Il magistrato Francesco Vicino: «La riforma Nordio mina i diritti, per noi intervenire è un dovere»

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Francesco Vicino, sostituto procuratore a Nola e tra i promotori del manifesto «Facciamo presto!», nato fuori dalle correnti ma lo stesso in grado di animare il dibattito all’interno dell’Anm, a guardare quanto successo all’assemblea di domenica in Cassazione, di fronte alla riforma della separazione delle carriere,la magistratura sembrerebbe star rispondendo in maniera compatta. Quantomeno si può dire che la contrarietà è ampiamente maggioritaria tra le toghe. Secondo lei è così anche nell’opinione pubblica?
La magistratura è compatta perché sono in gioco i diritti essenziali dei cittadini, soprattutto dei più deboli. Se venisse approvata questa riforma si correrebbe il rischio che i reati e i loro autori possano essere scelti direttamente dalla politica, proprio come avveniva, peraltro, durante il ventennio fascista. I costituenti, proprio per scongiurare questo rischio, hanno previsto un sistema che garantisca che i magistrati siano autonomi e indipendenti innanzitutto dal potere politico. Per quanto riguarda l’opinione pubblica, se ci fosse una adeguata, seria e approfondita informazione, la riforma verrebbe respinta da tutti i cittadini, per la semplice ragione che nessuno sarebbe disposto a veder pregiudicati i suoi diritti. Siamo convinti che alimentando un dibattito aperto e consapevole la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica sarà dalla parte della Costituzione.

A gennaio si rinnoverà il comitato direttivo centrale dell’Anm, il cosiddetto parlamentino delle toghe, vede qualche tatticismo nel posizionamento delle correnti in questa fase?
Siamo in campagna elettorale ed è normale che vi sia la necessità da parte di ciascuna correntedi voler compattare l’elettorato verso le proprie proposte, per cui il tatticismo, inteso come strategia, è fisiologico. Per quanto riguarda noi, ormai chiamati «i colleghi del gruppo Facciamo presto!», ci interessa la definizione di un pensiero lucido e la messa in opera di un’azione concreta, al di là dei posizionamenti. Cerchiamo una visione globale che vada oltre le logiche di fazione e misuriamo sul campo la concretezza delle proposte dei gruppi. Per noi è necessario ritornare ad un associazionismo puro, a quell’incanto di un progetto comunitario proteso esclusivamente alla giustizia intesa come bene comune.

Come giudica quanto uscito fuori dall’assemblea di domenica?
Tutti i magistrati sono consapevoli che in questa fase è necessario stringere i denti, arrivare in maniera capillare ai cittadini. Partendo da qui abbiamo proposto una mozione, approvata dall’assemblea generale, per istituire, da subito, un comitato operativo in difesa della Costituzione al quale potranno aderire magistrati, avvocati, accademici, esponenti della cultura e della società civile. Lo scopo è promuovere un dibattito pubblico attraverso l’organizzazione di eventie lavorare insieme su proposte in grado di superare le reali criticità che tormentano la giustizia, tra le quali non rientra, di certo, la separazione delle carriere. Insomma, quello che deve essere compreso dall’opinione pubblica è che noi vogliamo le riforme. Ma quelle vere, quelle in grado di offrire ai cittadini un servizio giustizia serio ed efficace.

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Come dovrebbe muoversi secondo lei questo comitato?
Ci auguriamo che le nostre proposte, la voce dei cittadini e finanche della magistratura europea non restino inascoltate. Ma ad ogni modo il comitato, essendo già stato istituito, inaugurerà il dibattito pubblico senza attendere l’approvazione della riforma e il referendum. Abbiamo infatti previsto un evento in caso di approvazione in prima lettura della riforma. È evidente, comunque, che se si dovesse arrivare ad un referendum, l’azione del comitato svolgerà la sua funzione in prospettiva delle consultazione popolare, per spiegare le ragioni del No.

E non vede il rischio che la magistratura, una volta di più, verrà accusata di «fare politica»?
Per spostare l’attenzione dal merito delle questioni si tenta una delegittimazione attraverso questo tipo di insinuazioni. Ma veramente vogliamo pensare che un magistrato che non condivida una riforma di sistema, una riforma che impatta sui principi fondamentali possa essere tacciato di fare politica? Su questi temi la magistratura e il singolo magistrato non solo ha il diritto di esprimere la sua opinione ma ha un vero e proprio dovere di farlo. Qui sono in gioco i diritti fondamentali dei cittadini e quando le garanzie costituzionali vengono erose, l’organo che è posto a garanzia ha un vero e proprio dovere di esprimere la sua posizione.

È stato annunciato uno sciopero, uno strumento forte ma che espone a qualche rischio: gli ultimi infatti non hanno visto una grande partecipazione. Questa volta secondo lei andrà diversamente?
Ci auguriamo di non dover arrivare a questo strenuo passo. Certamente, qualora dovesse essere necessario farlo, siamo pronti a scioperare di fronte ad una riforma che, come si diceva, rischia di minare definitivamente gli equilibri costituzionali.



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