La Cina e la nuova attenzione per l’Unione Europea

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Come spesso accade in periodi di grande cambiamento, la Cina preferisce giocare da protagonista silenzioso. Una strategia portata avanti in modo esemplare nel caso della guerra di Ucraina in cui l’aiuto cinese è stato determinante nel sostenere la Russia nei lunghi anni di conflitto, ma non si è mai trasformato in un diretto intervento militare. Anche in questi giorni le dichiarazioni ufficiali sono improntate alla massima prudenza e si limitano a confermare la solida amicizia fra Cina e Russia. Un rapporto riconfermato dai contatti telefonici fra Putin e Xi Jinping e dal recente incontro del responsabile della sicurezza russa Sergej Šojgu con il ministro degli esteri e lo stesso Xi.

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La riassicurazione sui fraterni rapporti fra i due paesi era evidentemente necessaria dopo l’inedita e inattesa convergenza fra Stati Uniti e Russia. Questa convergenza, almeno per ora, non sta però dividendo russi e cinesi. Coloro che pensano che si possano separare i loro destini, come fece Nixon ai suoi tempi, non tengono conto degli stretti legami politici ed economici che, nel frattempo, sono stati costruiti fra i due paesi. Anche se i rapporti fra i due popoli non sono mai stati caratterizzati da un eccesso di stima e amicizia, i legami di interesse che li uniscono non sembrano essere messi in pericolo dalla tempesta scatenata da Trump. Qui a Pechino si aggiunge inoltre la convinzione, ben giustificata dai fatti, di avere molti punti di forza nei confronti del grande vicino che, senza il supporto cinese con l’acquisto di petrolio e con la fornitura di indispensabili tecnologie, non avrebbe mai potuto portare avanti con successo l’offensiva contro l’Ucraina. Nei circoli politici prevale la convinzione che la nuova politica di Trump, per le divisioni che sta provocando, aumenti la debolezza dell’Occidente e che, per la sua improvvisazione, metta ancora una volta in dubbio la continuità dell’amicizia degli Stati Uniti nei confronti dei suoi storici partner. Nei calcoli cinesi non si esclude tuttavia l’ipotesi che, in futuro, il cambiamento di fronte che l’America sta oggi mettendo in atto nei confronti dell’Unione Europea possa ripetersi anche con la Russia. A Pechino si è infatti convinti che Washington possa sempre cambiare politica con il mutare dei propri interessi.

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Da questa prudente analisi nascono, da parte cinese, prospettive non certo scontate, a partire persino dall’eventualità di inviare truppe di pace in Ucraina. E non può essere ritenuta casuale la mancanza di qualsiasi dichiarazione sulla destinazione definitiva dei territori conquistati dalla Russia nella guerra di Ucraina. Detto questo, non è certo piaciuto al governo cinese che Putin abbia allacciato il filo diretto con Washington senza avvisare, anche se il problema non viene drammatizzato dato che i rapporti di forza esistenti fra Cina e Russia sono talmente sbilanciati, in favore della Cina, da far ritenere irrealistico che la pace in Ucraina possa essere conclusa in un gioco ristretto fra Russia e Stati Uniti, senza tenere conto del gigante asiatico. D’altra parte la Cina non ha certo alcun incentivo ad allontanarsi da Putin quando non esistono prospettive concrete di un allentamento delle tensioni con gli Stati Uniti.

La politica tariffaria americana è oggi il concreto incubo della Cina, che ha finora trovato nel suo enorme flusso di esportazioni verso gli Stati Uniti e verso l’Europa un parziale sbocco per la sua esorbitante capacità produttiva.

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Un problema talmente grave da obbligare ad un radicale cambiamento della stessa politica interna cinese. Nel discorso di apertura del Congresso del Partito del Popolo che pone le basi della politica annuale, il Primo Ministro Li Qiang ha infatti annunciato un radicale cambiamento di rotta dell’economia, puntando in modo prioritario sull’aumento dei consumi interni, ora depressi dalla crisi edilizia e dalle incertezze sul futuro. Non sarà facile mettere in atto questo proposito, ma la priorità con cui è stato presentato, come condizione per mantenere il tasso di crescita del 5%, è l’importante nuovo messaggio di Pechino.

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Gli imprevisti avvenimenti degli ultimi giorni stanno aprendo una nuova attenzione cinese nei confronti dell’Europa. Prima di tutto per il giustificato timore che la chiusura americana possa provocare un analogo aumento delle tariffe anche da parte europea, con un’ulteriore ripercussione sull’economa cinese. Non mancano però vive attenzioni sulla possibilità che si possa concordare una politica di collaborazione fra Europa e Cina per evitare il collasso dell’economia mondiale.

Tutta la storia passata sta a dimostrare come questo non sia un obiettivo semplice. Per anni si sono consumati incontri e negoziati che, anche per le tensioni nella politica internazionale, hanno portato a crescenti chiusure da parte cinese e a un parallelo allontanamento da parte europea. Ciò che è stato impossibile condurre in porto in molti decenni non è certo facile da fare progredire con la rapidità oggi necessaria. Siamo però di fronte a circostanze inedite che stanno cambiando il mondo e diviene doveroso gestirne le conseguenze, ritenendo raggiungibile anche quello che nel recente passato sembrava impossibile.

A quasi cento anni di distanza dalla grande crisi del 1929 bisogna usare ogni mezzo per evitare che cominci una spirale verso il basso che, se non fermata in tempo, sarà poi impossibile arrestare in futuro.





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