Nell’immaginario i ghiacciai sono luoghi candidi e immacolati, ma la realtà è ben diversa: anche in Trentino il ghiaccio sta cambiando pelle, diventando più scuro e annerito. Dall’altra parte, questi ambienti offrono un nuovo rifugio per alcune specie animali e vegetali amanti del freddo.
Mauro Gobbi, ricercatore dell’Ambito Clima ed Ecologia del MUSE, ne ha parlato al Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige in occasione di Eubireco (Euregio Biodiversity Research Conference), evento dove scienziate e scienziati dell’Euregio – Tirolo, Alto Adige e Trentino – si confrontano sulle grandi sfide nel campo della biodiversità.
Gli abbiamo fatto qualche domanda….
Che cosa sono i ghiacciai neri e come si riconoscono?
I ghiacciai alpini presentano aree sempre più ridotte, ma questo non è il solo cambiamento rilevabile a occhio nudo.
Si sta osservando infatti anche l’aumento della copertura di detrito roccioso sulla superficie di molti ghiacciai.
I ghiacciai la cui superficie è interamente o parzialmente ricoperta da detrito roccioso vengono chiamati “ghiacciai neri” (o debris-covered glaciers) e presentano dinamiche ben differenti da quelle dei loro candidi parenti.
La coltre detritica, se di spessore superiore a 5 cm circa, li protegge dalla fusione fungendo da strato isolante e conferisce loro una maggiore inerzia termica: le risposte alle variazioni di temperatura dell’aria sono meno repentine e i bilanci di massa nei periodi di ritiro appaiono meno negativi. In poche parole, fondono molto più lentamente.
Quali esempi abbiamo di ghiacciai neri?
In Italia i due esempi di ghiacciai neri che ritengo più stupefacenti, per dimensione ed estensione della lingua glaciale fino a ben sotto il limite del bosco, sono il Ghiacciaio del Miage (Gruppo del Monte Bianco, Valle d’Aosta) e il Ghiacciaio del Belvedere (Gruppo del Monte Rosa, Piemonte).
Anche in Trentino sono in aumento e, a mio avviso, il migliore esempio è quello della Vedretta d’Amola (Gruppo della Presanella). Su tutti i ghiacciai citati abbiamo svolto spedizioni multidisciplinari per investigarne gli aspetti glaciologici, botanici e zoologici e valorizzarne l’unicità geomorfologica e naturalistica.
Perché sono così importanti per la biodiversità?
La velocità e l’intensità con la quale è in corso il cambiamento climatico sta impattando fortemente sulla distribuzione e sulla sopravvivenza delle specie vegetali e animali che vivono negli ambienti d’alta quota.
Diventa urgente, quindi, capire qual è il destino di queste specie.
Le ricerche che stiamo conducendo da circa vent’anni hanno dimostrato che sulla superficie dei ghiacciai neri, tra i sassi con granulometria più fine, si accumula sufficiente materia organica da sostenere la vita di piante e animali (ad esempio insetti, ragni) d’alta quota. Possiamo quindi definire i ghiacciai neri dei rifugi climatici in cui permangono condizioni idonee alla sopravvivenza delle specie più sensibili, nonché esclusive degli ambienti freddi d’alta quota.
Quali specie animali e vegetali trovano rifugio in queste superfici annerite?
Per citare nuovamente l’esempio di un ghiacciaio Trentino, sulla Vedretta d’Amola, è possibile osservare le bellissime fioriture di piante quali Cerastium uniflorum, Cerastium pedunculatum e Saxifraga oppositifolia, nonché vedere muoversi agevolmente tra i sassi alla ricerca di prede il coleottero Nebria germarii, e il ragno Pardosa nigra.
Chiaramente, le specie possono essere differenti in relazione all’ubicazione geografica dei ghiacciai e, grazie alla possibilità di vivere anche sui ghiacciai neri, il loro rischio di estinzione è inferiore seppur legato all’esistenza stessa del ghiacciaio.
La ricerca al MUSE
Che cosa sono i ghiacciai neri e come si riconoscono?
I ghiacciai alpini presentano aree sempre più ridotte, ma questo non è il solo cambiamento rilevabile a occhio nudo.
Si sta osservando infatti anche l’aumento della copertura di detrito roccioso sulla superficie di molti ghiacciai.
I ghiacciai la cui superficie è interamente o parzialmente ricoperta da detrito roccioso vengono chiamati “ghiacciai neri” (o debris-covered glaciers) e presentano dinamiche ben differenti da quelle dei loro candidi parenti.
La coltre detritica, se di spessore superiore a 5 cm circa, li protegge dalla fusione fungendo da strato isolante e conferisce loro una maggiore inerzia termica: le risposte alle variazioni di temperatura dell’aria sono meno repentine e i bilanci di massa nei periodi di ritiro appaiono meno negativi. In poche parole, fondono molto più lentamente.
Quali esempi abbiamo di ghiacciai neri?
In Italia i due esempi di ghiacciai neri che ritengo più stupefacenti, per dimensione ed estensione della lingua glaciale fino a ben sotto il limite del bosco, sono il Ghiacciaio del Miage (Gruppo del Monte Bianco, Valle d’Aosta) e il Ghiacciaio del Belvedere (Gruppo del Monte Rosa, Piemonte).
Anche in Trentino sono in aumento e, a mio avviso, il migliore esempio è quello della Vedretta d’Amola (Gruppo della Presanella). Su tutti i ghiacciai citati abbiamo svolto spedizioni multidisciplinari per investigarne gli aspetti glaciologici, botanici e zoologici e valorizzarne l’unicità geomorfologica e naturalistica.
Perché sono così importanti per la biodiversità?
La velocità e l’intensità con la quale è in corso il cambiamento climatico sta impattando fortemente sulla distribuzione e sulla sopravvivenza delle specie vegetali e animali che vivono negli ambienti d’alta quota.
Diventa urgente, quindi, capire qual è il destino di queste specie.
Le ricerche che stiamo conducendo da circa vent’anni hanno dimostrato che sulla superficie dei ghiacciai neri, tra i sassi con granulometria più fine, si accumula sufficiente materia organica da sostenere la vita di piante e animali (ad esempio insetti, ragni) d’alta quota. Possiamo quindi definire i ghiacciai neri dei rifugi climatici in cui permangono condizioni idonee alla sopravvivenza delle specie più sensibili, nonché esclusive degli ambienti freddi d’alta quota.
Quali specie animali e vegetali trovano rifugio in queste superfici annerite?
Per citare nuovamente l’esempio di un ghiacciaio Trentino, sulla Vedretta d’Amola, è possibile osservare le bellissime fioriture di piante quali Cerastium uniflorum, Cerastium pedunculatum e Saxifraga oppositifolia, nonché vedere muoversi agevolmente tra i sassi alla ricerca di prede il coleottero Nebria germarii, e il ragno Pardosa nigra.
Chiaramente, le specie possono essere differenti in relazione all’ubicazione geografica dei ghiacciai e, grazie alla possibilità di vivere anche sui ghiacciai neri, il loro rischio di estinzione è inferiore seppur legato all’esistenza stessa del ghiacciaio.
Che cosa sono i ghiacciai neri e come si riconoscono?
I ghiacciai alpini presentano aree sempre più ridotte, ma questo non è il solo cambiamento rilevabile a occhio nudo.
Si sta osservando infatti anche l’aumento della copertura di detrito roccioso sulla superficie di molti ghiacciai.
I ghiacciai la cui superficie è interamente o parzialmente ricoperta da detrito roccioso vengono chiamati “ghiacciai neri” (o debris-covered glaciers) e presentano dinamiche ben differenti da quelle dei loro candidi parenti.
La coltre detritica, se di spessore superiore a 5 cm circa, li protegge dalla fusione fungendo da strato isolante e conferisce loro una maggiore inerzia termica: le risposte alle variazioni di temperatura dell’aria sono meno repentine e i bilanci di massa nei periodi di ritiro appaiono meno negativi. In poche parole, fondono molto più lentamente.
Quali esempi abbiamo di ghiacciai neri?
In Italia i due esempi di ghiacciai neri che ritengo più stupefacenti, per dimensione ed estensione della lingua glaciale fino a ben sotto il limite del bosco, sono il Ghiacciaio del Miage (Gruppo del Monte Bianco, Valle d’Aosta) e il Ghiacciaio del Belvedere (Gruppo del Monte Rosa, Piemonte).
Anche in Trentino sono in aumento e, a mio avviso, il migliore esempio è quello della Vedretta d’Amola (Gruppo della Presanella). Su tutti i ghiacciai citati abbiamo svolto spedizioni multidisciplinari per investigarne gli aspetti glaciologici, botanici e zoologici e valorizzarne l’unicità geomorfologica e naturalistica.
Perché sono così importanti per la biodiversità?
La velocità e l’intensità con la quale è in corso il cambiamento climatico sta impattando fortemente sulla distribuzione e sulla sopravvivenza delle specie vegetali e animali che vivono negli ambienti d’alta quota.
Diventa urgente, quindi, capire qual è il destino di queste specie.
Le ricerche che stiamo conducendo da circa vent’anni hanno dimostrato che sulla superficie dei ghiacciai neri, tra i sassi con granulometria più fine, si accumula sufficiente materia organica da sostenere la vita di piante e animali (ad esempio insetti, ragni) d’alta quota. Possiamo quindi definire i ghiacciai neri dei rifugi climatici in cui permangono condizioni idonee alla sopravvivenza delle specie più sensibili, nonché esclusive degli ambienti freddi d’alta quota.
Quali specie animali e vegetali trovano rifugio in queste superfici annerite?
Per citare nuovamente l’esempio di un ghiacciaio Trentino, sulla Vedretta d’Amola, è possibile osservare le bellissime fioriture di piante quali Cerastium uniflorum, Cerastium pedunculatum e Saxifraga oppositifolia, nonché vedere muoversi agevolmente tra i sassi alla ricerca di prede il coleottero Nebria germarii, e il ragno Pardosa nigra.
Chiaramente, le specie possono essere differenti in relazione all’ubicazione geografica dei ghiacciai e, grazie alla possibilità di vivere anche sui ghiacciai neri, il loro rischio di estinzione è inferiore seppur legato all’esistenza stessa del ghiacciaio.
La ricerca al MUSE
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