Rischi e opportunità per l’Italia dalla svolta in Germania sul deficit

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Partecipando al Consiglio europeo, il cancelliere uscente Olaf Scholz ha chiesto ieri che l’Unione Europea sospenda il Patto di stabilità per consentire agli stati comunitari di aumentare la spesa per la difesa. La svolta della Germania sul deficit è diventata ufficiale. Per quanto in parte attesa da mesi, è arrivata con irruenza e con cifre impensabili solo fino a pochi giorni fa. Il cancelliere “in pectore” Friedrich Merz, vincitore delle elezioni federali a febbraio, sta negoziando con i socialdemocratici un piano di spesa in disavanzo fiscale per 1.000 miliardi di euro in 10 anni. Ai valori attuali del Pil tedesco, implicherebbe un aumento del debito pubblico dal 63% del 2023 a circa l’85%.

Germania punta sul deficit dopo decenni di austerità

L’economia tedesca è in recessione da due anni e rischia di esserlo anche nel 2025. Tra pandemia prima e guerra dopo e dazi adesso, la sua macchina produttiva si è fermata. Il grande pericolo per la Germania consiste nel perdere preziosi mercati di sbocco per le sue merci come Stati Uniti e Cina. Il modello economico adottato negli ultimi decenni è stato impostato esclusivamente sulle esportazioni, anche a costo di comprimere la domanda interna e di deteriorare le infrastrutture domestiche. Gli avanzi di bilancio in era Merkel sono stati maturati a discapito del futuro.

Il fautore di quella politica di austerità fiscale (“Schwarze Null”), abbracciata un po’ trasversalmente dai partiti tedeschi, fu Wolfgang Schaeuble. L’ex ministro delle Finanze tra il 2009 e il 2017 e successivamente presidente del Bundestag dal 2017 al 2021 è morto alla fine del 2023. Se fosse ancora in vita, probabilmente non riconoscerebbe più la sua Germania su un tema così sensibile come il deficit.

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Berlino parla come Roma o Parigi. Già questa è una rivoluzione per i canoni teutonici.

Spread giù, ma rendimenti italiani su

L’esplosione dei rendimenti tedeschi, tuttavia, induce alla prudenza. Sta avendo l’effetto di aumentare anche tutti gli altri rendimenti dei titoli di stato europei, pur in misura inferiore. Per questo gli spread si sono ristretti. Quello tra BTp e Bund è arrivato a scendere sotto i 100 punti base per la prima volta dal 2021. E’ una notizia dolceamara per l’Italia. Da un lato, la dimostrazione che il mercato stia riponendo relativamente maggiore fiducia sui nostri titoli del debito. Dall’altra, la conferma che i costi di emissione per il Tesoro rischiano di aumentare nei prossimi mesi, trascinando al rialzo la già alta spesa per interessi.

Ecco perché l’Italia non si vuole permettere il lusso di sprecare un’occasione storica, quella di mostrarsi relativamente più “austera” dell’ex austera Germania sul deficit. Gli investitori scontano proprio un simile scenario, non già per ragioni ideologiche, bensì per gli scarsissimi margini fiscali di cui disponiamo. La nostra spesa militare crescerà verosimilmente meno di quella tedesca in rapporto al Pil. In caso contrario, corriamo il rischio di indisporre i mercati e di ritrovarci con uno spread più alto. Non sarebbe una buona notizia.

Nel frattempo, godiamoci i CDS a 5 anni, titoli che assicurano contro il rischio di default, ai minimi dal 2008.

Opportunità e rischi per economia italiana

Ma la svolta della Germania sul deficit può essere per l’economia italiana una buona occasione anche andando oltre i conti pubblici. Se il Pil tedesco accelerasse la crescita, le nostre esportazioni verso la prima economia europea aumenterebbero, sostenendo la nostra di crescita. Un esempio lo offre la joint venture paritetica appena istituita dalle società della difesa Leonardo e Rheinmetall. Gestirà una prima maxi-commessa da 23 miliardi in 10 anni e accrescerà i mezzi militari italiani di 280 carri armati e 1.000 mezzi di fanteria. La dimostrazione di come il riarmo perseguito da Berlino possa fare bene alla produzione industriale italiana, che ha tanto bisogno di tornare a crescere dopo quasi 2 anni ininterrotti di contrazione.

Tornando ai rischi, una Germania che cede al deficit può all’apparenza farci tirare un sospiro di sollievo dopo decenni passati a parlare di rigore dei conti pubblici. Tuttavia, l’ortodossia tedesca ha consentito alla Banca Centrale Europea prima e all’Unione Europea dopo di intervenire a sostegno dell’intera economia continentale nei momenti difficili. Come? Sfruttando l’affidabilità del principale azionista e i suoi rating tripla A per varare rispettivamente una politica di allentamento monetario ed emissioni di debito comune a basso costo. Se la Germania si normalizzasse, il suo ombrello sotto cui si sono riparate le altre economie europee si restringerebbe. Le munizioni a disposizione di Francoforte e Bruxelles diminuirebbero e in caso di bisogno dovremmo fare minore affidamento sui loro sostegni.

Germania sul deficit tornerà indietro?

Possibile uno scenario così fosco per un aumento del debito tedesco non così imponente, alla fine dei conti? La Germania ha opposto per decenni resistenza alla “droga” del deficit, pur sfuggendo alle riforme strutturali, ad eccezione dei primi anni Duemila con il cancelliere socialdemocratico Gerhard Schroeder. Una volta che vi cederà, siamo sicuri che riuscirà a farne successivamente a meno? E’ vero che i tedeschi sono diversi dagli altri popoli, ma ovunque la spesa pubblica in deficit ha portato all’estrema difficoltà di tornare indietro.

Trattasi pur sempre di stipendi e sussidi elargiti dallo stato e che risulta complicato tagliare o coprire alzando le imposte, specie se già parliamo di un’economia con elevata pressione fiscale. Il rischio è che la Germania si stia lasciando definitivamente alle spalle una storia di successo in fatto di gestione dei conti pubblici.

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