«Le donne non sono mai state semplici spettatrici degli eventi bellici»

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L’Associazione nazionale alpini (Ana) di Verona ha celebrato questa mattina la Giornata internazionale dei diritti delle donne al Sacrario Militare commemorando Giuseppina Orlandi, l’unica donna tra le spoglie di quasi 4mila soldati. Nata in Umbria, nel borgo di Orvieto costruito nel tufo, durante la Grande Guerra si arruolò nel Corpo delle Infermiere Volontarie della Croce Rossa Italiana. Morì a 33 anni, nel 1918, all’ospedale militare di Isola della Scala. Il suo nome, e dunque la presenza di quest’unica salma femminile custodita al piano interrato, è stata rilevata quasi per caso dai ricercatori del Centro Studi dell’ANA Verona che, confrontando documenti e reperti, cercano instancabilmente a distanza di oltre un secolo, di ricostruire per quanto possibile le storie dei molti militari che qui riposano.

«Le donne – ha evidenziato il presidente dell’Ana Verona Maurizio Trevisan non sono mai state semplici spettatrici degli eventi bellici: sono state guaritrici, combattenti, messaggere, operaie, portatrici di speranza. Durante la Prima Guerra Mondiale, le infermiere della Croce Rossa e di altre organizzazioni umanitarie hanno sfidato il pericolo per curare i feriti, spesso pagando con la vita il prezzo del loro servizio. E come dimenticare le Portatrici Carniche? Donne straordinarie che, con le loro gerle cariche di munizioni e viveri, affrontavano il gelo e i sentieri impervi delle montagne per sostenere i soldati italiani al fronte. Madri, sorelle, figlie che portavano sulle spalle il peso della guerra e nel cuore l’amore per la patria. Maria Bergamas, madre di un soldato disperso, divenne il simbolo del dolore di tutte le famiglie italiane. Fu lei a scegliere, nel 1921, la salma del Milite Ignoto, racchiudendo in quel gesto il lutto e l’orgoglio di un’intera nazione. Nella Seconda guerra mondiale, le donne non si tirarono indietro. Irma Bandiera, partigiana, subì torture indicibili senza tradire i suoi compagni, dimostrando un coraggio incrollabile. Giorgina Levi rischiò la vita per portare messaggi e armi alla Resistenza. E come non ricordare Norma Cossetto, giovane martire istriana. E poi Tina Anselmi, che da ragazza scelse la strada della libertà, diventando staffetta partigiana e, dopo la guerra, una delle figure più luminose della nostra Repubblica».

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Trevisan ha poi aggiunto: «Oggi, nelle missioni internazionali di pace, il ruolo delle donne è più che mai essenziale. Sono medici, soldati, diplomatiche, volontarie, pronte a ricostruire dove la guerra ha distrutto, a proteggere chi è più vulnerabile, a portare speranza dove tutto sembra perduto. Chiara Castellani, medico coraggioso, da anni opera in Africa in condizioni estreme, sfidando guerre e povertà con una forza straordinaria».

Ad intervenire è stata anche l’assessora alla sicurezza Stefania Zivelonghi: «Oggi è la festa nazionale dei diritti della donna, non la giornata della festa della donna, come qualcuno con una narrazione assolutamente impropria definisce l’8 marzo. Nel Sacrario militare del cimitero Monumentale di Verona ricordiamo Giuseppina Orlandi, unica donna tumulata insieme a 4mila soldati caduti durante la Seconda guerra mondiale. Una crocerossina che è morta a 33 anni a Isola della Scala ed è qui sepolta in rappresentanza di tutte le donne che hanno avuto e hanno un ruolo specifico e primario all’interno dei conflitti del passato. La memoria del passato sia riflessione per il presente, che vede numerose guerre, anche in territori vicini al nostro, e che sente risuonare parole di guerra. Nei conflitti – ha ricordato Zivelonghi – le donne svolgono un ruolo primario, sono combattenti, ausiliarie, sono la resistenza ma sono anche soggetti che sorreggono la vita delle comunità alle quali poi i soldati fanno ritorno. Ma la donna è anche altro: il dolore delle madri per i figli al fronte, e l’oggetto di violenza sistematica in caso di occupazione. La donna è la forza procreatrice e generatrice di un popolo, ne rappresenta l’identità. Colpire il corpo delle donne significa colpire quel popolo. Come comunità riflettiamo sulla nostra storia e sui giorni verso cui stiamo andando».



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