Portuali di Perla Sardella, vincitore del Festival dei Popoli 2024, racconta le lotte dei lavoratori del porto di Genova in piena pandemia.
Delle sedie spostate. Altre ancora in movimento dopo che qualcuno si è appena alzato. Il faro di Genova che si staglia sui container del porto, avvolto nella nube nera di pneumatici infuocati. Queste sono alcune delle immagini che accompagnano Portuali di Perla Sardella. Il film, nel concorso italiano del Festival dei Popoli 2024, si è aggiudicato il premio “Gli Imperdibili” ed è distribuito in sala a partire dal 3 marzo con OpenDDB Distribuzioni dal basso.
Le immagini da dove si è partiti sono lo sfondo di quello che succede fra una assemblea e l’altra, fra una manifestazione e l’altra. Nel mezzo ci sono volti e parole di chi vuole migliorare il proprio mondo e, di conseguenza, ciò che lo circonda. Proprio in quel momento storico in cui tutto si è fermato, durante la pandemia. Si è cristallizzato tutto. Tranne la sanità, l’istruzione e, per l’appunto, i porti. Perché le merci, quelle, non hanno mai smesso di muoversi, come le idee e le suggestioni.
Le merci di tutti i giorni, dai beni di prima necessità, a tutto quello che è stato trasportato tramite l‘e-commerce selvaggio. Purtroppo, anche le armi che hanno alimentato i vari conflitti nati prima, durante e dopo la pandemia. Dal conflitto in Yemen (iniziato nel 2014) fino all’invasione dell’Ucraina nel 2022. Ed è proprio contro queste ultime che i portuali hanno iniziato una loro guerra personale.
Palazzina Laf – Il film sull’Ilva di Taranto vince ai David di Donatello 2024
Una guerra fatta di scioperi contro le “navi delle armi” da parte del C.A.L.P., Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali di Genova dal 2019 al 2023. Loro, in quanto lavoratori e padri di famiglia, hanno trovato intollerabile il passaggio di queste navi senza problemi. Ci sono state le iniziative per salvaguardare le famiglie di popoli lontani e le proprie. La famiglia non biologica dei lavoratori che abbraccia non solo il porto di Genova ma anche quello di Livorno e di Trieste. Sono i principali snodi commerciali del Mediterraneo. Se si fermano, chi comanda inizia ad avere paura per davvero.
Anche le famiglie biologiche, come quella di Martina Rossi, una ragazza morta nel tentativo di sfuggire a una violenza sessuale nel 2011. Una lotta su un altro tema caldo: la violenza di genere. La ricerca di giustizia da parte della famiglia, in particolare del padre Bruno. Un membro della vecchia guardia dei lavoratori portuali. Come molti altri, ha visto i cambiamenti che ha subito nel corso dei decenni questo settore. Una guida per le lotte e tutti i lavoratori più giovani. Portando avanti una filosofia di vita che risale a molto più indietro.
Capo e croce – Le ragioni dei pastori: un soffio di speranza
«A un salario sbagliato corrisponde un lavoro fatto male.» Così gli diceva il suo di padre. Un altro modo di pensare che si rivolge ai giovani di oggi che hanno in mano un mondo del lavoro complicato. Ci sono anche le loro voci nel quadro di Portuali. Quelle di una generazione figlia del consumismo, che ha generato l’attivismo derivato dall’ingiustizia. Un film che è fatto di storie e di frammenti. Parte di un quadro che deve essere visto facendo un passo indietro.
Portuali è un film fatto di parole e di corpi oltre che di eventi. Seguiamo le emozioni dei suoi personaggi più che le loro storie. Siamo più colpiti dalla voce che si rompe dall’emozione durante una manifestazione. E delle stesse vediamo degli stralci: mani che tengono gli striscioni, che reggono una sigaretta, che gesticolano animando un discorso. Mani che si stringono o braccia che restano conserte. Perché è nel non muoversi che avviene il vero movimento, l’agire nella sua forma più pura che viene ricercata.
Il cinema qua diventa un vero e proprio puzzle in cui gli altri pezzi sono i volti delle persone, in primi e primissimi piani. Si tratta di un documentario narrativo fino ad un certo punto. Non si limita infatti a documentare la lotta di una categoria lavoratrice. Mostra la Lotta nel suo senso specifico. La necessità del suo essere, le strategie per l’attuazione, l’atto pratico e le conseguenze di questi atti. Lo vediamo nel momento stesso in cui questi sentimenti emergono. per creare una connessione maggiore. «La fisionomia e la mimica sono le forme più soggettive d’espressione di cui l’uomo disponga». Così affermava lo scrittore e regista ungherese Béla Balázs (1884 – 1949).
Uomini in marcia – Diritti del lavoro e dell’ambiente al Clorofilla Film Festival
Portuali è un film fatto di mimica, di vuoti, di sfondi, ma anche di cinema come strumento di inganno oltre che di indagine. Il film si apre, infatti con delle immagini di repertorio che ci portano nel luogo dell’azione: Genova. Entriamo in città passando sotto il vecchio Ponte Morandi, raggiungiamo i docks, i container, le navi. Gli operai all’opera che spostano la sabbia. E qui tramite la sabbia che scorre ci accorgiamo dell’inganno: le immagini si stanno muovendo all’indietro.
Arriviamo a una vecchia riunione sindacale. Vediamo i volti dei lavoratori che parlano e discutono. Una riunione sindacale del passato documentata da una fotografia che viene mostrata su di una webcam oggi. L’immagine di repertorio, su scelta della Sardelli, non è utilizzata per copertura, ma per guardare con attenzione. Un dialogo muto fra quello che è stato, quello che è e che dovrebbe essere. Il ponte per un viaggio che lasciamo per riflettere con quelle medesime immagini d’apertura. Sempre con un falso movimento, lasciamo il Morandi. Non riusciamo realmente ad andarcene. Il passato e il presente sono una cosa sola. E il futuro? È in divenire come una improvvisazione jazz che ci accompagnano dentro la storia e verso i titoli di coda.
Portuali – I lavoratori del porto di Genova contro le navi delle armi
ultima modifica: 2025-03-09T00:12:35+01:00
da
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link