su un modello di AI generativa rappresenta un’operazione ben diversa dall’elaborazione tradizionale su cloud. Le spese principali si concentrano in due aree: l’addestramento dei modelli e l’inferenza. Mentre il primo costituisce un esborso una tantum (sebbene di portata miliardaria), il secondo cresce proporzionalmente all’intensità di utilizzo.
Le analisi indicano che una singola query su un modello avanzato di OpenAI può arrivare a costare fino a 1.000 dollari in potenza computazionale. Nonostante i 3,7 miliardi di dollari di entrate nel 2023, OpenAI ha speso quasi 9 miliardi, accumulando un passivo di circa 5 miliardi. Persino l’abbonamento ChatGPT Pro da 200 dollari mensili risulta insufficiente a coprire i costi, come ammesso dal CEO Sam Altman. La sfida riguarda qualunque operatore nel campo dei LLM avanzati.
L’elemento determinante resta il costo infrastrutturale. I data center che ospitano tali modelli richiedono hardware specializzato, elevati consumi energetici e raffreddamento sofisticato. Microsoft, dopo investimenti miliardari in espansione, sta ridimensionando i piani di crescita e cercando soluzioni alternative per non soccombere sotto il peso dei costi operativi.
Microsoft sposta il costo sugli utenti: aumenti, pubblicità e edge computing
La nuova rotta di Microsoft include rincari nei prezzi dei servizi cloud e della suite 365, accompagnati da approcci più indiretti. L’inserimento pubblicitario nei prodotti rappresenta una di queste strategie, così come il tentativo di alleggerire il carico computazionale dai data center trasferendolo direttamente sui dispositivi degli utenti.
Il piano prevede lo spostamento parziale dell’elaborazione “ai margini” della rete, applicando un modello di edge computing dove i dispositivi degli utenti eseguono direttamente operazioni AI anziché dipendere esclusivamente dai server cloud. Apple ha adottato questa strategia per garantire privacy e sicurezza, mentre per Microsoft la motivazione primaria risiede nella sostenibilità economica. L’esecuzione locale dell’AI riduce i costi di inferenza e alleggerisce i data center.
Tale spostamento comporta però implicazioni rilevanti. Se l’elaborazione AI sui dispositivi diventa prassi comune, i possessori di hardware obsoleto si troveranno penalizzati, creando disparità tra chi può permettersi aggiornamenti frequenti e chi no. L’impatto potrebbe estendersi oltre i consumatori privati, coinvolgendo aziende e istituzioni educative con risorse limitate.
Alternative più efficienti: il futuro dell’AI è davvero “più grande è meglio”?
L’orientamento attuale del settore – verso modelli sempre più massicci e dispendiosi – mostra segni di cedimento. Varie ricerche suggeriscono la possibilità di ottenere prestazioni paragonabili alle AI più sofisticate con costi notevolmente inferiori. L’azienda cinese DeepSeek ha dimostrato come sia realizzabile addestrare modelli competitivi con una frazione del budget di OpenAI. Studi dell’Allen Institute for AI e della Stanford University hanno evidenziato che un modello linguistico funzionale può essere addestrato con appena 50.000 dollari.
L’affermazione di tali alternative porrebbe Microsoft e gli altri colossi davanti a un dilemma: come giustificare costi operativi così elevati quando esistono soluzioni più efficienti? La prospettiva di una democratizzazione dell’AI, basata su modelli ottimizzati e meno onerosi, rappresenta una sfida concreta al predominio delle grandi corporation tecnologiche.
Sostenibilità vs esclusività: chi definirà il futuro dell’AI?
L’integrazione dell’AI nei prodotti di consumo appare ormai irreversibile. La questione centrale riguarda chi sosterrà il peso economico di questa trasformazione. Attualmente, Microsoft e gli altri leader di mercato tentano di trasferire l’onere agli utenti, ma con potenziali limitazioni. Se l’accesso alle soluzioni AI più avanzate sarà riservato a chi può permettersi dispositivi premium e servizi costosi, emergerà un divario tecnologico tra fruitori privilegiati e esclusi.
Rendere l’AI realmente accessibile richiede lo sviluppo di modelli computazionalmente più leggeri. La corsa alla “scala infinita” non rappresenta l’unica via percorribile. Il domani dell’AI non dipenderà solo dalla potenza dei modelli, ma dalla loro capacità di espandersi senza generare nuovi squilibri economici.
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