«Ridare Tfr e pensione ai consiglieri regionali»: la proposta in Lombardia. La spesa stimata è di 850 mila euro l’anno

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di
Sara Bettoni

L’emendamento al bilancio ha come primo firmatario Ferrazzi (Misto). Contrari i Cinque stelle: «Blitz maldestro»

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Reintrodurre il tfr e la «pensione» per i consiglieri regionali della Lombardia. Dopo il blitz bipartisan fallito a luglio, al Pirellone si torna a parlare dei due benefici cancellati dalla legge numero 13 del 2011. Con un emendamento al bilancio, la cui discussione inizierà il 17 dicembre, il consigliere Luca Daniel Ferrazzi (Gruppo Misto) chiede di ripristinare l’«indennità differita a titolo e indennità di fine mandato dei consiglieri regionali». 

Tema delicato, quello dei «vitalizi», aboliti nei fatti a partire dal 2013 come segnale «anti-casta» e rimedio ai costi ingenti della Regione. Gli eletti a partire da quell’anno non maturano quindi nulla che sia simile a un trattamento di fine rapporto, né a una pensione. Un problema soprattutto per chi rimane in carica per più mandati e non ha un’attività professionale di supporto, ricordano alcuni consiglieri.




















































E così già a luglio in Commissione bilancio si era immaginato di modificare la legge regionale del 2011 sui tagli al costo della politica. I sette emendamenti presentati in estate, tra cui quello «incriminato», avevano come primo firmatario Giacomo Zamperini di Fratelli d’Italia. Alla sua, seguivano le sigle di Emanuele Monti della Lega, Giulio Gallera di Forza Italia, Marisa Cesana di Lombardia Ideale, Nicolas Gallizzi di Noi Moderati, Luca Ferrazzi di Lombardia migliore, ma anche di Angelo Orsenigo del Pd,  Onorio Rosati di Alleanza Versi Sinistra, Lisa Noja di Azione a Michela Palestra del Patto civico. Il documento, però, era stato ritirato prima del voto.

Ora Ferrazzi, che nel frattempo ha abbandonato Lombardia migliore (lista di Letizia Moratti) per passare al Misto, ci ritenta. L’emendamento calcola anche quanto costerebbe reintrodurre pensioni e tfr. Per l’indennità differita, si spiega, sarebbe prevista una trattenuta dell’8,8% sull’indennizzo di carica, pari a 6.327 euro al mese. L’ammontare della pensione (da riconoscere a fine mandato, dopo almeno 5 anni in aula e al compimento dei 60 anni) verrebbe calcolata con il metodo contributivo, incrementando le somme versate in base a una serie di parametri. 

Per il tfr, invece, si propone di riconoscere ai consiglieri un mese di indennità di carica lorda (quindi i 6.327 euro) per ogni anno di mandato, fino a un massimo di 10 mesi. A conti fatti, un politico di lungo corso potrebbe andare in pensione con un tesoretto di circa 63 mila euro lordi. In totale, la spesa annua per i tfr è stimata in 620 mila euro. Per le pensioni, considerando i consiglieri che matureranno i requisiti per riceverla nel 2028, la stima è di 230 mila euro, compensati però dalla diminuzione di circa 800 mila euro delle spese per gli assegni vitalizi ai consiglieri delle giunte ante 2013. 

Da vedere se stavolta l’emendamento arriverà alla discussione e se sarà approvato. Contrari i Cinque stelle che già a luglio non avevano sostenuto la proposta. «Al netto dell’esigenza di regolamentare in modo omogeneo a livello nazionale i trattamenti – dice il capogruppo Nicola Di Marco -rifiutiamo e riteniamo totalmente inopportuno, nel merito e nel metodo, continuare a occuparsi dell’argomento attraverso questi maldestri tentativi di blitz. Lo stile arraffa e scappa, che in questi giorni abbiamo visto applicato dal centrodestra in Parlamento con il vergognoso aumento di settemila euro al mese ai Ministri non parlamentari, non ci appartiene. Ci aspettiamo che le forze di maggioranza, così come quelle di minoranza, rigettino immediatamente questa proposta». Boccia l’idea anche Pierfrancesco Majorino, capogruppo Pd: «Come gruppo Pd siamo contrari».


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16 dicembre 2024 ( modifica il 16 dicembre 2024 | 12:30)

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