“Guerre e violenze rendono incerto l’orizzonte, bisogna riaffermare la pace”

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In queste giornate che ci avvicinano al nuovo anno siamo attraversati da sentimenti contraddittori: da una parte il bisogno di condividere la speranza per un futuro di serenità e di pace, cui si affiancano le prospettive che le scoperte della scienza offrono all’umanità. Dall’altra la profonda preoccupazione di un tempo caratterizzato da guerre e violenze che rendono incerto l’orizzonte del mondo intero”. Lo afferma il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel corso del tradizionale scambio di auguri con le alte cariche delle Istituzioni.

“Ho avuto modo, nei giorni scorsi, incontrando i nostri ambasciatori e il corpo diplomatico accreditato, di soffermarmi sui punti di crisi che caratterizzano lo scenario mondiale e sull’incertezza prodotta dal venir meno dell’equilibrio internazionale realizzato a partire dal secondo dopoguerra“, ha detto il Capo dello Stato. “Quell’equilibrio non c’è più ma un nuovo assetto stenta a realizzarsi”.

“Non è più il tempo del confronto tra due blocchi”

“Dopo l’aggressione russa all’Ucraina nuovi fronti di crisi sono esplosi, in una concatenazione che allarga il conflitto dall’Europa al Medio Oriente, moltiplicando rapidamente gli scenari di guerra. Sarebbe miope non vedere quel che lega in un’unica trama questa tragica condizione. Non è più il tempo del confronto tra due blocchi, quello dell’epoca della cosiddetta ‘guerra fredda’, nel quale la corsa agli armamenti militari, e in particolare alle dotazioni nucleari, era contenuta da una intensa iniziativa politico diplomatica capace di evitare pericoli di conflitto aperto. Oggi prevale il conflitto. La politica e la diplomazia appaiono sovente accantonate dalla scelta delle armi, operata da chi ha dato avvio alla guerra. Le istituzioni sovranazionali ne risultano indebolite”, ha continuato.

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“Dalle guerre una deriva emotiva”

“Le nostre nuove generazioni si confrontano con stupore e disorientamento con le immagini e le parole della guerra. Occorre una approfondita riflessione sui danni che questa deriva emotiva può produrre nel lungo periodo sulle donne e sugli uomini di domani, sui loro sentimenti, sulla loro percezione della realtà e sul modo di organizzare la convivenza. Non intendo riferirmi soltanto alle popolazioni che stanno vivendo sulla loro pelle le ferite dei conflitti. Ma su tutti noi. Perché le immagini trasmesse dalle guerre seminano in profondità, anche in chi non ne è direttamente coinvolto, paura, inimicizia, divisione, odio, barriere di ogni tipo”, ha detto ancora Mattarella. 

Abituandosi a convivere con l’odio si rischia di diffonderlo, di renderlo inestinguibile. Qualcosa, purtroppo, è già cambiato. Credo che possa essere reale un nesso tra quei sentimenti e il crescere della violenza intorno a noi, nelle nostre società”.

Cicerone affermava che la storia è maestra di vita. Eppure talvolta siamo presi dal dubbio che questa maestra non venga ascoltata, come quando, nel cuore dell’Europa, assistiamo al ritorno di ombre che pensavamo definitivamente superate”, ha spiegato il presidente.

“Reagire per riaffermare le ragioni della pace”

“Occorre reagire, per riaffermare con forza e convinzione le ragioni della pace, della civiltà, della convivenza, di un mondo libero, solidale, interdipendente. Obiettivi per i quali il Governo è impegnato – come è avvenuto anche con l’efficace presidenza del G7 – nella ricerca del dialogo e della collaborazione, con attenzione particolare nei confronti dei Paesi del Sud del mondo”, ha osservato il Capo dello Stato. 

“Non possiamo tornare indietro, non possiamo rassegnarci al disordine e al conflitto permanente. La pace e la cooperazione sono sempre possibili. Su questa frontiera oggi misuriamo la vitalità e la forza delle nostre democrazie, della civiltà del diritto, dei valori di libertà, di giustizia, di uguaglianza che sono stati e sono i mattoni con cui abbiamo costruito la nostra pacifica convivenza”.

“Perché – argomenta il Capo dello Stato – anche le nostre società, quelle del mondo occidentale, che per molti decenni sono state la base e il baluardo più forte di questi valori, appaiono sfidate da insidiosi fattori di rischio”. “Si registra ovunque un fenomeno di evidente, progressiva polarizzazione che tocca tanti aspetti della nostra convivenza”, sottolinea il presidente della Repubblica.

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“Appare sempre più difficile preservare lo spazio del dialogo e della mediazione all’interno di società che sembrano oggetto di forze centrifughe divaricanti, con una pericolosa riduzione delle occasioni di dialogo, di collaborazione, di condivisione. Si tratta di una dinamica che non riguarda soltanto la politica ma la precede e va molto oltre. Tocca ambiti sociali, economici, culturali, persino etici. Il pluralismo delle idee, l’articolazione di diverse opinioni rappresentano l’anima di una democrazia. Questo è il principio cardine delle democrazie delle società occidentali”. Così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Il monito del Capo dello Stato

“Leggo con queste lenti il crescente e preoccupante fenomeno dell’astensionismo, registrato nelle tornate elettorali da diversi anni a questa parte. Una democrazia senza popolo sarebbe una democrazia di fantasmi. Una democrazia debole. E’ necessario operare per recuperare fiducia, adoperandosi prima di tutto, per ricostruire il rapporto tra persone e istituzioni. Perché le istituzioni vivono della partecipazione e dell’impegno personale”, ha detto Mattarella. 

“Sostenere il pluralismo”

“La democrazia non si esaurisce nelle sue procedure: è impegno, passione, senso della comunità, richiede che si contribuisca alle scelte, a ogni livello. Anche per questo è necessario sostenere il pluralismo – prosegue -, nelle articolazioni sociali come nell’informazione, non affidando soltanto alle logiche di mercato quel che è prezioso per la qualità della convivenza e per una piena cittadinanza”.

“Sovente parliamo della stabilità come di un fattore determinante del patrimonio di credibilità e di buona reputazione di un Paese. E come si è detto la stabilità è alimentata da istituzioni efficienti. Da istituzioni in grado di assumere decisioni tempestive. Dal consenso dei cittadini. Da una società civile che sa impegnarsi e crescere, perché sa che la coesione si nutre di lavoro ed è incoraggiante registrare segnali positivi nell’andamento dell’occupazione”, ha detto ancora il Capo dello Stato nel suo discorso.

“Ci sono, prima ancora, fattori che non dobbiamo sottovalutare: valori comuni e condivisi, cultura, sentimenti popolari che ci fanno riconoscere come un unico popolo, legato da un comune destino. Questo patrimonio “immateriale” è prezioso per quella unità morale che è presupposto per una convivenza ordinata, per una Repubblica forte, per un Paese stabile e di prestigio nel mondo. Queste doti sono emerse in tante circostanze. Di fronte alle emergenze. In occasione di catastrofi che feriscono il Paese. O negli anni bui del terrorismo. O, recentemente, quando abbiamo dato prova di straordinaria solidarietà nel combattere la pandemia. Come un fiume carsico questo patrimonio, costituito dalla nostra unità morale, si manifesta nei momenti più difficili. E’ avvenuto più volte nella nostra storia. Non è soltanto memoria”.

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“Vivere la Costituzione”

“Cosa significa concretamente rispettare e preservare questa unità? Anzitutto vuol dire vivere la Costituzione nella sua attualità. Avere come riferimento sicuro i suoi valori fondativi: la libertà, l’uguaglianza, la giustizia, la solidarietà. I diritti inalienabili di ogni persona. Vuol dire anche riconoscere che vi sono interessi nazionali che richiedono la massima convergenza. Ad esempio il rispetto dei trattati e delle alleanze internazionali, la difesa e la sicurezza dei nostri concittadini e delle infrastrutture strategiche, la salvaguardia dell’ambiente e la messa insicurezza dei nostri territori. Non possiamo dividerci su questi obiettivi, che sono inevitabilmente di lungo periodo e vanno dunque perseguiti con un impegno che va oltre le maggioranze e le opposizioni di turno”. 

“Il controllo dei dati è il nuovo petrolio”

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha anche lanciato un allarme nei confronti dei nuovi ricchi che sono ormai in competizione con lo Stato. Il capo dello Stato parla esplicitamente del “timore che si faccia spazio la tentazione di un progressivo svuotamento del potere pubblico. Fino ad intaccare la stessa idea di Stato per come l’abbiamo codificata e conosciuta nei secoli”.

“La concentrazione in pochissime mani di enormi capitali e del potere tecnologico, così come il controllo accentrato dei dati – definibili come nuovo petrolio dell’era digitale – determinano una condizione di grave rischio. Pochi soggetti con immense disponibilità finanziarie, che guadagnano ben più di 500 volte la retribuzione di un operaio odi un impiegato. Grandi società che dettano le loro condizioni ai mercati e – al di sopra dei confini e della autorità degli Stati e Organizzazioni internazionali – tendono a sottrarsi a qualsiasi regolamentazione, a cominciare dagli obblighi fiscali”. Lo afferma il presidente della Repubblica

“Un esempio. Lo stato moderno si è fondato sul monopolio dell’uso della forza militare e della moneta. Ebbene – osserva Mattarella -, questi due pilastri sono oggi messi in discussione dalla prospettiva di una progressiva privatizzazione del potere pubblico, dall’iniziativa di potenze finanziarie private, capaci di sfidare le prerogative statuali anche su quei due fronti. Proprietari di immense ricchezze che oggi hanno di fatto il monopolio in diversi settori fondamentali. E costruzione di circuiti monetari paralleli, privati”. Gli interrogativi sono densi di preoccupazione: “Chi può garantire che questo trasferimento di potere dalla sfera pubblica a quella privata abbia come fine la garanzia della libertà di tutti? La sicurezza di tutti? I diritti di ciascuno? Il bene comune inteso come bene di ogni persona, nessuna esclusa?”. Questa garanzia per Mattarella sono le istituzioni democratiche, “unico argine agli usurpatori di sovranità”, ha detto Mattarella che ha ricordato le parole con cui Karl Popper sottolinea “come si abbia bisogno della libertà per impedire che lo Stato abusi del suo potere e si abbia bisogno dello Stato per impedire che ci si sottragga alle regole liberamente stabilite abusando di quella libertà”.

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Il rispetto delle istituzioni

“Va sempre rammentato un punto fondamentale: il rispetto delle istituzioni nei confronti di chi ne ricopre il ruolo. Così come coloro che rivestono responsabilità istituzionali, a cominciare dal Presidente della Repubblica, sono tenuti a esercitarle sapendo che le istituzioni sono di tutti. Che il servizio che si svolge è a garanzia della dignità di ognuno, a prescindere dall’appartenenza politica. Abbiamo, a tutti i livelli, esempi efficaci, quotidiani, di come questo sia non solo possibile, ma praticato. L’ho visto, ad esempio, di recente, nella passione dei tanti sindaci che ho incontrato all’assemblea dell’Anci. Le diverse appartenenze politiche, le legittime e preziose differenze delle identità culturali – che sono l’essenza della dialettica democratica -non impediscono di ricercare e trovare convergenze e unità su alcuni grandi temi. Nell’interesse dei cittadini”, ha detto ancora il Capo dello Stato Sergio Mattarella durante lo scambio di auguri di Natale con le più alte cariche dello Stato. 

“L’augurio che voglio fare a tutti noi – che qui rappresentiamo le diverse articolazioni che compongono la nostra Italia – è di poter essere all’altezza delle nostre responsabilità. Di riuscire a farvi fronte con lo stesso impegno e la stessa fiduciosa determinazione con la quale tantissimi nostri concittadini, affrontando difficoltà, mandano avanti, ogni giorno, le loro famiglie e le nostre comunità”.



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