Israele bombarda e conquista territori

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Mentre il paese, dopo la caduta di Assad “brancola nel buio, Israele è intervenuto con aggressività e forza, come è sua abitudine, bombardando e conquistando territori, da vero eroe contro i deboli e i sanguinanti”

Israele, bramosia di possesso. Assoluto. Non è sufficiente vincere. Occorre strafare. Umiliare il nemico. Vale per la Palestina, per il Libano. E ora, la Siria.

Riflette Gideon Levy su Haaretz: “Gli uccelli predatori stanno ora volteggiando nei cieli della Siria, sentendo il fetore dei cadaveri che si trovano in giro e scendendo per prendersi la loro parte. L’aviazione di Israele sta bombardando e distruggendo l’esercito siriano, mentre l’esercito di terra di Israele sta conquistando pezzi di territorio. Come l’acqua che cerca il punto più basso, Israele ha trovato un’altra opportunità nella moltitudine di opzioni che si sono presentate sul suo cammino negli ultimi tempi, distruggendo l’esercito siriano conquistando il territorio, mentre questo paese, malconcio e ferito, si risveglia dall’incubo del precedente regime, affrontando un futuro sconosciuto. In apparenza, la mossa di Israele ha una certa logica. Le circostanze sono favorevoli per distruggere le capacità militari di un altro nemico. Al momento nessuno può ostacolarlo nella Siria post-trauma che ha appena subito un colpo di stato”.

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E qui scatta la bramosia di possesso assoluto. L’insaziabilità del vincitore. Forte quanto privo di prospettiva, di visione strategica. Privo di politica. Annota Levy:Ma non bisogna ignorare i danni fatali che questo brutto saccheggio potrebbe comportare a lungo termine. Il profeta Isaia fu incaricato di dare a uno dei suoi figli un nome che rappresentasse un rapido saccheggio. Anche in questo caso, si trattava di un riferimento all’imminente distruzione di Damasco (e della capitale israelita di Shomron). Il rapido saccheggio sembra essere anche il piano operativo di Israele 3.000 anni dopo”.

Così facendo, Israele alimenta nuovi conflitti, alimenta sofferenza in un Paese martoriato da una guerra che dura da quattordici anni. “In Siria – riflette Levy – si sta facendo strada una nuova speranza. Potrebbe essere una falsa speranza, molto probabilmente lo è, ma i primi giorni del regime che sta prendendo forma danno qualche fondamento a questa speranza. Il leader dei ribelli sembra saggio e accorto, per ora. A differenza del colpo di stato in Iraq, il colpo di stato in Siria non prevede la distruzione del vecchio ordine; non ci saranno spargimenti di sangue e distruzione di infrastrutture. Abu Mohammed al-Jolani per ora sta facendo di tutto per stabilizzare la situazione e costruire un quadro per governare. Israele è per ora l’ultima delle sue preoccupazioni. Il suo passato non lascia presagire nulla di buono, ma forse è cambiato. Il popolo siriano se lo merita”.

Ma, prosegue Levy, “Mentre la Siria brancola nel buio, Israele è intervenuto con aggressività e forza, come è sua abitudine, bombardando e conquistando territori, da vero eroe contro i deboli e i sanguinanti. Potrebbe trarre vantaggio dalle sue azioni, ma è possibile che la Siria si riprenda e non dimentichi chi l’ha attaccata nel suo momento di difficoltà, senza pretesti, senza legittimità. Un avversario in un momento di debolezza è apparentemente un’opportunità per attaccare, ma potrebbe anche essere un’occasione per tendere una mano. Questa potrebbe rivelarsi inutile, magari rifiutata con disgusto. Ma quando gli eventi si susseguono in modo così rapido e drammatico, nessuno può dire cosa ci aspetta. Israele avrebbe dovuto almeno provarci. Invece di minacciare la Siria, non avrebbe perso nulla se avesse chiesto l’apertura di un nuovo capitolo. I cinici diranno che si tratta di una follia, ma la vera follia sta nel non averci nemmeno provato, proprio in questo momento.

Il popolo siriano non dimenticherà chi ha sfruttato la sua debolezza e distrutto il suo paese. Questa settimana, durante una manifestazione a sostegno del colpo di stato nella città israeliana drusa di Maidal Shams, sulle alture del Golan, uno dei residenti mi ha detto: ‘Se il destino della Siria fosse lasciato solo nelle mani del suo popolo, la speranza avrebbe una possibilità. Ma Israele sta già intervenendo e sta rimescolando le carte in tavola, lasciando all’esercito siriano solo fucili Kalashnikov e proiettili’. Israele non sta solo distruggendo l’esercito siriano, ma sta anche conquistando pezzi di territorio siriano a una profondità e a una portata sconosciute. Lasciamo da parte l’incredibile arroganza e insolenza di calpestare la sovranità di un altro Paese senza alcun pretesto, facendosi beffe del diritto internazionale. Il danno per Israele derivante dal sequestro di questo territorio è certo. Questi attacchi saranno il pretesto per un’altra guerra. Proprio come le Fattorie di Shebaa sulle Alture del Golan, le discutibili conquiste di Israele non sono mai temporanee. Nulla è più duraturo. Finiscono per essere una ferita che non si rimargina mai. Israele non si affretterà a ritirarsi dal territorio che ha conquistato. Tale ritiro sarà percepito come una resa. La destra si opporrà, così come la sinistra. Israele sta dicendo alla nuova Siria di dimenticare un nuovo capitolo. Continueremo a combatterti per sempre. Per Israele questo sembra logico, persino un motivo di speranza”.

 



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