Si è soliti ripetere che la politica italiana è in perenne campagna elettorale. In effetti ogni anno c’è sempre qualche appuntamento con le urne e dunque le condotte di partiti e coalizioni sono sempre condizionate dalle logiche del consenso, cioè dall’attitudine a fare scelte demagogiche per compiacere gli elettori.
Neppure il 2025 sfuggirà a questa regola, visto che l’anno prossimo si voterà per le regionali in Campania, Puglia, Veneto, Toscana, Marche e Valle d’Aosta e, per le amministrative, in diversi comuni. Siccome nel 2020, a causa della pandemia, il voto slittò dalla primavera, quando eravamo in pieno lockdown, a fine settembre, il governo starebbe pensando a un election day nell’autunno dell’anno prossimo.
Non sarà facile trovare una data che possa andare bene a tutti. Ad esempio in Campania, regione dove si sta litigando aspramente soprattutto a sinistra, la finestra utilizzabile va dal 20 ottobre 2025 al 20 gennaio 2026. Di recente quella regione ha modificato la sua legge elettorale, che ora consente al presidente uscente di candidarsi per un terzo mandato. Tra le modifiche inserite nella nuova normativa c’è quella che consente di essere eletti governatori conquistando anche un solo voto in più dei propri avversari. Non c’è più il limite del 65% del premio di maggioranza, con i 50 seggi a disposizione che vengono ripartiti su base provinciale. Il sistema è proporzionale con soglia di sbarramento del 2,5% e consente anche il voto disgiunto (è possibile votare un candidato governatore e, contestualmente, anche una lista che non lo appoggia).
Il Pd e il centrodestra ritengono questa legge incostituzionale e quindi sono convinti che essa verrà bocciata. Ecco perché il governatore uscente, Vincenzo De Luca, potrebbe giocare d’anticipo ed estrarre dal cilindro una mossa per sbaragliare gli avversari: dimettersi nei prossimi giorni, convocare entro 90 giorni nuove elezioni e dunque non dare il tempo al governo di smontare il suo disegno egemonico, che prevede proprio la sua riconferma alla guida della Regione Campania.
Elly Schlein è stata chiara fin dall’inizio: De Luca non sarà il candidato governatore del Pd. E’ delle ultime settimane l’indiscrezione di un corteggiamento dem nei confronti di Raffaele Cantone, attuale procuratore della Repubblica a Perugia, che a quanto pare starebbe prendendo in seria considerazione l’offerta. La domanda che si fanno però a sinistra è la seguente: se De Luca si candida con una sua lista, Cantone riesce comunque a prendere più voti di lui e, soprattutto, a prevalere sul candidato del centrodestra, che potrebbe essere l’attuale ministro dell’interno, Matteo Piantedosi o il meloniano viceministro degli esteri, Edmondo Cirielli o il forzista Fulvio Martusciello?
De Luca nel 2020 raccolse quasi il 70% dei voti, ma fu una campagna elettorale strana e profondamente condizionata dai lockdown e dalla pandemia. Il suo gradimento rimane alto nei sondaggi, ma senza l’appoggio dei partiti di sinistra sarebbe la stessa cosa? Al momento De Luca può contare sull’appoggio di Matteo Renzi, che però vacillerebbe se a scendere in campo per la sinistra fosse Cantone, che proprio lui nominò alla Procura nazionale anticorruzione. Gli stessi grillini, che ora sognano un’investitura di tutta la coalizione per l’ex Presidente della Camera, Roberto Fico, potrebbero sostenere convintamente la candidatura di Cantone, proprio per le sue battaglie in difesa della legalità .
Al di là di queste manovre una considerazione doverosa riguarda i metodi di selezione della classe dirigente da parte della sinistra che, dopo aver rispolverato su base nazionale la figura del padre nobile Romano Prodi, attinge nuovamente al serbatoio delle toghe per tentare di conservare una delle poche regioni ancora nelle sue mani: la Campania. In passato sono stati tanti i candidati a sinistra provenienti dal mondo della magistratura. Basti pensare a Franco Roberti o a Piero Grasso o a Federico Cafiero de Raho, solo per citarne alcuni.
Proprio in una fase in cui gli scandali sul dossieraggio e altre inchieste che si sono abbattute sul mondo della politica come quella sull’ex governatore ligure Giovanni Toti avevano rafforzato i sospetti di faziosità di una parte delle toghe, scegliere un magistrato come Cantone per guidare una regione così complessa e problematica come la Campania è un’ammissione di incapacità , da parte della sinistra, di trovare nella società civile e nei suoi quadri dirigenti figure autorevoli e competenti sul piano amministrativo. Se la scelta dovesse cadere sull’attuale procuratore di Perugia i mugugni non mancherebbero, neppure nel Pd, e ben difficilmente l’attuale governatore De Luca accetterebbe l’offerta di tornare a candidarsi a sindaco di Salerno in cambio della rinuncia al terzo mandato.
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