Rinnovabili, Legambiente: Italia bocciata rispetto all’obiettivo 2030

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Legambiente ha presentato oggi, presso la Fiera di Rimini, il report nazionale “Scacco Matto alle rinnovabili” presentando una fotografia dettagliata, tra numeri e dati, sui ritardi che riguardano l’Italia rispetto all’obiettivo 2030 relativo alle fonti pulite. Quanto emerso è che, in sostanza, con gli attuali ritmi il nostro Paese rischia di non raggiungere l’obiettivo entro i tempi previsti. Ma impiegherà addirittura otto anni in più per farlo.

Il rischio per il nostro Paese

L’esito del report, dunque, “boccia” l’Italia rispetto al raggiungimento dell’obiettivo al 2030 sullo sviluppo delle rinnovabili fissato dal Decreto Aree Idonee. E questo nonostante i risultati parziali e positivi di questi ultimi anni, nei quali sono stati registrati 17.717 MW di rinnovabili installati dal 2021 al 2024 con una media annuale di 4.429 MW l’anno. Il nostro Paese, secondo l’indagine, rischia di non rispettare l’obiettivo degli 80.001 MW di nuova potenza da installare entro il 2030. Ma potrebbe raggiugere questo obiettivo nel 2038, impiegando diversi anni in più. Attualmente l’Italia ha raggiunto appena il 22% dell’obiettivo 2030, considerando che mancano all’appello 62.284 MW da realizzare nei prossimi sei anni, pari a 10.380,6 MW all’anno. 

La crisi climatica

L’analisi sui ritardi dell’Italia, ha sottolineato Legambiente, ha come obiettivo quello di inviare un chiaro appello al Governo Meloni e alle Regioni ribadendo che questa situazione sul fronte delle rinnovabili è “inaccettabile”, se si considera l’accelerazione della crisi climatica nella Penisola (2.098 eventi meteo estremi dal 2015 a oggi, di cui 753 allagamenti e 522 danni da raffiche di vento e trombe d’aria, 1137 i comuni colpiti) e le mancate occasioni di sviluppo, anche in termini occupazionali, per i territori. Per far fronte a tutto ciò, spiegano gli esperti, servono interventi strutturali che Legambiente ha riassunto in una serie di proposte a partire da tre caposaldi: lo snellimento degli iter autorizzativi per velocizzare la realizzazione degli impianti a fonti rinnovabili; il rafforzamento del personale tecnico negli uffici regionali e comunali preposti alla valutazione e autorizzazione dei progetti e il completamento dell’organico della Commissione PNRR/PNIEC del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica; la revisione del Decreto Aree Idonee, della Legge 199/2021 – dando indicazioni univoche e meno ideologiche alle Regioni – e del Decreto Agricoltura, fornendo una maggiore distinzione tra fotovoltaico e agrivoltaico e prevedendo ad esempio la possibilità di realizzare il fotovoltaico a terra alle aree agricole all’interno nei siti di interesse nazionale e regionale da bonificare. 

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L’analisi dei ritardi

Valle d’Aosta, Molise, Calabria, Sardegna e Umbria, secondo l’indagine, sono le peggiori regioni in classifica e quelle rischiano di registrare i maggiori ritardi – stimati tra i 45 e i 20 anni – rispetto all’obiettivo fissato al 2030 dal Decreto Aree Idonee, diverso per ogni regione in base al potenziale realizzabile. In particolare, è emerso come la Valle d’Aosta debba impiegare 45 anni per raggiungere l’obiettivo pari a 328 MW, il Molise 29 anni per raggiungere i 1.003 MW richiesti al 2030, la Calabria 23 anni per i 3.173 MW, la Sardegna 21 anni per i 6.264 MW e l’Umbria 20 anni per 1.756 MW. Tra le altre regioni, da segnalare i ritardi anche della Sicilia, ottava in classifica. L’nica regione che, stando alla media di quanto realizzato negli ultimi 4 anni, centrerebbe l’obiettivo al 2030, pari a 4.757MW, è il Lazio, che nel 2024 ha raggiunto il 39,9% del suo obiettivo 2030. Quelle che impiegheranno quasi due anni di ritardo sono Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige.

I principali ostacoli

“L’Italia è in colpevole ritardo sugli obiettivi di sviluppo delle rinnovabili da raggiungere al 2030 – ha dichiarato Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – I principali ostacoli non tecnologici sono gli iter autorizzativi lenti, per l’ostracismo del Ministero della Cultura e l’inazione delle Regioni, i decreti ministeriali sbagliati e ideologici, come quelli su aree idonee e agricoltura, e le politiche miopi del Governo Meloni, che non fa altro che rendere la Penisola ancora più dipendente dagli speculatori del gas, puntando anche sul ritorno del nucleare, opzione energetica sconfitta dal libero mercato, a causa dei suoi costi esorbitanti, mentre altri ritardi potrebbero aggiungersi con le future leggi regionali sulle aree idonee. Per rendere indipendente l’Italia e per aiutare famiglie e imprese, facendo diminuire la bolletta, occorre accelerare la diffusione delle rinnovabili, lo sviluppo delle reti e la realizzazione degli accumuli anche in vista del passaggio dal Prezzo Unico Nazionale dell’elettricità a quelli zonali, che porteranno maggiori vantaggi proprio alle Regioni con una maggiore produzione di energia da fonti rinnovabili”.




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