«Figlio mio quanto mi costi: almeno 200 euro a settimana. E siamo in tre con 2 stipendi, fortuna che ci sono i nonni»

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di
Teresa Cioffi

Chiara Gallo, donna lavoratrice, con uno stipendio medio racconta le difficoltà di una famiglia. Federconsumatori: da 620 a 1.500 euro al mese per un bebè

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Chiara Gallo si aggira tra le corsie del supermercato, si ferma davanti agli scaffali e con lo sguardo passa in rassegna i prodotti per l’infanzia. Con lei c’è anche il suo bimbo di due anni, in passeggino: «Ormai, anche solo per fare una spesa rapida, non si spendono meno di 30 euro» dice mentre fa un conto sulle marche più convenienti da mettere in carrello. Se il prezzo ad articolo può leggermente variare da negozio a negozio, l’Iva sui prodotti per la prima infanzia (dai pannolini alle preparazioni alimentari) è sempre al 10%. Per un breve periodo era stata abbassata al 5% con la volontà di aiutare le famiglie. E invece, nel 2024, l’aliquota è tornata su. Per Chiara Gallo si traduce in una spesa settimanale di circa 200 euro, tenendo in considerazione tutto il necessario per il suo bimbo.

«Online compriamo solamente i giocattoli, il resto lo acquistiamo in negozio, al supermercato o in farmacia. Ogni supermarket propone le sue offerte, però non si scende mai sotto una determinata soglia». Verrebbe da dire: «Amore mio, quanto mi costi!». Da donna lavoratrice, con uno stipendio medio, Chiara Gallo non nasconde che essere genitori rappresenta una bella spesa, garantita fino a quando un figlio non conquista l’autonomia. Parlando solamente del primo anno di vita, secondo l’Osservatorio Nazionale di Federconsumatori, i genitori spendono da un minimo di 7.431 a un massimo di 17.585 euro.
 
«Confermo — dice Chiara, mentre si dirige verso la cassa —. Siamo nella media calcolata, con due stipendi. Abbiamo un solo figlio, ma pensiamo a chi ne possiede due o più. Noi siamo facilitati grazie al supporto dei nonni, ma non per tutti è scontato. Visti i costi, l’inflazione e la precarietà occupazionale comprendo perché in Italia si fanno sempre meno figli».
Non solo ci sono da considerare alimentari, visite mediche, farmaci, abbigliamento, passeggini, giocattoli. Quando i bambini si fanno più grandi allora bisogna iniziare a pensare anche a tutto il resto, dal materiale scolastico fino ai corsi sportivi. Da un report realizzato da Legacoop insieme a Ipsos emerge che per un terzo dei genitori la spesa per i figli pesa sul bilancio familiare dal 40 e al 70%.




















































 E tre genitori su dieci hanno dovuto imporre dei tagli ai figli e a sé stessi su svago e viaggi. Il 60% ha rinunciato ad andare al ristorante (26% spesso, 34% qualche volta) o ha ridotto il periodo di vacanza (25% e 35%). «Si inizia a tagliare sul superfluo, poi il dramma è quando si è costretti a rinunciare al necessario — dice Gavino Sanna, presidente dell’Associazione Consumatori Piemonte —. Avere un figlio oggi è un’impresa. Il nostro Paese e la nostra regione fanno i conti con salari troppo bassi. Sono fermi da trent’anni ed è normale che le famiglie facciano fatica a crescere un figlio, figuriamoci due. I sacrifici si fanno da decenni, in più oggi c’è un problema inflattivo da tre anni».

Intanto la Regione Piemonte lancia per il 2025 il bonus Vesta, voucher da mille euro per i bambini da 0 a 6 anni. Risorse pari a 34 milioni per il prossimo triennio, che arrivano dal Fondo Sociale Europeo. «I bonus? Meglio di niente, ma non risolvono il problema — conclude Sanna —. Sono un calcio al barattolo, poche famiglie potranno beneficiarne. Se il salario medio, netto, oggi è di 1.500 euro si capisce che la maggioranza dei genitori continuerà ad avere difficoltà. E, di figli, purtroppo se ne faranno sempre meno». 

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6 marzo 2025

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