Dopo INGRIA, SPARONE e GROSCAVALLO – In previsione dell’ampliamento del Parco
(da IL RISVEGLIO POPOLARE del 27 febbraio 2025)
PONT CANAVESE – Dopo i confinanti comuni di Ingria e Sparone, oltre a Groscavallo in val di Lanzo, anche l’amministrazione comunale di Pont Canavese ha fatto il primo passo formale per richiedere l’inclusione di parte del suo territorio all’interno di un futuro e possibile ampliamento dei confini del Parco Nazionale Gran Paradiso.
Infatti, con una delibera recentemente adottata dalla Giunta Comunale, anche il paese di fondovalle ha deciso“ di avviare un processo di valutazione per individuare le zone di territorio comunale da includere nel Parco Nazionale del Gran Paradiso, escludendo i centri abitati, e di incaricare l’amministrazione comunale e gli uffici competenti a collaborare con l’Ente Parco per definire le aree da includere e predisporre le necessarie misure di conservazione e gestione sostenibile”.
Alla delibera è stata allegata anche una planimetria, in cui si ipotizzano le aree pontesi che in futuro potrebbero essere ricomprese all’interno del primo Parco Nazionale istituito in Italia: si tratta in buona sostanza di tutta la dorsale montana che, dai quasi mille e 900 metri della Punta d’Arbella, scende fino a monte delle borgate di Ronco di Pont, Piancerese, Montpont, Coppo e Butifinera, andando a sfiorare a quota 700 metri la strada provinciale della Val Soana all’altezza del Rio Budano, poco prima di Stroba.
“Si tratta di quasi il 30 per cento del territorio comunale, compresi i castagneti intorno alla frazione Plasaria – fa notare Paolo Coppo, sindaco di Pont Canavese – offrendo così prestigio per l’intero Parco oltre che un valore aggiunto e maggiore visibilità per il nostro Comune dal punto di vista turistico, anche se tutte le principali frazioni abitate resterebbero comunque fuori dai confini ( e dai vincoli, ndr) del Parco”.
Se questo progetto complessivo di ampliamento dei confini del Parco Nazionale Gran Paradiso dovesse andare in porto, anche nell’ottica dell’obiettivo nazionale di raggiungere il 30% di territorio protetto entro il 2030 per la conservazione della biodiversità, gli unici Comuni delle valli Orco e Soana che resterebbero fuori da quelli ricompresi nel Parco sarebbero in futuro Frassinetto ed Alpette.
Tutti gli altri potrebbero invece fregiarsi, (come già Ceresole Reale, Noasca, Locana, Ribordone, Ronco Canavese e Vaprato Soana), di far parte di una delle oasi naturali più antiche e più vaste d’Italia, e, visti anche i possibili collegamenti con i confinanti Parchi della Vanoise in Francia e del Monte Avic in Valle d’Aosta, andando così inoltre a costituire uno dei distretti di montagna protetti tra i più estesi dell’intera Europa.
Ora, dopo la delibera di Giunta che sarà trasmessa all’Ente Parco Nazionale Gran Paradiso e agli altri uffici competenti, anche il Comune di Pont Canavese prenderà “ contatti con la direzione del Parco Nazionale del Gran Paradiso per valutare insieme la possibilità di ingresso e definire l’iter procedurale da predisporre”.
Soddisfazione per la disponibilità dei Comuni interessati a collaborare con il PNGP per la valutazione delle aree di possibile ampliamento dell’area protetta, è stata espressa dal presidente del Parco Nazionale Gran Paradiso, nonché vicesindaco di Ceresole Reale, Mauro Durbano, il quale ha confermato che, anche dal punto di vista scientifico e naturalistico, i territori in questione presentano tutte le caratteristiche di interesse per essere inseriti all’interno del Parco, anche se l’ultima parola in merito spetterà al Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica (Mase).
Insomma, la strada burocratica da percorrere è ancora lunga, ma vista l’unità di intenti dei vari soggetti interessati appare in prospettiva abbastanza in discesa: e già questo è un grande successo, soprattutto per chi ricorda le battaglie frontali dei Comuni e di gran parte della popolazione valligiana, sia in Piemonte che in Valle d’Aosta, in occasione del precedente ampliamento dei confini del Parco avvenuto nel 1979.
Da allora molto è però cambiato sia negli amministratori pubblici che negli abitanti dei Comuni delle valli Orco e Soana, che hanno visto proseguire il loro spopolamento ed abbandono ed hanno capito che il Parco Nazionale, più che un “nemico” tout court da combattere, era invece forse l’ultima occasione per un rilancio turistico su nuove e più solide basi di paesi valligiani ormai agonizzanti dal punto di vista demografico ed economico, soprattutto dopo la chiusura o il ridimensionamento di molte industrie locali e lo spegnersi dell’entusiasmo verso lo sviluppo dello sci, sempre più frenato e messo in forse dagli inverni secchi e tiepidi del nuovo millennio.
Ed è forse anche per questo che oggi le “paline” gialle dei confini del Parco non vengono dai più viste come una condanna ad un futuro di “imbalsamazione” del paesaggio e della natura ed espulsione dell’uomo che vive in, e della, montagna, ma come la speranza di una nuova possibile e reciprocamente utile convivenza tra uomo e ambiente nelle Terre alte: convivenza che, peraltro, era già stata per secoli il retaggio indissolubile e fondante della stessa civiltà alpina preindustriale.
Marino Pasqualone
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