Pazza idea. Ambiente e paesaggio vanno difesi assieme perché (ugualmente) tutelati dalla Costituzione- ilVizzarro –

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La follia di una decarbonizzazione condotta col metodo della distruzione di ecosistemi e biodiversità e con l’incremento del consumo di suolo promana direttamente dalle fondamenta del sistema economico e sociale in cui siamo immersi, vale a dire dal culto dello sviluppo e dalla religione della crescita, inseparabili da uno sfruttamento forsennato di tutte le risorse energetiche a disposizione. È questo contesto frenetico e necrofilo a dare un senso a questa insensatezza, mossa in definitiva da un unico obiettivo: riprodurre all’infinito un modello la cui finitudine continua ad affermarsi tragicamente (Miguel Amoros).

Siamo ormai soltanto svilite pedine di un gioco perverso alle cui regole si attiene il progetto di trasformazione di Gaza in Miami partorito da Trump che, date le premesse, non può destare stupore : la gestione della transizione energetica appaltata al mercato e alle grandi imprese, la riduzione forzata delle aree rurali e forestali calabresi in aree industriali consacrate alle FER, la conseguente deportazione di allevatori, agricoltori, apicoltori, escursionisti e titolari di agriturismi dai luoghi in cui vivevano e operavano risponde alla stessa logica che conferisce alle piscine, alle palme, agli albergazzi e agli altri emblemi del turismo da ricchi supremazia sul diritto alla vita e al radicamento territoriale di una popolazione. Il video diffuso recentemente da Trump è più illuminante che sconcertante: dimostra che la sacra economia, in nome della quale politici proni ai voleri dei potentati finanziari ci stanno governando, non tollera ostacoli agli affari (siano pure gli abitanti di un’area geografica) e coglie ogni occasione per alimentare la sua dismisura e le sue pulsioni liberticide e omicide. La sua essenza è la guerra per l’ accaparramento delle risorse, accoppiata alla ricerca di sempre nuove frontiere dell’ affarismo.

Il tracotante Trump è un rivelatore assoluto della violenza a cui siamo sottoposti così come lo sono le truppe ausiliarie delle rinnovabili stragiste, che non si inseriscono armonicamente nel territorio e nel paesaggio ma lo infettano e lo degradano per il profitto di pochi e per garantire – citiamo ancora Miguel Amoros – l’estensione illimitata di un’urbe fagocitante disconnessa organicamente e separata dall’ ambiente circostante, indifferente tanto alle modalità di approvvigionamento dell’ acqua e dell’energia che consuma quanto al destino della sua immondizia e dei suoi sprechi. Sono troppi i boschi calabresi trasformati negli ultimi anni in ammassi di cemento e ferraglia, monumenti di una marcia mortale che in tutto il mondo annichilisce scrigni di biodiversità capaci di assorbire gas climalteranti e acqua piovana mentre sradica comunità umane edificate su risorse e culture locali e rende con lo sfruttamento energetico le loro terre ancestrali tristi satelliti di agglomerati urbani altrettanto tristi. Presupposto e strumento di questo scempio è in Italia il martirio della Costituzione repubblicana, condotto dai vari Draghi e Pichetto Fratin a colpi di decreti eversivi e cuciti su misura di un’iniziativa economica privata resa libera di incamerare copiose sovvenzioni statali e di operare a danno dell’ambiente e contro la libertà, la sicurezza, la salute e la dignità dei cittadini.

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La sospensione della prassi democratica si fonda su un meccanismo di carta straccia ben descritto da Paolo Cacciari in un testo chiaro e ferrato che vale la pena citare in lungo e in largo: la giustificazione usata da questo come dai precedenti governi per scavalcare quanto il diritto ordinario prevede, anche nel caso degli impianti energetici [ … ], è la prospettazione di un interesse nazionale superiore, di una emergenza per la sicurezza pubblica, come un’epidemia o una guerra. [ … ] La “ superiore necessità “ sarebbe rappresentata dalla lotta al cambiamento climatico condotta con la decarbonizzazione della produzione di energia. Secondo questa impostazione si apre quindi un conflitto tra due esigenze ugualmente tutelate dalla Costituzione: il paesaggio, da una parte, e, dall’altra, la tutela dell’ ambiente, inteso in senso ampio, come la preservazione delle condizioni di vita sulla Terra. [ … ]  Due esigenze che secondo alcune interpretazioni ( la più nota quella dell’ex ministro Enrico Giovannini) andrebbero quindi mediate e tra loro equilibrate: in pratica, un po’ meno di paesaggio è un po’ più di rinnovabili . [ … ] Sembra un discorso di buon senso ma non lo è, né in punta di diritto né praticamente. È evidente che ci troviamo di fronte a un errore giuridico basato su un presupposto sbagliato. I valori elencati nella prima parte della Costituzione ( cultura, ricerca, patrimonio storico e artistico, paesaggio e ora anche ambiente, ecosistemi, biodiversità e animali ) si sommano e si completano a vicenda, senza un ordine gerarchico di importanza e godono ognuno del medesimo status e rango. Sono intangibili e inalienabili. Non sono a disposizione di alcun interesse particolare. Tocca agli organi di governo della Repubblica trovare delle soluzioni che contemplino l’insieme dei diritti costituzionali; il sacrificio di alcuni sarebbe comunque arbitrario. Sembra invece che lo schema bellico del sacrificio [ … ] venga usato troppo spesso dai governi per aggirare  gli ostacoli [ … ].

Occorre quindi sfatare l’idea che la tutela del paesaggio e la lotta al cambiamento climatico siano obiettivi impossibili da raggiungere contestualmente. Peraltro quest’idea balzana è confutata ogni anno dall’ISPRA nei suoi rapporti sul consumo di suolo, che considerano gli obiettivi di produzione energetica da fonti rinnovabili al 2030 raggiungibili impiegando le sole superfici già compromesse, la cui ragguardevole estensione in chilometri quadrati  è paragonabile a quella dell’ Umbria. Ma occorre anche evitare che la crisi ecologica, complessa e profonda, venga ridotta al solo cambiamento climatico. Le quote di denaro dei cittadini destinate alla transizione energetica non si accompagnano a una riduzione né del prelievo smodato di risorse naturali né dell’immissione crescente nella biosfera di rifiuti, scorie, sostanze tossiche non biodegradabili e nocive alle specie viventi. Al contempo occorre associare le battaglie ecologiste a quel compito della Repubblica sancito dall’articolo 3 della Costituzione: la rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

La transizione ecologica, sembrano suggerire i costituenti premonitori, può solo essere un passaggio da una condizione sociale – impastoiata da ostacoli insormontabili per moltitudini afflitte da povertà e disuguaglianza – a un’altra completamente diversa, più equa, democratica e favorevole al pieno sviluppo della persona umana nel suo contesto ecologico e sociale. Per cui rivendicazioni ambientali e lotte sociali devono procedere insieme ben amalgamate; se non si toglie di mezzo il ricatto occupazionale, con un bel reddito di base universale e incondizionato, la sovranità del popolo sulle scelte da adottare a proposito di rigenerazione degli ecosistemi e conversione energetica sarà una chimera. La sanità  pubblica e gli altri servizi dello stato sociale delineato dalla Costituzione smetteranno di subire una continua emorragia di risorse a favore delle lobby del cemento e dell’energia solo se il mondo del lavoro, dalla stessa sponda di quello ecologista, seppellirà con una pernacchia il prossimo sciacallo che si farà paladino delle persone normali minacciate dalla transizione ecologica voluta dai figli di papà di sinistra e dai poteri forti.

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