Onorevole Nicola Zingaretti, qual è il senso per Roma di questo Giubileo in questo momento storico?
«In una fase drammatica, segnata dalle guerre, dalla crisi economica e sociale e quindi da diseguaglianze e da una profonda paura del futuro, il messaggio del Giubileo – ossia la speranza non delude, questa la denominazione dell’Anno Santo 2025 – renderà Roma la capitale mondiale di una bellissima prospettiva. Capace di disegnare, sia per i credenti sia per i laici, una scala di valori diversi e migliori».
Sta parlando di un ruolo anche politico del Giubileo?
«Culturale, sicuramente. Ma anche politico, nell’accezione migliore di questa parola. Perché la crisi delle democrazie occidentali sta nella perdita di speranza da parte di milioni di cittadini che si sentono soli e abbandonati. E perdono la fiducia nella possibilità di un futuro migliore. Qui c’è la radice dell’odio e della ricerca del capro espiatorio: nell’assenza, appunto, di una credibile speranza».
Quindi Roma, tramite l’Anno Santo, diventa player mondiale di una nuova stagione?
«Dovremo tutti impegnarci per valorizzare e per rilanciare il messaggio di papa Francesco. Non dobbiamo girarci dall’altra parte, come se questo messaggio non ci interessasse o dovesse interessare soltanto i fedeli in una dimensione religiosa».
Sta invitando il mondo laico e la politica a cogliere l’occasione dell’Anno Santo per dare di più?
«Sì. Voglio dire che il messaggio del Giubileo dovrebbe ispirare anzitutto politiche concrete e coerenza delle istituzioni. A nessuno sfugga l’enormità del gesto di papa Francesco nel dare alloggio ai poveri. Con quell’atto il pontefice, se posso permettermi d’interpretarlo, sta dicendo: non bastano le parole, occorre coerenza e un impegno pratico. Vale per tutti questo invito alla concretezza. E interpella direttamente la politica».
La quale che cosa può fare per fronteggiare questa fase storica di crisi e di paure?
«Deve sforzarsi sempre di più a pensare a un modello di sviluppo e di crescita che metta al centro la dignità umana, la persona, il bene comune. Combattendo le nuove solitudini tramite politiche fatte di riforme vere, di concretezza, di progetti di forte impatto per la crescita. Ad esempio, io credo che ci sia una drammatica sottovalutazione della rivoluzione digitale. Penso che stia cambiando i rapporti tra le persone, che annulli le distanze e addirittura sostituisca gli oggetti. In molti casi, elimina il lavoro. Non sono contrario all’innovazione digitale, ma credo che ci voglia un grande sforzo dell’umano per metterla al servizio della persona e non per opprimerla. La politica e la cultura non possono non interrogarsi su questo. E il Giubileo, anche su questo, è un’immensa occasione per pensare e per agire».
In questo cambio di paradigma, Roma come si pone?
«In uno degli incontri che ho avuto l’onore di avere con papa Francesco, quando ero presidente della Regione Lazio, fu lui a dirmi: ricordatevi che, dopo il Giubileo, nel 2033 ricorrerà il bimillenario della nascita di Cristo. Questa, aggiungo io, potrà essere un’altra meravigliosa occasione per rilanciare la proiezione nel mondo di una grande metropoli che, nel tempo degli odii e delle guerre, parla e pratica la pace, la solidarietà e lo sviluppo. Tra Giubileo e bimillenario di Cristo, dobbiamo sentire lo stimolo di questi importantissimi eventi. Non a caso, il logo dell’Anno Santo sono le persone che portano avanti la croce, cioè un messaggio di speranza che – ripeto – riguarda tutti ma proprio tutti».
Come è arrivata Roma a questo Giubileo e come ne uscirà?
«Mi sembra oggettivo che l’amministrazione Gualtieri, nel poco tempo a disposizione, abbia fatto scelte strategiche che si attendevano da tempo e intrapreso sforzi enormi per preparare la capitale a questo appuntamento mondiale che si preannuncia davvero, come ho cercato di spiegare finora, molto denso di possibilità».
Lei dice questo anche dal suo punto di osservazione europeo?
«Ma certo. Il Giubileo è essenziale per frenare le derive dell’egoismo nazionalista, e per riaffermare e rilanciare, in una situazione difficile, il grande sogno di Altiero Spinelli. Quello di un’Europa di pace e promotrice del benessere di tutti. In questa concezione del rilancio europeo, Roma è naturalmente decisiva».
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