’O sciore cchiu felice è ’o sciore senza radice
corre comme ’o cane senza fune, ’o sciore senza padrune
Nel 1995 Napoli ribolle, è in fermento. A Palazzo San Giacomo siede Antonio Bassolino, protagonista, con altri, di quella che passerà alla storia come “la stagione dei sindaci”. La città si appresta a vivere un nuovo rinascimento, o almeno, così verrà ribattezzato. Le trasformazioni sono sociali, culturali, dunque musicali.
Se in Italia, in quegli stessi anni, domina la scena rock alternativa (Afterhours, Marlene Kuntz, Csi), a Napoli, crocevia di mondi, prevale la contaminazione: reggae, hip-hop, dub, raggamuffin.
Nei club, nelle piazze e nei centri sociali suonano 99 Posse, Bisca, Speaker Cenzou, 24 Grana, La Famiglia.
Quando nel ’95 esce Sanacore, la contaminazione raggiunge l’apice. Gli Almamegretta confezionano il disco perfetto. Dentro ci sono Napoli, la Giamaica, le sonorità arabe, la Bristol dei Massive Attack, i quartieri ghetto e le periferie più degradate. C’è la nuova umanità che si affaccia in Occidente, anime migranti in cerca di un altrove, “cani senza fune”.
Raiz e soci, da buoni figli di Pino Daniele, cantano una nuova napoletanità, che non è rivendicazione identitaria, stereotipata, ma miscuglio di culture, suoni, accoglienza e sofferenza.
Sanacore è un lavoro dilatato, lento: 11 tracce per un’ora di musica. Registrato a Napoli, viene poi mixato a Londra da Adrian Sherwood, produttore e beatmeaker di fama internazionale.
E’ un disco contro la modernità che ci vuole puntuali ed efficienti, che ci ruba il tempo. Contro il globalismo, allora dilagante, che pretende di omologare usi, costumi e consumi, persino in una città come Napoli.
Quanne ce penzo ’o ssaccio nun po’ addeventà
Napule comme ll’ate frenesia e puntualità
Diceno ’e nuje ca nun c’è maje piaciuto ’e faticà
Pecchè ’o tiempo è vita e vulimmo campà
E’ un disco d’amore, come dimostra la celebre Sanacore, canto popolare, tammurriata elettronica remiscelata e resa immortale dalla voce di Giulietta Sacco (Premio Tenco 1995).
Altra collaborazione eccellente è quella con Marcello Colasurdo, cori e percussioni in Ammore Nemico, brano che tiene insieme tradizione e innovazione, in pieno stile Almamegretta.
Scioscie Viento, invece, è il racconto di un migrante che vive e lavora lontano da casa, dall’altra parte del mondo. Una storia di fatica, sudore, di vaglia postali da inviare alla famiglia, di baracche in fiamme a Villa Literno.
A casa è addò tu tiene a quaccheduno
’A casa è addò nun t’odia nisciuno
’A casa pò essere ’o munno sano
Ma ’a casa mia ’a tengo assaje luntano
Il brano più famoso è certamente Nut Te scurdà, storia di una donna che si ritrova a fare la prostituta e che si ribella al giudizio degli altri, a chi sale in cattedra, a chi assolve e condanna. Dalla canzone è stato tratto un video diretto da Pappi Corsicato.
A chi me schifa dico vuo’ vede’
Ca ‘o cuorpo tu t’ ‘o vinne comme a me
Nun me suppuorte e chest’ ‘o ssaccio già
I’ songo ‘o specchio addù nun te vulisse maje guarda’
Con Sanacore gli Almamegretta conquistano pubblico e critica. Il dialetto stretto, sussurrato o urlato, è sdoganato, affascina. L’album è presente nella classifica dei 100 dischi italiani più belli di sempre secondo Rolling Stone, alla posizione numero 36. Nel ’95 la rivista Rumore lo consacra disco dell’anno.
In una recente intervista concessa al Mattino, Raiz ha raccontato che «l’idea era quella di portare Napoli e nel mondo e il mondo a Napoli. Un progetto modernissimo e ambizioso».
Poi tutto è cambiato: «Negli anni successivi ci siamo appiattiti su un certo identitarismo che ci riporta all’oleografia, ad assomigliare a come ci vedono “da fuori”. Il turismo di massa ha fatto il resto.».
Ma a conti fatti è meglio così, conclude Raiz: «Specie se si pensa alle attività ricettive che sostituiscono le imprese criminali». Insomma, meglio il turismo che la camorra. «Resta la sensazione, però, ad aver perso una grande occasione».
Quella scena, come molte altre, è morta e sepolta. Non che a Napoli manchi la musica, quella non manca mai. Ma anche se Geolier domina le classifiche, per fare l’esempio più eclatante, non si può parlare di un vero e proprio movimento culturale. Manca la tensione politica, la voglia di sperimentare, la consapevolezza di essere parte di una società in trasformazione. Geolier, come altri, si limita a rappresentare Napoli così come il mondo la immagina: amore e criminalità. Una Napoli ripiegata su se stessa, buona per turisti in cerca di selfie e souvenir.
Per celebrare i trent’anni di Sanacore gli Almamegretta (che nella loro discografia vantano altri grandi lavori come Lingo e l’ultimo Senghe) hanno annunciato una serie di date in giro per lo stivale. Sarà l’occasione per riascoltare dal vivo uno dei dischi più importanti, innovativi e rivoluzionari della storia della musica italiana.
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