Ai domiciliari la sindaca di Riva, Hager, Fravezzi e Signoretti. Benko libero in Austria. Contestato il reato associativo. L’accusa: metodo mafioso. Indagate settantasette persone
Sembra di fare un salto indietro nel tempo e riavvolgere il nastro della storia. L’inchiesta rievoca gli anni di tangentopoli, metodologie simili ma attori diversi. Gruppi imprenditoriali infiltrati nel mondo della politica, intrecci a doppio filo tra potere economico e amministratori locali. E a tirare le fila della presunta organizzazione ci sarebbero imprenditori in grado di controllare le principali iniziative della pubblica amministrazione, soprattutto nel settore delle speculazioni edilizie in Trentino Alto Adige.
È il quadro delineato nell’inchiesta dei carabinieri del Ros di Trento e dei finanzieri del Nucleo di polizia economica finanziaria che sta scatenando un vero tsunami nel mondo della politica e dell’imprenditoria della regione e ha portato all’arresto di nove persone. Nomi di spicco del panorama locale tra cui il magnate austriaco, fautore dell’impero immobiliare Signa che un anno fa ha dichiarato lo stato d’insolvenza al Tribunale commerciale di Vienna, René Benko (l’imprenditore è stato raggiunto da un mandato d’arresto europeo in Austria ed è stato sentito dalle autorità locali che lo hanno rilasciato, pertanto è libero), il commercialista bolzanino Heinz Peter Michael Hager, l’imprenditore roveretano Paolo Signoretti e la sindaca di Riva del Garda, Cristina Santi. Ma nell’elenco troviamo anche il nome dell’ex senatore Vittorio Fravezzi (Gruppo per le autonomie) e gli architetti Fabio Rossa e Andrea Saccani, il consulente Lorenzo Barzon e la dirigente dell’ufficio gestione del territorio del Comune di Bolzano, Daniela Eisenstecken. I nove sono accusati di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di diversi reati contro la pubblica amministrazione, falsità ideologica, turbata libertà degli incanti, traffico di influenze e finanziamento illecito ai partiti. Nell’atto d’accusa vengono contestati anche l’emissione di fatture per operazioni inesistenti e soprattutto l’aggravante del metodo mafioso. È un quadro pesantissimo quello delineato dal gip Enrico Borrelli nell’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari, ora al vaglio delle difese.
Oltre 100 perquisizioni
Ieri mattina, 3 dicembre, all’alba i carabinieri del Ros e i finanzieri, coordinati dalla Procura di Trento, si sono presentati a casa e negli uffici degli indagati, che sono tutti agli arresti domiciliari eccetto Benko e hanno acquisito documenti, file, computer. Sono oltre 100 le perquisizioni effettuate su ordine della Dda della Procura tra Trento, Bolzano, Brescia, Milano, Pavia, Roma e Verona, nonché all’estero attraverso i canali di cooperazione giudiziaria. Gli investigatori sono andati a bussare anche alle porte dei Comuni di Riva del Garda e di Bolzano. Ma nella lunga lista degli indagati non ci sono solo i nomi dei nove politici e imprenditori raggiunti dall’ordinanza di custodia cautelare, ma alcune società e altre 68 persone, tra cui dirigenti, consiglieri comunali, professionisti, avvocati e funzionari che sono indagati a vario titolo.Â
L’ex generale dei carabinieri
Nei guai c’è anche un ex generale dei carabinieri, Italo Franzoso (avrebbe fatto pressioni su un luogotenente), ma anche l’assessore del Comune di Riva Mauro Malfer, il sindaco di Arco Alessandro Betta e l’attuale primo cittadino di Dro, Claudio Mimiola, l’ex assessore e consigliere comunale Silvio Sallizzoni, Marino Matteotti, assessore a Dro, Fabrizio Guastamacchia, consigliere comunale di Trento Unita, accusati a vario titolo di truffa, rivelazione di segreto d’ufficio e turbativa . Alcuni di questi, come l’ex assessore Luca Zeni (Pd), il sindaco Betta e Nicola Giuliano, avvocato ed ex consigliere comunale di centrodestra, hanno posizioni più defilate che non hanno attinenza con la presunta consorteria criminale ma sarebbero finiti nei guai per reati minori rispetto al pesante impianto accusatorio mosso ai presunti vertici dell’organizzazione criminale mirata, secondo l’accusa, a corrompere, turbare aste, speculare su progetti di riqualificazione urbanistica per fare incetta di appalti. E per farsi amici i politici gli imprenditori si sarebbero resi disponibili a finanziare le campagne elettorali di amministratori pubblici ottenendo agevolazioni, procedure semplificate e concessioni per iniziative immobiliari.
Finanziamenti illeciti alla politica
L’inchiesta, partita nel 2019 da un accesso abusivo a un sistema informatico da parte di un dipendente del Comune di Bolzano, svela anche un sistema di finanziamenti illeciti alla politica di cui avrebbero beneficiato anche Zeni e Betta. Secondo la prospettazione dell’accusa l’imprenditore Signoretti, amministratore delegato di Heliopolis spa, avrebbe sostenuto «segretamente» le spese relative alla campagna di comunicazione politica, anche attraverso i social, di Zeni, aspirante candidato alle elezioni provinciali e del sindaco di Arco, con 46.970 euro, costi addebitati alla sua società . L’attività di propaganda politica era stata affidata alla società Positivo srl di Milano. I fatti contestati risalgono al periodo tra febbraio 2022 e gennaio 2023.
A mettere nei guai Merler, invece, ci sarebbe una presunta truffa (per la modica cifra di 295,40 euro) relativa all’utilizzo illecito del servizio di recupero Aci della sua Volkswagen Passat (avrebbe tratto in inganno sia l’operatrice che il soccorritore dell’Alpicar sas) e una fattura inesistente (che ha messo nei guai anche l’avvocato Giuliano) da 4.166 euro emessa dalla società GMT & Parters nei confronti di Elettra srl, società di Signoretti. Ma il consigliere di Fratelli d’Italia è «scivolato» anche sulla prima casa, un caso che aveva fatto molto discutere in città . Aveva indicato la residenza a Gardolo, quando in realtà abitava altrove, incassando 67.500 euro. Il consigliere, ex vicepresidente di Patrimonio del Trentino, è accusato anche di corruzione (avrebbe agevolato la vendita di un terreno ad Arcese Immobiliare srl) e ancora fatture fittizie e avrebbe ritoccato anche la contabilità aziendale dello studio associato. Un atto, questo, che ha messo nei guai anche il collega.
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