C’è una categoria di pensionati che verrà penalizzata, previsto un ulteriore taglio con gravi danni per le’economia delle famiglie
Il taglio e la rivalutazione delle pensioni è un argomento che tocca da vicino una grossa fetta della popolazione. A Tal proposito il 29 gennaio 2025, la Corte Costituzionale esaminerà i ricorsi contro il taglio alla rivalutazione delle pensioni all’inflazione, una misura introdotta dal governo Meloni. I ricorsi, originati da due ex presidi e sostenuti da un’ampia mobilitazione su Facebook, hanno guadagnato il supporto di organizzazioni come la Cida (dirigenti) e l’Anm (magistrati), che si sono unite attraverso un atto di intervento. Questo evento rappresenta un’importante sfida per la tenuta del sistema previdenziale e per l’equilibrio tra i diritti dei pensionati e le esigenze di bilancio dello Stato.
Da un lato, i ricorrenti sostengono che il taglio violi i principi costituzionali, riducendo strutturalmente il valore delle pensioni. L’accusa evidenzia come la manovra, introdotta in un contesto di espansione economica e senza crisi finanziarie, crei un “effetto trascinamento” permanente. Dall’altro lato, l’INPS e la Presidenza del Consiglio difendono la misura come necessaria per garantire la stabilità dei conti pubblici. La manovra, infatti, avrebbe generato un risparmio cumulativo di 37 miliardi di euro nel biennio 2023-2024, con impatti calcolati fino al 2032.
La Corte dei Conti toscana, nella sua ordinanza, ha sottolineato che la misura rappresenta un risparmio strutturale per lo Stato, riducendo la base su cui si calcolano le rivalutazioni future. Questo, secondo la giudice Nikifarava, rende il taglio potenzialmente definitivo, contraddicendo la natura temporanea dichiarata dal governo. Inoltre, il taglio non trova giustificazione in un contesto di emergenza economica, come avvenne per precedenti provvedimenti, ma è inserito in una manovra espansiva, approvata in un periodo di sospensione delle regole del Patto di Stabilità europeo.
La Consulta si trova di fronte a un dilemma complesso: bilanciare la stabilità dei conti pubblici con il diritto dei pensionati a vedere tutelato il proprio potere d’acquisto. Se da una parte è improbabile che il governo venga obbligato a rimborsare integralmente i pensionati, dall’altra un eventuale annullamento della misura potrebbe creare un precedente importante. La decisione, attesa con grande interesse, potrebbe influenzare non solo il futuro delle pensioni in Italia ma anche la gestione delle politiche fiscali in un periodo di riforme previdenziali cruciali.
Rivalutazione 2025: Un Ritorno alle Regole Originali
Dal 2025, il meccanismo di rivalutazione delle pensioni torna a seguire le regole originarie stabilite dalla legge del 1998, con adeguamenti più equi per i trattamenti superiori a quattro volte il minimo INPS. La rivalutazione parziale, pari al 90% del tasso tra quattro e cinque volte il minimo, e al 75% per importi superiori a cinque volte, rappresenta un miglioramento rispetto alle restrizioni degli ultimi due anni. Tuttavia, il tasso di rivalutazione previsto per il 2025, pari allo 0,8%, sarà notevolmente inferiore rispetto agli adeguamenti degli anni precedenti (8,1% nel 2023 e 5,4% nel 2024).
Una novità controversa riguarda i pensionati residenti all’estero, che saranno esclusi dalla rivalutazione per il 2025, ad eccezione di coloro che percepiscono un importo inferiore al trattamento minimo INPS (603,39 euro per il 2025). Questo provvedimento, previsto dall’articolo 27 della legge di Bilancio, mira a liberare risorse da destinare ad altre misure. Per i pensionati all’estero, ciò significa che gli importi percepiti nel 2025 rimarranno invariati rispetto al 2024, salvo rare eccezioni.
Impatti economici ridotti dalla bassa rivalutazione
L’impatto della mancata rivalutazione per i pensionati all’estero sarà limitato, considerando il tasso di rivalutazione molto basso per il 2025. Per i pensionati con importi maggiori, la perdita ammonterà a poche decine di euro annuali, mentre per i meno abbienti si parla di un incremento di circa 5 euro al mese per portare le pensioni al minimo aggiornato. In ogni caso, il peso economico della misura risulterà meno rilevante rispetto agli adeguamenti degli anni precedenti.
L’esclusione dei pensionati all’estero dalla rivalutazione è una scelta criticata da molte parti, ma considerata strategica dal governo per il recupero di risorse utili ad altre iniziative. Secondo l’INPS, circa 310.000 pensionati italiani risiedono all’estero, con un costo complessivo annuo di 1,6 miliardi di euro. Il risparmio generato dalla mancata rivalutazione contribuirà in minima parte a finanziare altre voci del bilancio statale, ma pone interrogativi sull’equità di trattare in modo diverso i pensionati a seconda della loro residenza.
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