È importante fotografare periodicamente la situazione della presenza di migranti nel nostro Paese: presentati di recente la quarta edizione del report di A Sud, dedicato specificamente al progetto Le rotte del clima e il 30° rapporto annuale di Ismu
I fattori climatici e ambientali hanno sicuramente una rilevanza nella scelte di migrare, sebbene sia difficile identificarli con gli strumenti d’indagine oggi in uso e, ovviamente, si sommano agli altri fattori determinanti quale acceleratore o principale causa dello spostamento forzato.
È quanto emerso dal progetto Le Rotte del Clima, finanziato dalla Fondazione Cariplo, le cui finalità sono quelle di identificare le matrici climatiche e ambientali nelle storie dei migranti in arrivo in Italia attraverso un lavoro di raccolta dati sul campo basato sull’ascolto dei racconti di 348 migranti, provenienti principalmente dal Bangladesh, coinvolti in prima persona nell’indagine e la successiva analisi multidisciplinare dei risultati ottenuti.
I risultati completi della ricerca sono contenuti, appunto, nel report Migrazioni ambientali e crisi climatica – Edizione Speciale Le Rotte del Clima, coordinato dall’associazione A Sud in collaborazione con il Centro Studi Systasis, Asgi, We World e un’ampia rete di partner.
La ricerca è l’elemento di novità di questa edizione del report, curato da Marica Di Pierri e Maria Marano di A Sud e giunto alla quarta edizione, e resta salda la sua natura corale che mette in rassegna dati, analisi e riflessioni attraverso i contributi di operatori, ricercatori, giuristi, avvocati, Ong e centri studi che hanno partecipato a vario titolo alla sperimentazione e che da anni si occupano di migrazioni ambientali e climatiche.
La sperimentazione rileva che tra le persone migranti intervistate e che hanno risposto alla domanda sulla ragione per cui hanno abbandonato il loro Paese, il 69% di coloro che hanno indicato la scelta migratoria legata a ragioni di studio, lavoro e per migliorare le proprie condizioni di vita, generalmente considerati migranti economici, dichiarano il peggioramento delle condizioni climatiche quale concausa dello spostamento.
Indagando a fondo sulle motivazioni che inducono a migrare, i fattori climatici ambientali rivestono un ruolo significativo.
La struttura del report, che ci si augura possa diventare un vero e proprio strumento di lavoro nelle mani di operatori sociali, giuristi, attivisti, ricercatori attivi nel campo delle migrazioni, si basa su quattro sezioni:
- un focus sulla ricerca
- un handbook per chi lavora nel campo delle migrazioni
- contributi di approfondimento
- una serie di raccomandazioni emerse durante il lavoro
Il tutto si propone al lettore come uno strumento per allargare l’orizzonte di comprensione della complessità delle migrazioni contemporanee, che trovano nella crisi climatica un filo rosso che le attraversa.
A corredo del report è stato reso disponibile anche un policy brief, curato da We World, il cui obiettivo è stimolare il dibattito politico e pubblico, sottolineando la necessità di adottare specifiche politiche e azioni che seguano le linee di azione consigliate.
Ismu: l’andamento dei flussi migratori degli ultimi 30 anni
A metà febbraio è stato presentato a Milano anche il 30° Rapporto sulle migrazioni a cura di Fondazione Ismu Ets (disponibile sul sito insieme alla diretta dell’evento) che ripercorre l’andamento dei flussi migratori negli ultimi trent’anni.
Un andamento che ha visto crescere la popolazione con background migratorio fino a quasi sei milioni, evidenziando le trasformazioni sociali e l’impatto che essa ha avuto sulla società italiana.
Un percorso complesso, influenzato da alcune vicende storiche particolarmente d’impatto: dal crollo del muro di Berlino fino al conflitto russo-ucraino, che con il tempo ha visto affiancarsi alle prime generazioni sia le seconde, oggi adulte e avviate a dare vita alle terze, sia le numerose acquisizioni di cittadinanza, che hanno prodotto quasi due milioni di nuovi italiani.
La presenza della popolazione immigrata nel nostro Paese ha avuto un impatto importante su diversi ambiti: dalla scuola al mercato del lavoro, alla sanità pubblica. Il tutto mentre sono cambiati gli atteggiamenti nei confronti dell’immigrazione e oggi si presentano ovviamente nuove sfide.
In questo senso il 30° Rapporto sulle migrazioni 2024 di Fondazione Ismu Ets espande le proprie analisi anche ad alcune tematiche di attualità quali:
- l’analisi dell’evoluzione del quadro normativo con un occhio specifico sulla questione dell’esternalizzazione del sistema d’asilo
- lo scenario europeo, caratterizzato dall’adozione del Patto sull’immigrazione e l’asilo, con un’analisi del quadro dei flussi migratori europei e globali
- i muri e confini reali e simbolici; la questione della narrazione delle migrazioni e del ruolo dei media
- la condizione delle persone con disabilità e background migratorio
Tra gli approfondimenti di particolare rilevanza, poi, la capacità di reddito e l’invio delle rimesse, il welfare e i nuovi strumenti per migliorare i servizi, fino ai pericoli di discriminazione legati all’intelligenza artificiale.
Secondo il rapporto al 1° gennaio 2024 gli stranieri presenti in Italia sono 5 milioni 755mila, in leggero calo (20mila in meno, -0,3%) rispetto alla stessa data del 2023 e crescono i residenti (5 milioni e 254mila persone rispetto ai 5 milioni 141mila del 2022), mentre continua il calo degli irregolari registrato dal 2019: Ismu stima che si attestino su 321mila presenze (il 5,6% del totale dei presenti).
Ci piace segnalare qui lo spunto suggerito nel corso della presentazione da Nicola Pasini, segretario generale di Fondazione Ismu Ets, che ha aperto i lavori con un intervento dal titolo Liberiamo le migrazioni dalle passioni: la spinta gentile di Ismu, ricordando che la lezione di Max Weber di più 100 anni fa insegna che i ricercatori sociali non sono profeti e che la perfezione non esiste, il che comporta l’assunzione di un’etica della responsabilità, sobria e onesta, che si basa comunque su un concetto di società aperta e interdipendente.
Scenari futuri: la (in)sostenibilà dei modelli di inclusione occupazionale
Non potendo riportare qui tutti i dati specifici, ci piace sottolineare però un aspetto, quello del modello d’impiego delle risorse umane immigrate, che malgrado i progressi che si sono fatti negli anni, anche attraverso la leva del Diversity Management, continuano a presentare forti criticità. Lo sfruttamento che vede indirettamente coinvolte le stesse aziende socialmente responsabili – emerso in seguito agli incidenti, spesso mortali, degli ultimi mesi – produce nuovi schiavi e un folto numero di lavoratori irregolari o solo parzialmente regolari.
Inoltre genera un esercito di lavoratori poveri, incapaci di provvedere, attraverso il loro reddito, alle necessità basilari. L’analisi proposta da Fondazione Ismu Ets evidenzia come il futuro dell’economia e della società italiana sia strettamente intrecciato alla qualità dei percorsi di integrazione lavorativa dei migranti.
Al tempo stesso, se è pur vero che il fabbisogno di lavoro immigrato è evidente e significativo anche in termini quantitativi, gli stessi dati previsionali indicano una netta preferenza per l’assunzione di personale immigrato con esperienza professionale maturata in Italia.
Di questa indicazione non si potrà non tener conto nella programmazione dei nuovi ingressi e nella pianificazione delle quote da ammettere.
Le percezioni degli italiani
Da anni l’immigrazione è una questione centrale e dirimente, in grado di orientare persino il voto degli italiani. Ma qual è stato nel tempo l’atteggiamento nei confronti delle persone con background migratorio?
Guardati dapprima con curiosità e poi come emergenza negli anni ’80, sono stati in seguito percepiti come un problema di ordine pubblico negli anni ’90. Per il 2024 Fondazione Ismu Ets, analizzando i dati di Eurobarometro, evidenzia che il 48% degli italiani pensa che gli immigrati contribuiscano positivamente alla vita del nostro Paese (nel 1998 i dati Swg rilevavano che il 54% li riteneva un temibile competitor in ambito lavorativo).
Tuttavia, la issue immigrazione viene ancora inquadrata in termini problematici. In Italia questa tematica risulta al quinto posto sia tra le questioni più importanti che gli intervistati ritengono che l’Ue debba affrontare, sia tra quelle che gli intervistati ritengono che l’Italia debba affrontare insieme all’economia e dopo sicurezza e difesa, clima e ambiente, e salute.
Per il 33% degli italiani la gestione dell’immigrazione è tra le due principali politiche che potrebbero avere il miglior impatto positivo sulle vite degli intervistati, dopo pace e stabilità (46%), cibo, salute e industria (27%).
Analizzando la percezione dell’immigrazione a livello di questione collettiva o individuale, sebbene la percentuale di intervistati che la inseriscono tra i due maggiori problemi che il proprio Paese deve affrontare non sia elevata (12%), è pur sempre maggiore della percentuale di intervistati che ritiene l’immigrazione uno dei due maggiori problemi da affrontare personalmente (8%).
Il confronto tra questi due dati mostra che l’immigrazione appare un problema per lo più quando è riferito alla collettività, ma in pochi lo percepiscono come una importante questione che impatta sulla propria vita.
Crediti immagine: Depositphotos
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