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Agricoltura

 


di Nico Maccentelli

Nelle prossime settimane c’è chi avrà un po’ di tempo da passare per sé. Per questo ho pensato di consigliarvi alcune letture che spaziano dalla narrativa alla saggistica. Quattro opere non troppo impegnative, ma che squarciano il velo della narrazione mainstream su una serie di argomenti che sono d’attualità da decenni.

Iniziamo con un libro che è stato presentato a Villa Paradiso la scorsa settimana e che racconta delle torture che dei compagni del collettivo politico autonomo della Barona, un quartiere di Milano hanno subito dalla polizia, dell’ignavia complice della magistratura, a seguito delle indagini sull’uccisione del gioiellere Torreggiani, di cui come chi co segue sa bene è stato incolpato Cesare Battisti, che oggi sconta l’ergastolo nelle carceri italiane dopo essere stato catturato in modo illegale in Bolivia e deportato in Italia, mostrato come un trofeo da un ministro pentastellato e sotto il ludibrio dei media e di una politica bipartisan forcaiola.

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Il titolo è: Sei giorni troppo lunghi, autore Umberto Lucarelli, edizioni Milieu 2024, 112 pagine, € 13,50.
Qualcuno penserà che la tortura e le esecuzioni sommarie come quelle dei brigatisti in via Fracchia a Genova, siano retaggio di quel passato. In realtà questo sistema di potere rimetterà in campo le stesse dinamiche repressive se la situazione lo richiederà. Questo è bene saperlo. Ma anche la pratica ordinaria di repressione della “devianza” è da sempre parte del dna di polizia e carabinieri. Nella prefazione di copertina si legge: “I fatti risalgono a quaratacinque anni fa, ma da allora nulla è cambiato. Si continua tranquillamente a torturare e a uccidere, sia nelle carceri sia nelle questure, come confermano le cronache recenti da Cucchi ad Aldrovandi” Aldo Bianzino, Riccardo Rasman e altri aggiungo io, in un rosario di pestaggi e abusi violenti da parte di secondini e poliziotti. L’ultimo episodio, proprio a Milano, riguarda l’inseguimento di due ragazzi e la strana morte per strada in scooter di uno di questi: Ramy Elgami, e di cui sono stati poi incriminati i carabinieri di una gazzella. Episodio che ha dato vita a una vera e propria rivolta popolare, spacciata dalla stampa come criminalità dello spaccio e il Corvetto alla stregua di una “pericolosissima” banlieu. La violenza di Stato negli anni ’70 contrassegnava la prima “emergenza”, una prassi ben oliata tra governi, ministeri degli interni, massmedia e politici, che costitutì l’ossatura della controrivoluzione italiana nei confronti del movimento di classe rivoluzionario dell’epoca e delle sue organizzazioni. L’opera di Umberto Lucarelli ci riporta a quegli anni, la cui chiave di lettura è stata deformata dalla narrazione dei vincitori. Una precisazione va fatta però. Perché in quegli anni i partiti come il PCI e la DC facevano leva nelle loro organizzazioni di massa e nella società sul tema della violenza per criminalizzare le lotte autonome nelle fabbriche e sul territorio, mentre gli apparati di Stato non lesinavano sui morti nelle piazze e abbattuti nei conflitti a fuoco delle forze di polizia con le organizzazioni comuniste combattenti. Un nonsense che oggi è ancora più evidente, se pensiamo che gli eredi di tali partiti pseudo-comunisti e democristiani sostengono una violenza ben più grande e feroce, che è quella della guerra, come si vede in Ucraina, arrivando persino a giustificare il genocidio di un popolo, il palestinese, con l’argomento del “diritto di Israele a difendersi”. È bene quindi riservare tempo a letture come queste: sono istruttive per capire il nemico di sempre e le sue narrazioni false e ipocrite che trasformano gli sfruttati in delinquenti e gli antagonisti in terroristi.

Ma andando ancora più indietro negli anni, in fatto di criminalizzazione e assassinio, segnalo la lettura de La Trappola, diario d’Italia – Gli anni della contestazione e la bomba di piazza Fontana l’ultimo romanzo di Paolo Grugni, Laurana Editore, collana Rimmel, 736 pagine, € 22,80, un’opera che attraverso personaggi di fantasia come il protagonista: il commissario Malfatti, ci fa rivivere le vicende che scandirono l’attentato alla Banca Nazionale dell’Agricoltura del 12 dicembre del 1969, la montatuta verso gli anarchici del Ponte della Ghisolfa, l’assassinio di Pino Pinelli e l’incrimnazione di Pietro Valpreda. Ma non si pensi che questo sia un romanzo di pura fantasia. Grugni si serve sapientemente di personaggi mai esistiti per portarci nei fatti realmente accaduti e dei loro misteri, rimettendo in discussione con ricostruzioni attendibili le versioni ufficiali che sono passate alla storia come veritiere senza ombra di dubbio. Piu di settecento pagine che si leggono tutte d’un fiato e scandite da date che raccontano anche nei minimi dettagli i fatti di cronaca, politici, gli intrecci tra questura, personaggi della CIA, politici il cui ruolo non è mai emerso. Insomma una lettura che incurisisce avvince sempre di più chi di quegli anni conosce poco o nulla e intriga nelle ricostruzione chi invece li conosce, magari perché anche solo adolescente allora, e si èletto La strage di Stato e altre pubblicazioni che hanno cercato di fare luce sui sevizi segreti italiani, sul SID, ed esteri sulla CIA e sugli ambienti reazionari e contigui della partitocrazia, dell’industria e della finanza.
Possiamo dire che la criminalizzazione di oggi ha in quegli anni la sua primogenitura nell’affaire Valpreda.

Abbiamo prima citato Israele e la sua vergognosa difesa a opera della maggioranza dei media asserviti nostrani nella sua pratica di aggressione ai popoli arabi in Libano e in Siria e alla sua strategia genocida a Gaza e pulizia etnica in Cisgiordania contro la popolazione palestinese. Orbene è da un intellettuale Israeliano di grande levatura: Ilan Pappè, che proviene un’agile lettura il cui titolo già spiega di cosa tratta: Brevissima storia del conflitto tra Israele e Palestina, dal 1882 ad oggi, traduzione di Valentina Nicolì, Fazi Editore, collana Le Terre, 2024, pagine 144, € 15,00.
Un po’ come la guerra in Ucraina, che può essere spiegata e capita solo a partire dal golpe di Euromaidan del 2014 e l’ascesa al potere delle organizzazioni naziste banderiste come Svovoda e Pravy Sektor, anche la storia di questo conflitto, il più lungo e sanguinoso da oltre tre quarti di secolo in Medio Oriente, può essere compreso evidenziando lo scopo del sionismo nel suo colonialismo da insediamento suprematista ed etno-razzista, nel cancellare la stessa esistenza di un popolo espropriato pezzo per pezzo della sua terra: il popolo palestinese. Ci sono fior di commentatori, tutti a libropaga della potente hasbara sionista che continuano la manfrina mediatica di Israele, “la più grande demcrazia del Medio Oriente”, quando Pappè ci spiega molto bene che alla base del sionismo c’è la visione della “grande Israele”. Scrive Pappè:

“Nel 1974, un nuovo movimento messianico, poi divenuto il Gush Emunim, (‘Blocco dei fedeli’), avrebbe portato migliaia di ebrei in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Il suo slogan recitava:«La terra d’Israele per il popolo d’Israele secondo la Torah d’Israele». (…) Costoro fecero riferimento a una “mappa biblica” che indicava le aree palestinesi più denasamente popolate della Cisgiordania come obiettivi del loro insediamento. Cercavano di rendere gli insediamenti ebraici un fatto compiuto e il governo glielo permise.”

Quanto siano state “rispettate” le risoluzioni ONU e quanto la colonizzazione abbia proceduto bellamente alla loro faccia e quali mezzi Israele stia usando e non da oggi, lo lascio alla valutazione di lettori con un minimo di intelligenza e buon senso. E indubbiamente quest’opera, non certo antisemita perché realizzata da un ebreo progressista che come altri, come Gideon Levy, Moni Ovadia, Norman Finkelstein, Antony Loewenstein, in sintesi come buona parte del mondo ebraico, critica aspramente il sionismo, usando strumentalmente persino la Shoa per perseguire fini suprematisti che ben si integrano nel più generale suprematismo di civiltà che oggi ha il suo epicentro negli USA. E proprio su quest’ultimo aspetto arriviamo alla quarta proposta di lettura.

Il quarto libro lo consiglio caldamente agli euro-atlantisti con l’elmetto come i dem, che un giorno sì e l’altro pure si prodigano nello scovare iniziative “filo-putiniane” per sabotarle con un’opera sistematica di censura mediante pressioni su amministratori pubblici e proprietari dei luoghi in cui questa “propaganda filo-russa” dovrebbe tenersi. Personaggi di autentica vocazione repressiva e guerrafondaia, che si vantano di aver votato nell’Europarlamento, come nelle varie assemblee regionali, a favore dell’invio delle armi all’Ucraina. Ebbene, tra un missile spedito e una stretta di mano a Zelensky, dovrebbero fermarsi e leggere (per quel che può servire…) ciò che ha da dire Piergiorgio Odifreddi in C’è del marcio in Occidente, Raffaello Cortina Editore, 2024 pagine 264,00, € 15,20.
Odifreddi, matematico di fama, ci spiega in un sagace j’accuse, le origini del suprematismo occidentale sin dal colonialismo precapitalistico e schiavista, arrivando attraverso il genocidio dei nativi d’America all’attuale politica neocolonialista e imperialista, di cui Israele rappresenta l’apoteosi e la perfetta continuità del peggior totalitarismo novecentesco, quello coi baffetti tanto per capirci.
Un libro importante perché, pur senza le analisi marxiste sul razzismo di un Domenico Losurdo o anticoloniali di un Frantz Fanon o di un Eduardo Galeano con Le vene aperte dell’America Latina, tocca le corde di una cultura borghese e nazional popolare che dal dopoguerra fino ad oggi ha dato parecchio credito al mito delle “democrazie occidentali”, USA in primis, accettando come una rana bollita la loro degenerazione nel bellicismo sanguinario più cinico, giustificato da una presunta superiorità della civiltà occidentale eurocentrica e occidentalista. Un delirio autoreferenziale che ha raggiunto il suo più emblematico delirio nel paragone «del giardino e della giungla» dell’ex rappresentante UE Joseph Borrell, che si è spinto a dire:«L’Europa è un giardino. Abbiamo costruito un giardino. Tutto funziona (…) la maggior parte del resto del mondo è una giungla, e la giungla potrebbe invadere il giardino…»
Un piccolo inciso: certamente l’UE è un tal giardino fiorito di democrazia, che il ballottaggio delle elezioni politiche in Romania, paese membro, sono state sospese e annullato l’esito del voto con la scusa che il candidato vincitore è un “putiniano”. Un’operazione golpista che non fa che rivelare il futuro elettorale di altri paesi UE, Italia compresa, nel caso che un candidato non gradito agli euroimperialisti e a Washington dovesse vincere le elezioni. Tornando a Odifreddi, il matematico fa una disamina molto pungente del suprematismo occidentale dalle origini fino a oggi, sin dal ‘400 e ancor prima con la colonizzazione, il monoteismo cristiano a fil di spada, arrivando a uno stupefacente Hitler che nel Mein kampf osservava che le leggi razziali le aveva mutuate da quelle che gli USA adottavano nei confronti di categorie sociali e soggetti ritenuti inferiori (variazioni sul tema del nazimo, come le definisce Odifreddi…) E oggi è ancora più palese la vocazione alla discriminazione e allo sterminio con l’opera “difensiva” che Israele sta portando avanti in Palestina. Bisognerebbe chiederlo a un inca, o a un maya, o a un apache, quanto ci sia in comune nella nascita e nella crescita di queste nazioni, su cui stiamo sprecando tanta mitologia e falsa narrazione. Ma è nato prima l’uovo o la gallina? Odifreddi ci dice che le radici del nazismo partono dalla religione giudaico-cristiana. Una lettura interessante che abbatte parecchi tabù e luoghi comuni a cui il mainstream monocorde e univoco ci ha abituato: la montagna di cazzate che costituisce l’impianto argomentativo della guerra in Europa. E che Odifreddi smonta con estrema facilità.

Mi permetto, sulla scorta degli ultimi due libri, di aggiungere una breve riflessione. Nella sinistra italiana, dal dopoguerra in poi vi possono essere state polemiche anche aspre, che oscillavano tra riformismo e rivoluzione. E anche l’accettazione berlingueriana dell’ombrello NATO, svolta ignobile e fattore decisivo del successivo capitolazionismo e passaggio armi e bagagli da parte del PCI a quello che poi è divenuto il neoliberismo imperante e imperiale, manteneva barlumi di dignità e velleità verbose e demagogiche a uso e consumo del popolo di sinistra tradito. Ma nessuno dei personaggi anche politicamente degenerati, si pensi a un Craxi o un Andreotti, ha mai raggiunto vette così alte di spudorato servilismo verso questo suprematismo di civiltà che si esprime come l’attuale colonialismo decadente e degradato in strutture come il deep state USA, le euroburocrazie di Bruxelles, la NATO, i centri di potere politico e mediatico a cui fior di partiti di “sinistra” si inchinano, andando a prendere ordini e indicazioni si comprende bene da chi. Da dove pensate che partano le censure verso ogni espressione dissonante dal mainstream imperante? Mala tempora currunt e se la guerra è un must che ha stravolto le vecchie narrazioni “pacifiste”, secondo un’agenda fatta a Washington, la situazione non potrà che peggiorare. Censura, repressione, stato di polizia, stiamo andando lì sempre più velocemente. Il sito Sbilanciamoci dice giustamente: “Il nuovo decreto sicurezza, ddl 1660, mira a colpire ogni tipo di protesta pubblica, criminalizzando le lotte per la casa, degli operai, aggravando la detenzione dei migranti e riaprendo il carcere alle madri”. E non credete alle tiepide critiche, quanto pelose, false e strumentali, che i dem e i loro cespugli esternano in funzione meramente anti-Meloni: farebbero le stesse cose della Giorgia se fossero al governo loro. Via dal teatrino dei pupi, plesase.

Ecco allora la domanda, in definitiva: perché il titolo “letture per sistemarvi per le feste?” C’entra il Natale? Certo che no, è che di questi tempi, se vi beccano con uno di questi libri, potrebbero anche schedarvi come putiniano, antisemita, complottista, autonomo, rossobruno, orso bruno del Trentino…



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