“Guerre”, come i nazionalismi stanno conducendo la Terra all’Armageddon

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Guerre, di Domenico Gallo – prefazione di Alessandra Algostino – Delta 3 edizioni, pp. 198 – 2024 – euro 16,00.

Recensione di Adriana Spera

Domenico Gallo, da sempre impegnato nel mondo dell’associazionismo e del movimento per la pace, con Guerre, il suo ultimo libro: continua un percorso iniziato nel 2022 con Il Mondo che verrà e, poi, nel 2023, con Guerra Ucraina, tutti pubblicati dalle edizioni Delta Tre, nonché con Se dici guerra umanitaria. Guerra e informazione. Guerra all’informazione, a cura di Corrado Veneziano e Domenico Gallo, Besa editrice. 

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Il nostro autore si è sempre battuto per difendere il valore della vita (“Ricostruire il senso della politica per ricostruire il senso della vita”, è l’incipit del suo sito internet) – un valore che, a quanto sembra, molti hanno cancellato, specie tra i partiti politici (con l’unica eccezione del Movimento 5 stelle e di Alleanza Verdi e Sinistra), presi da una furia bellicista disattenta, poco incline a studiare la storia, le ingiustizie, la violenza, che sono a monte dei conflitti – in tutti i ruoli che ha ricoperto: da magistrato come da Senatore della Repubblica. Per una legislatura, in Commissione difesa si è occupato della guerra nella ex Jugoslavia e da sempre in prima linea per difendere i diritti del popolo palestinese. Componente del comitato esecutivo del “Coordinamento per la democrazia costituzionale”, fu tra quanti si batterono con più efficacia a difesa della Costituzione e contro la scellerata proposta di riforma Renzi-Boschi.

Ed è proprio guardando alla Costituzione e alla normativa ad essa connessa (legge185/90) che l’approccio delle istituzioni e dei partiti lascia più stupiti: si è ormai dimenticato il ripudio della guerra sancito dall’articolo 11. Assolutamente da leggere, a tal proposito, la disanima contenuta nel capitolo I, par. 15, dal titolo “Ripudiare la pace e giocare a scacchi con la morte”, del libro in esame).

Sembra passata un’era geologica da quando il Presidente Sandro Pertini diceva: «e mentre si spendono miliardi per costruire ordigni di morte, vi sono migliaia e migliaia di creature umane che nel mondo stanno morendo di fame… Questa strage di innocenti pesa come una severa condanna sulla coscienza degli uomini di Stato e, quindi, anche sulla mia coscienza».

Con questo libro, Gallo non solo ricostruisce cronologicamente i fatti ma va alla ricerca delle ragioni storiche dei due conflitti più rilevanti: quello russo- ucraino e quello israelo-palestinese perché «se si oscurano le cause che hanno portato allo scoppio del conflitto,…come si fa a rimediare agli errori commessi per impostare un nuovo criterio di convivenza pacifica». Insomma, per costruire una pace solida e duratura occorre conoscere la realtà, le ragioni dei conflitti, la storia.

Ma quella del nostro autore non è solo un’analisi prettamente pacifista, è anche politica, nel senso che indaga il nesso tra i crescenti sovranismi nazionalisti e il rischio di un moltiplicarsi di conflitti e totalitarismi. Gallo ci ricorda quanto sosteneva Piero Calamandrei: «totalitarismo e dittatura all’interno significano inesorabilmente nazionalismo e guerra all’esterno». Guerra che si estende al diverso, allo straniero considerato non come un essere umano ma come uno scarto.

In definitiva, si rischia di non vedere più che dietro ad ogni conflitto c’è un’umanità sofferente, vite che si perdono e «se scompare il fattore umano la storia precipita nella barbarie». Invece, il ceto politico europeo, con poche rare eccezioni, condizionato dai poteri economici e dalla Nato, sembra ormai incapace di riflettere e dissentire, sembra cieco dinanzi ai danni provocati alle economie dei loro stessi paesi e al pericolo di una guerra atomica cui li si espone, e va avanti in un’escalation suicida, da ultimo con la risoluzione del 28 novembre scorso, con la quale si autorizza l’utilizzo di armi a lunga gittata in territorio russo. «Oggi tutti i leader si sono già trasformati in cortigiani del Re imperatore che, d’oltre Atlantico, ci conduce alla guerra in nome della pace».

Molto più lucido dei politici il musicista Roger Waters che, l’8 febbraio 2023, dinanzi ai membri del Consiglio di Sicurezza dell’Onu disse: «noi popoli vogliamo vivere. Vogliamo vivere in pace in condizioni di parità che ci diano la possibilità reale di prenderci cura di noi stessi e dei nostri cari….Tutto ciò di cui abbiamo bisogno è una giusta opportunità dopo cinquecento anni di imperialismo, colonialismo e schiavitù».

Eppure, per ogni chilometro quadrato conquistato in Ucraina, Mosca ha perso 133 soldati mentre sono almeno, ma un dato certo non si ha, 200mila morti fra gli ucraini, in totale circa un milione di vittime, una guerra di trincea in cui scientemente si sono mandati a morire durante la famosa controffensiva ucraina il 40% dei soldati. Scrive Gallo, «siamo condannati a rivivere gli orrori di Verdun o di Stalingrado, come se non avessimo imparato nulla dalla storia. Ha senso tutto questo? Se scompare il fattore umano la storia precipita nella barbarie». No, non ha senso, ce lo insegna la seconda guerra mondiale scatenata da una Germania umiliata dal Trattato di Versailles ,alla fine della Grande guerra.

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Perché «La guerra è la madre di tutti i delitti,– scrive Gallo – crea l’ambiente umano nel quale si possono sviluppare tutte le peggiori perversioni generate dalla paura, dall’odio e dalla ”disumanizzazione” del nemico».

Ma come si è arrivati a questo punto? Certamente le basi si sono gettate con il conflitto e i bombardamenti della Nato nella ex Jugoslavia. Essa, compiendo un’azione al di fuori dell’art. 5 del Patto Atlantico, si è riappropriata del diritto alla guerra e, poi, con il suo allargamento a est a partire dal 1997, quando Ungheria, Repubblica Ceca e Polonia vennero invitate ad aderire alla Nato stessa, seguite nel 2004 da Estonia, Lettonia, Lituania, Slovenia, Slovacchia Bulgaria e Romania e, infine, dichiarando la disponibilità ad accogliere anche Ucraina e Georgia. In sintesi, la Nato si è allargata di 1600 chilometri a est e, poi, gli Usa che nel 2019 si sono ritirati unilateralmente dal Trattato del 1987 sulle armi nucleari a raggio intermedio, creando le condizioni per poter posizionare in prossimità del territorio russo armi nucleari. «Per uscire da questo disastro bisogna cambiare il capotreno – scrive Gallo – e riportare il treno della Storia sul binario che stava percorrendo nel 1990».

Sarà difficile finché, in particolare, l’Unione europea non assume un forte ruolo di intermediazione anziché di deferenza (verso gli Usa), ma data «la codardia dei leader europei, che sono stati talmente sciocchi da infilarsi nelle sabbie mobili del conflitto ed è difficile che possano trovare la saggezza per uscire da quelle sabbie mobili prima di affondare del tutto e portare giù con sé tutti noi… Ristabilire la pace, comporta la necessità di creare in Europa un clima di sicurezza collettiva, che si può raggiungere soltanto attraverso il disarmo reciproco e concordato, non attraverso la corsa agli armamenti». Un miraggio, con gli Usa che dichiarano di volere una “pace giusta e duratura” mentre con i fatti dimostrano di volere «una guerra duratura. Vogliono prolungare la guerra il più possibile per nuocere alla Russia e per tenere in riga L’Europa».

Il risultato di queste politiche è stata una escalation che va dall’Act to Support Ammonition Production (ASAP) – che consente deroghe alla legislazione ordinaria in materia ambientale, di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro per le fabbriche di armi e munizioni destinate all’Ucraina – fino agli ultimi provvedimenti in cui si prospetta l’emissione di bond europei per l’acquisto di armi piuttosto che investimenti per sanità, istruzione e ricerca. Insomma, siamo ormai entrati in un’economia di guerra a discapito di tutte le altre attività «i diritti sociali possono, anzi debbono essere sacrificati alle esigenze del produzione bellica… più cannoni e meno diritti». Si deve andare avanti fino ad una vittoria impossibile, sacrificando centinaia di migliaia di vite umane, devastando l’ambiente e distruggendo l’Ucraina. «Il fondamentalismo politico di quello che è stato chiamato l’Occidente collettivo non è meno dannoso del fondamentalismo religioso».

In conclusione, secondo Gallo, occorre riaccogliere la Russia nella sua casa che è l’Europa, altrimenti «la guerra proseguirebbe con altri mezzi. Resterebbero in piedi le sanzioni, la separazione economica e l’apartheid nei confronti della società e della cultura russa. Resterebbe in piedi l’accumulo delle minacce militari, è la corsa al riarmo, a danno delle spese sociali. Una cappa di terrore e di odio graverebbe sul continente avvelenando la vita delle Nazioni… la visione del futuro può nascere solo da una revisione critica del passato, dal ripudio di una politica orientata a costruire l’ostilità nei rapporti fra le nazioni, a perseguire la” sicurezza” di una parte (la nostra) a danno dell’altra parte…Per prima cosa occorre ripudiare la pretesa di costruire la pace attraverso la “vittoria”, cioè l’umiliazione della Russia e la negazione dei suoi interessi.. la mediazione non contempla vittorie, ma è, per antonomasia, la conciliazione di interessi geopolitici contrapposti, a cui si deve dare identica legittimità… un negoziato sotto l’egida dell’Onu che dia la parola alle popolazioni interessate, perché se le frontiere sono inviolabili, ancor più inviolabili sono gli esseri umani, che non possono essere sacrificati dai loro governi per tracciare i confini con i coltelli…È il momento di pensare che un altro mondo è possibile e di progettarlo».

Ma, a quanto pare, le vite umane o, meglio, le vite di alcuni popoli valgono meno di quelle di altri, come dimostra la vicenda Palestinese. Se contro l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia – che pure aveva le sue buone ragioni, se non altro per le persecuzioni subite ad opera di milizie neonaziste ucraine dai cittadini ucraini russofoni del Donetsk e Donbass, che hanno provocato tra gli stessi russofoni oltre 10mila morti e 800mila sfollati – gran parte dei paesi occidentali si è mobilitata in soccorso dell’Ucraina inviando ingenti aiuti economici e militari; viceversa, contro l’occupazione della Palestina ad opera degli israeliani nessuno si muove, neppure dopo circa 45000 morti ufficiali e un numero imprecisato di dispersi; una popolazione che sta letteralmente morendo di fame e con la distruzione totale della striscia di Gaza. Per non parlare della progressiva occupazione della Cisgiordania, del Libano meridionale, dei movimenti di truppe in Siria. Tutt’altro, anche ad Israele, che è un occupante, si inviano i medesimi aiuti.

Usa e Israele, la storia lo dimostra, possono violare impunemente quelle regole di cui pretendono il rispetto dagli altri Paesi e così facendo generano solo odio.

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«Il metodo terroristico elevato alla sua massima potenza, non è l’elemento discriminante per qualificare i soggetti che lo praticano. In Medio Oriente il terrorismo non è appannaggio esclusivo di bande che si dedicano al terrore ispirate da fanatismi politici o religiosi, ma è praticato anche dagli Stati. – scrive Gallo, che aggiunge – del resto è arduo distinguere fra la guerra ed il terrorismo poiché in guerra si tende a terrorizzare l’avversario utilizzando la morte e la minaccia della morte… In realtà la guerra… è una forma di terrorismo su vasta scala. L’unica cosa che potrebbe distinguere la guerra dal terrorismo è il diritto umanitario» …che appare ormai un lontano ricordo.

«Dopo oltre duemila anni in Palestina ritorna la strage degli innocenti per mano di un nuovo Erode – scrive Gallo, che aggiunge – Netanyahu ha superato Erode di molte grandezze, ma non crediamo che se ne vergognerà mai. Piuttosto dovremmo vergognarci noi», con i nostri leader politici incapaci di fermare Netanyahu che, con il suo governo, mira «a trasformare il popolo dei Gazawi in una massa di individui senza casa, affamati, slegati fra di loro, privi di ogni riferimento di identità collettiva».

E allora, come salvare Gaza? Come avvenne per il Kossovo, affidandola ad un’amministrazione ad interim con l’Onu, ai sensi del Cap. VII della Carta delle Nazioni Unite.

Quanto accaduto in questi due contesti ci ha mostrato una classe politica italiana – con l’eccezione, come all’inizio evidenziato, di Alleanza Verdi e Sinistra e del Movimento 5 stelle – immemore dei principi costituzionali.

«Il ripudio della guerra e l’aspirazione alla pace e alla giustizia fra le Nazioni – scrive il nostro autore – fanno parte del patrimonio morale indisponibile del popolo italiano, sono il lascito più autentico della Resistenza».

Adriana Spera
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