I loro comportamenti sono alcune delle spie – inequivocabili – del cambiamento climatico in atto: mammiferi, rettili, uccelli migratori. Lo spiega bene il dottor Nicola Norante, presidente del Gruppo Molisano Studi Ornitologici ed esperto di biodiversità in generale e di avifauna in particolare. C’era anche lui giovedì sera nell’Aula Adriatica dell’Unimol in occasione di una straordinaria presentazione di due documentari. Che mostra, tra le altre cose, un esemplare di orso bruno marsicano nel Parco Nazionale, sul versante molisano delle Mainarde.
“La vita segreta dei mammiferi in Molise vista attraverso le fototrappole“, questo l’evento che ha visto protagonisti Donato Franculli, documentarista e ricercatore, e Antonio Liberatore, medico veterinario e naturalista. A presentare l’iniziativa la professoressa Angela Stanisci, docente Aree Protette e Biodiversità dell’Unimol, e appunto l’ornitologo noto ai più per l’impegno per la tutela dell’ambiente dunale e del fratino per conto dei comuni rivieraschi della regione Molise.
“Come gruppo Molisano Studi Ornitologici ci siamo sempre occupati di avifauna. Ma all’interno del gruppo alcuni membri hanno espresso la volontà di studiare anche i mammiferi. Pertanto è nata, e quasi per gioco, questa sfida, e questi due ragazzi con l’aiuto di fototrappole sono riusciti a catturare dei momenti molto particolari, molto intimi, della vita dei mammiferi, che noi non abbiamo mai visto, come – ad esempio – l’accoppiamento dell’istrice. Io, personalmente, non l’avevo mai visto”.
I filmati, dalla notevole importanza naturalistica e di ricerca, sono stati girati nella zona delle Mainarde, in provincia di Isernia.
Ma ci sono altri esemplari che stanno stupendo i ricercatori nostrani? Ne chiediamo conto all’ornitologo.
“Sì, particolare è anche il caso della lontra, che negli ultimi anni dopo un calo importante – a livello nazionale – adesso si sta riprendendo, forse anche perché abbiamo preso coscienza del fatto che dobbiamo conservare i fiumi in uno stato migliore. La lontra che ora vediamo sempre più spesso da noi è sicuramente un indicatore biologico dello stato dei fiumi. Se ne vedono sempre di più, e addirittura siamo riusciti a catturare le abitudini, anche quelle più intime, comprese le sue interazioni con la volpe”.
Un altro indicatore naturalistico importante, peraltro che più incrocia la specializzazione del dottor Norante, è legato all’avifauna.
Ci sono stati degli avvistamenti o delle scoperte particolari e come si sta orientando anche la sua ricerca in relazione a questo?
“Sicuramente ci sono specie in declino e specie in aumento. Per quanto riguarda il Molise l’ultima scoperta interessante è quella della nidificazione della cicogna nera, di cui ci sono delle coppie rispetto alle quali non riusciamo a trovare il sito di nidificazione. Sembra paradossale perché è un uccello di grosse dimensioni che ha un’apertura alare di 2 metri, ma è più schivo di una cinciallegra, la vediamo planare in un bosco planiziale e poi scompare, scompare letteralmente. Anche il Corpo Forestale dello Stato ci ha dato una mano negli anni scorsi segnalando la sua presenza in alcuni posti, ma anche in quel caso non siamo riusciti a trovare il nido. Però confidiamo sempre di migliorare le nostre osservazioni, e di ampliare il numero di persone (non solo studiosi) che possono dare una mano. Tutti noi possiamo segnalare la presenza – ad esempio – del lupo, dell’aquila reale, della lontra, dell’istrice o della cicogna nera. Dopodichè noi siamo pronti a intervenire per scoprire se effettivamente quella specie ha eletto il Molise come suo areale di nidificazione”.
Già, la nidificazione che cambia. Un segnale sempre più evidente che racconta di come il clima stia cambiando.
Voi studiosi siete particolarmente attenti alle dinamiche inerenti il cambiamento climatico, perché studiando i comportamenti degli animali, e forse in modo particolare degli uccelli con le loro migrazioni, vi rendete anche in maniera molto puntuale di quello che sta succedendo.
“Sì, in effetti ci sono specie emblematiche che indicano che qualcosa è cambiato. Faccio un esempio, l’esempio dell’airone guardabuoi, che fino agli anni Settanta era una specie molto rara in Italia. Sono quei piccoli trampolieri che siamo abituati a vedere nei documentari sul dorso di bisonti o di rinoceronti. Adesso li abbiamo in casa, sono arrivati da noi, anzi molto più a nord dell’Italia, e questo si sta diffondendo in maniera vertiginosa.
Anche con le migrazioni, abbiamo il polso di una situazione diversa rispetto al passato, anche dovuto al fatto che le perturbazioni prevalenti nel versante adriatico, nel medio adriatico, erano prima tutte perturbazioni da nord-est. Adesso il quadrante è cambiato completamente, sono sempre perturbazioni per lo più atlantiche, quindi che arrivano da nord-ovest, addirittura negli ultimi anni anche da sud-ovest, e che portano copiose situazioni meteorologiche. Questo chiaramente influisce sulla migrazione degli uccelli, che normalmente in autunno da nord migrano verso sud, per tornare a nidificare in primavera nei quartieri del centro-nord Europa. Noi lo vediamo, facendo anche monitoraggio alle Isole Tremiti, arcipelago che accoglie molti migratori in periodi autunnali, migratori che addirittura vengono dal nord della Siberia, anche di pochi grammi, e che riescono a fare migrazioni di migliaia di chilometri per portarsi in Africa.
A livello di passeriformi la migrazione è quasi regolare rispetto al passato. Quello che notiamo è il fatto che dopo la migrazione queste specie si fermano da noi. Le rondini ora si fermano in Nord Africa, quando prima andavano a sud del Sahara. Questo dà l’idea di come il clima stia cambiando. A livello di rettili pensiamo alla tartaruga di mare, la caretta caretta, che ora va a deporre le uova sempre più a nord, grazie al fatto che la temperatura dell’acqua di mare è sempre più alta, quindi arriva a nidificare anche nell’alto Adriatico, nel caso specifico”.
Come d’altronde ci confermò quest’estate il direttore del Centro Studi Cetacei di Pescara, interpellato per il caso della nidificazione, seguita dalla schiusa che ha portato in vita 54 tartarughine, sulla spiaggia di Petacciato.
Di seguito la videointervista integrale al dottor Nicola Norante
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