la discriminazione di genere a Venezia e in Veneto

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La giornata internazionale della donna, come ogni 8 marzo, diviene un giorno in più di riflessione sulle diseguaglianze e le discriminazioni di genere persistenti non solo nel mondo, ma anche nel nostro territorio. I dati dell’osservatorio regionale sul mercato del Lavoro dicono che la differenza di occupazione tra uomini e donne continua a essere elevata in Veneto: 15,2 punti percentuali (dati 2023), sebbene in lieve miglioramento rispetto al 2022. Un vero fardello che l’Italia continua ad avere rispetto a tanti paesi Europei. Ma differenze esistono anche nei salari e nella qualità del lavoro.

I dati in provincia di Venezia

Per quanto riguarda il territorio veneziano, la situazione sui contratti mostra differenze abissali: tra gli uomini poco più del 17% è impiegato part time, mentre per le donne il dato è al 50%. Tra le ragioni ci sono i part-time involontari e obbligati, nota la Cgil di Venezia che ha diffuso i dati Inps, che in molti settori (soprattutto nei servizi) sono pratica diffusa, ma anche la il ruolo di cura che molto spesso nelle famiglie è affidato esclusivamente alle donne, con una pesante ricaduta in termini salariali.

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Anche la precarietà del lavoro risulta maggiore tra le lavoratrici: se il 71,5% dei lavoratori ha un contratto a tempo indeterminato, le donne con contratti non precari sono solo il 63,9%. Una differenza che viene assorbita dai contratti a tempo determinato e dai contratti stagionali. Allarmano in questo caso le forti differenze sulla retribuzione: una donna con un contratto a tempo indeterminato, mediamente percepisce 22.360€ lordi all’anno (un collega maschio 31.987€), mentre una donna con un contratto a tempo determinato ne percepisce mediamente 10.213€ e una donna con contratto stagionale 8.482€.

I dati smentiscono il legame tra diversi settori di impiego e differenze salariali per genere. Se da un lato è vero che mediamente il settore manifatturiero (che ha una prevalenza maschile) paga di più, è anche vero che negli stessi settori le donne guadagnano mediamente di meno. In generale, le lavoratrici in termini numerici prevalgono nel turismo, nel commercio e nei servizi alle imprese, oltre a rappresentare la grande maggioranza degli occupati in istruzione e sanità private.

Nei contratti atipici, come i somministrati e i parasubordinati, il quadro risulta ancor più impressionante. Anche nei contratti di somministrazione le donne guadagnano il 30%, in una tipologia contrattuale che le vede quasi eguagliare numericamente i colleghi uomini (9899 uomini, 8134 donne). Nei contratti di collaborazione si raggiunge il gender pay gap in assoluto più alto, con una differenza di quasi 14.000€ annui tra i collaboratori e le collaboratrici.

Il Veneto, poche imprenditrici, troppe non occupate

L’Osservatorio regionale Mercato del Lavoro di Veneto Lavoro ha diffuso invece alcuni dati sul piano regionale. Nell’arco di 10 anni le donne occupate in Veneto sono aumentate del 20% e nel 2023 risultano complessivamente 974.000. Ad aumentare è anche il loro peso sul totale degli occupati (dal 39,8% al 43,8%), nonostante la contrazione della popolazione femminile in età lavorativa, a segnalare una maggiore permanenza o un più frequente ingresso (o rientro) nel mercato del lavoro. 

Il divario occupazionale di genere (gender employment gap) rimane però ampio (15,2 punti percentuali contro i 17,9 della media nazionale), ma in diminuzione rispetto agli anni precedenti e diversificato in base alle fasce d’età. Se infatti per le giovani donne di età compresa tra i 15 e i 24 anni il valore è pari a 8,8 punti percentuali, al crescere dell’età aumenta sensibilmente, arrivando a raggiungere i 18,2 punti per le donne over 50. La crescita dell’occupazione femminile è inoltre correlata a un incremento del lavoro part-time, che nel 2023 raggiunge un’incidenza del 36% sul totale.

Nel 2024, le lavoratrici assunte sono state complessivamente 255.380 (-3% rispetto al 2023), su livelli superiori rispetto a quelli registrati in periodo pre-pandemico. A crescere sono in particolare le assunzioni di donne giovanissime (<19 anni, +2%), grazie alle maggiori opportunità di sperimentarsi nel mercato del lavoro anche con brevi esperienze come il somministrato, e le assunzioni di donne over 60 (+13%), mentre calano quelle relative alle fasce centrali, segnando quello che, tradizionalmente, risulta essere il periodo di maggior difficoltà per le donne impegnate a conciliare vita personale e lavoro. Dal 2008 a oggi, le posizioni di lavoro occupate da donne sono aumentate di quasi 160.000 unità, superando la crescita di quelle maschili (+151.000 unità).

Il bando per le imprese femminili

Ieri la regione Veneto ha anche lanciato un bando per favorire l’imprenditoria femminile. Che in questo territorio latita: le imprese guidate da donne sono una su 5 (il 20,6% del totale), con una incidenza inferiore alla media italiana che è del 22,2%. «L’autoimprenditorialità può essere per le donne un mezzo per inserirsi nel mondo del lavoro, realizzando le aspirazioni professionali, ottenendo maggiore indipendenza e risultati economici gratificanti; ma rappresenta anche un potenziale di sviluppo per l’intera regione che deve essere incentivato per favorirne l’innovazione e la crescita – ha detto l’assessore Roberto Marcato – Il bando per l’erogazione di contributi alle PMI femminili va proprio in questa direzione, agevolando le donne che vogliono essere protagoniste dell’impresa e dello sviluppo produttivo della nostra terra. Dal 2017 al 2024, grazie a questo bando a cadenza annuale, abbiamo finanziato 1.085 imprese con 22.630.000 euro, attivando investimenti per 72,5 milioni». Un modo concreto per celebrare, non festeggiare, l’8 marzo.

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