Rai ostaggio dello stallo politico. E l’AgCom fotografa la crescita del digitale

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Il consiglio di amministrazione della Rai in programma per quest’oggi deciderà di non decidere sulla sorte di alcune testate, affidando due nuove direzioni ad interim, per RaiSport e per TgR, e la proroga dell’interim di Pierluca Terzulli per il Tg3. È la fotografia di un’azienda bloccata, dopo che la commissione parlamentare di vigilanza viene disertata perché incapace di eleggere un presidente. Per la direzione di RaiSport l’interim andrà a Massimiliano Mascolo, che attualmente è il secondo in grado del canale sportivo con più anzianità anagrafica e anche quello che da più tempo ricopre il ruolo di vicedirettore. Per la direzione della testata che coordina i telegiornali regionali, invece, la scelta è caduta su Roberto Pacchetti, considerato vicino alla Lega. Anche lui è il condirettore con la più alta anzianità nel ruolo.

Usigrai mostra di non gradire questa lunga sfilza di indecisioni. «Interim alla direzione di Raisport, interim alla Tgr, interim bis al Tg3, quasi un mese prima della scadenza – afferma in un nota – Peraltro, fatto curioso, con criteri diversi: in alcuni casi l’interim è stato affidato per anzianità anagrafica, in altri per anzianità di testata». Per il sindacato dei giornalisti Rai il motivo di questa situazione è evidente, la politica: «Manca l’accordo dei partiti, in primis sulla presidenza. Il vertice Rai appare così ostaggio della politica. Mentre in Europa si approva il Media Freedom Act che impone per i servizi pubblici radiotelevisivi indipendenza della governance dagli esecutivi di turno e certezza di risorse, in Italia si prosegue esattamente in direzione opposta».

Con le camere impegnate sulla legge di bilancio, è difficile una nuova convocazione, entro fine anno, di una seduta che provi a sbloccare le sorti della presidenza di viale Mazzini. In una lettera aperta Simona Agnes si è detta pronta a svolgere l’incarico «nel pieno rispetto del mandato e del pluralismo». Ci sono altre nomine vacanti, come la direzione di Rai Sostenibilità (lasciata da Roberto Natale, che è divenuto consigliere), quella di RaiKids e della struttura Ais (Asset, immobiliare e servizi). È dato in uscita anche Fabrizio Ferragni, direttore di Rai Italia, poltrona per la quale si è fatto anche il nome dell’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, rientrato in azienda dopo le dimissioni e in attesa di collocazione.

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Intanto, in commissione bilancio a Montecitorio è arrivato il via libera della maggioranza all’emendamento alla legge di bilancio che sposta la spending review, dai costi del personale Rai a quelli relativi alle consulenze esterne. Nessuna modifica, invece, sull’ammontare del canone che dovrebbe salire dunque a 90 euro rispetto ai 70 dello scorso anno. Al contrario di quanto proposto dalla Lega, il che spinse Forza Italia a votare con le opposizioni e a fare andare sotto la destra.

L’ultima riunione del cda Rai di questo anno solare arriva proprio nel giorno in cui l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha accertato il valore economico complessivo del Sistema integrato delle comunicazioni (Sic) per l’anno 2022, dipingendo un quadro che evidenzia la necessità di scelte strategiche poco compatibili con l’attuale stallo. Il Sic viene stimato in 19,4 miliardi di euro, cioè all’1% del Pil. La graduatoria diffusa dall’AgCom descrive molto bene l’incedere delle piattaforme digitali. Al primo posto si piazza ancora la Rai con una incidenza dei propri ricavi del 13,1% (il che significa una decrescita di quasi mezzo punto in meno rispetto all’anno precedente).

Seguono Alphabet/Google (11,3%), Comcast/Sky (9,9%), Fininvest (9,8%), Meta/Facebook (7,6%), Amazon (3,7%), Cairo Communication (3,5%),Netflix (3,2%), Gedi Gruppo Editoriale (2,7%), Dazn (1,9%),Warner Bros. Discovery (1,2%), Telecom Italia (1%). I soggetti che detengono quote almeno pari all’1% sono dodici e rappresentano congiuntamente, con 13,3 miliardi di euro, il 69% del Sic, mentre il restante 31% delle risorse è diviso tra una platea di operatori piuttosto ampia con quote pari o inferiori all’1%. Nessuna delle aziende, sottolinea Agcom, realizza ricavi superiori alla soglia antitrust del 20%. Dall’analisi emerge con chiarezza il primato della pubblicità online (6,3 miliardi nel 2022, pari al 32,6% del Sic), con una crescita che prosegue anche in forme evidenti anche per questa rilevazione (+55% in due anni) e con un divario rispetto alle risorse pubblicitarie sui mezzi tradizionali sempre più pronunciato (rimangono costanti rispetto all’anno precedente, per un valore di 4,98 miliardi, pari al 29,6%).



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