Umile e sincero, l’anima del gruppo si è spenta a 92 anni. L’ingegnere visse come un tradimento l’abbattimento dei palazzi sul lungomare di Bari
Era un uomo d’altri tempi; una persona determinata, ma allo stesso tempo umile e sincera. Amava ripetere alle generazioni di aspiranti imprenditori che «l’etica del lavoro e dell’azienda vengono prima della ricchezza e delle fortune personali» e che «una stretta di mano vale più di mille contratti scritti, l’onore non può essere oggetto di trattative».Â
Michele Matarrese, anima dello storico gruppo di costruttori baresi (i «Kennedy di Puglia»), non c’è più (i funerari si terranno alle 16 e 30 nella Cattedrale di Bari). A 92 anni si è spento circondato dall’affetto della famiglia. Lui che era il primogenito del fondatore, Salvatore Matarrese, si è battuto fino all’ultimo respiro per far capire alla città che nella vicenda di Punta Perotti l’azienda aveva «subito un’ingiustizia clamorosa».
È questa la più grande amarezza che il «Cavaliere» – insieme ai fratelli Vincenzo, Antonio, Amato, Giuseppe e Carmela – non ha mai accettato. Era schietto e non amava le falsità .
Aprile 2006: un grande botto fa sparire i palazzi dal lungomare sud di Bari con tanto di entusiasmo di personaggi che hanno costruito la carriera politica su quella esplosione. «Abbiamo assistito a uno spettacolo da antica Roma – disse Matarrese all’indomani del crollo – tempi lontani quando i cristiani venivano sbranati dai leoni e la gente esultava. Per la storia della città è proprio un brutto ricordo». D’altronde, la decisione attuata dall’attuale governatore Michele Emiliano (all’epoca sindaco di Bari), era sfuggita abilmente a un tentativo di mediazione. E quando interviene la Corte europea dei diritti dell’uomo – affermando che la confisca «è avvenuta in violazione del diritto della protezione della proprietà privata e della Convenzione dei diritti dell’uomo» – prende carta e penna e scrive il libro «Assolti e confiscati. Punta Perotti, una storia di straordinaria ingiustizia».
Nato nel 1932 Matarrese era laureato in Ingegneria Civile e ha ricoperto incarichi di rilievo in Confindustria (da presidente dell’associazione di Bari e dell’Ance Bari-Bat fino a componente dei probiviri nazionali). Ma anche numero uno del Formedil per 52 anni.
«Scompare un uomo dalle spiccate capacità imprenditoriali – ha detto Vito Leccese, sindaco di Bari – che nella nostra terra, ma non solo, ha contribuito a scrivere, per cinquant’anni almeno, la storia dell’edilizia. Nonostante, come noto, avessimo visioni profondamente diverse sulla città e sul suo sviluppo gli ho sempre riconosciuto il rispetto e la stima che il suo ruolo e la sua storia meritavano». Eppure sul sito internet di Leccese-sindaco c’è scritto: «Negli ultimi vent’anni ho lavorato per la mia città con Michele Emiliano e Antonio Decaro. Insieme abbiamo abbattuto Punta Perotti».
Emiliano, principale attore di uno dei crolli più famosi d’Italia (ha messo in ginocchio il gruppo che in quei tempi guidava la classifica meridionale dell’edilizia) parla di un «esponente di grande rilievo di una famiglia e di un’impresa tra le più importanti della storia economica della Puglia». Decaro non pervenuto (l’ultimo post della serata è il sopralluogo ad Apice sul cantiere ferroviario della Bari – Napoli), mentre l’Ance Bari-Bat ricorda l’attività di un professionista «di straordinaria umanità e passione» e Mauro D’Attis, deputato di Forza Italia, spiega che «la comunità ha perso un grande uomo». Il Formedil, invece, piange per la scomparsa di «una guida insostituibile che ha dedicato la sua vita alla famiglia, alla sua impresa, alla formazione e alla crescita professionale dei giovani». Uno dei primi a commentare la scomparsa è stato Francesco Biga, storico legale della famiglia Matarrese: «Lui ti guardava dritto negli occhi per vedere se sostenevi lo sguardo. Dicono che fosse burbero ed a volte arrogante, ma questo forse dipendeva dal fardello di responsabilità che si è sempre portato addosso per l’intera sua vita». L’unica volta che Matarrese ha pianto in pubblico è per la morte del fratello Vincenzo. Con lui condivideva la passione per il lavoro e anche una scrivania affiancata. Che ora resterà vuota.
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