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Linda Collina
Carlotta Ragazzini è medaglia di bronzo alle ultime Paralimpiadi di Parigi. La faentina 23enne, nonché ex-studentessa del liceo Torricelli-Ballardini, è una atleta della Nazionale paralimpica di tennis da tavolo che Il Castoro ha seguito fin dai primi tornei, dal titolo di campionessa italiana al titolo di campionessa europea.
Come e quando ti sei avvicinata al mondo del tennis da tavolo?
«Ho iniziato a giocarci nel 2016, mentre ero ricoverata a Montecatone (Imola), per un periodo di riabilitazione di 6 mesi, dopo un intervento di stabilizzazione della colonna vertebrale. Una sera, per caso, sono andata al terzo piano, perché ho sentito il rumore delle palline sbattere e per curiosità sono andata a vedere di cosa si trattasse e lì ho conosciuto Davide Scazzieri, il presidente della mia società (Lo Sport è Vita). Successivamente, sempre durante la degenza, ho conosciuto il direttore tecnico della nazionale, Alessandro Arcigli, che mi ha invitato a partecipare ai campionati italiani di quell’anno. Quando sono uscita dal ricovero, poco a poco ho iniziato ad appassionarmi sempre di più a questo sport».
Com’è l’atmosfera che si respira all’interno della nazionale?
«Fin dalla prima volta in cui sono andata ai campionati italiani a Lignano Sabbiadoro, ho trovato un bell’ambiente. Io non avevo mai fatto sport a livello agonistico, quindi non sapevo bene cosa aspettarmi. Mi sono sentita accolta nel migliore dei modi, nonostante fossi molto più piccola rispetto ad altri giocatori, infatti avevo solo 14 anni. In seguito, quando sono entrata a far parte della nazionale, mi sono sentita in sintonia con tutti i miei compagni di squadra, il clima è allegro seppur serio e professionale».
Cosa hai provato quando hai scoperto di esserti qualificata per le Paralimpiadi?
«Sono stata molto contenta. Era l’obiettivo da raggiungere, ma non è stato facile. Ottenere questo risultato ha richiesto impegno e dedizione, la qualificazione è stata molto lunga, è durata più di 15 mesi, pieni di gare, ognuna importante, a modo suo, per riuscire a qualificarsi. Mi sono sentita orgogliosa per quello che siamo riusciti a costruire negli anni, perché da sogno è diventato un obiettivo e da obiettivo una conquista».
Quanto è stata importante la costanza negli allenamenti? Dove ti alleni?
«Adesso mi alleno al centro Federale di Lignano Sabbiadoro, dove praticamente vivo almeno 20 giorni al mese, e, in aggiunta, ci sono tutti i vari tornei durante l’anno. Sicuramente la costanza negli allenamenti è fondamentale. A Lignano, ci alleniamo due volte al giorno per 6 ore: 3 la mattina e 3 il pomeriggio; due volte a settimana, la mattina, al posto di fare allenamento al tavolo facciamo la preparazione atletica. Quando frequentavo ancora il liceo, mi allenavo a casa tutti i giorni e quasi tutti i weekend raggiungevo i miei compagni al centro federale. Ѐ stato un percorso lungo e faticoso, ma meraviglioso».
Cosa hai pensato quando hai giocato per la prima volta in diretta nazionale alle Paralimpiadi?
«La prima partita che hanno trasmesso in diretta è stata anche la mia prima partita del singolo. Quindi, se devo essere sincera, mentre giocavo e prima di giocare, non ho proprio pensato al fatto che qualcuno mi stesse seguendo da casa, anche perché, secondo me, se durante le partite si inizia a pensare a quante persone ti stanno guardando, diventa difficile concentrarsi su quello che si deve fare e a come lo si deve fare. Per fortuna non ci ho pensato in quel momento e neanche nelle partite successive. Mi sono resa conto del carico mediatico solo dopo la partita, perché, quando ho ripreso in mano il cellulare, ho visto un’innumerevole quantità di notifiche che non avevo mai ricevuto in vita mia».
Quanto era forte la tua avversaria, come giocava e in che maniera sei riuscita a batterla?
«Helena Dretar Karic era una avversaria che conoscevo già, lei è molto più grande di me, ha più di 40 anni. Era già alla sua quarta Paralimpiade, quindi era più esperta di me. L’avevo già affrontata in passato, vincendo quasi sempre, però ogni partita è a sé e il risultato non è mai scontato, soprattutto in un evento come le Paralimpiadi, in cui la tensione è altissima rispetto a quella di altri tornei. Sapevo a cosa sarei andata incontro e ho cercato di concentrarmi su ciò per cui ci eravamo allenati durante l’estate: giocare palline angolate mai facili e rimanere concentrata senza darle chance di rimontare e, ai quarti di finale, ho vinto 3 a 0».
Sei stata una studente del nostro liceo, vuoi dirci qualcosa a riguardo?
«Sì, ho fatto il liceo classico a Faenza e ho avuto la possibilità di essere studente atleta. Dal punto di vista delle assenze è stato utile, perché, tra allenamenti e gare, avrei fatto molte più assenze di quelle consentite per la validità dell’anno. Dal punto di vista delle interrogazioni e delle verifiche a volte è stato di aiuto, altre volte qualcosa si poteva migliorare. In ogni caso, rimane difficile conciliare lo sport ad alti livelli e la scuola, perché le ore di allenamento sono tante, gli impegni pure».
Cosa pensi di come viene insegnata la disciplina di scienze motorie a scuola?
«È una materia che andrebbe valorizzata, soprattutto per gli studenti con disabilità, condizione trattata come un problema. Dovrebbe essere invece un’opportunità. Alle elementari mi dicevano che era meglio che non facessi niente, perché così si risolveva il problema dell’ora di scienze motorie per me. Invece al posto di dire no, non fai niente e ti isoliamo, dato che questa esclusione causa anche atteggiamenti di bullismo, si dovrebbe cercare di adattare l’ora in modo tale che diventi un’opportunità, per far conoscere agli studenti vari sport paralimpici. Attualmente qualche progetto per studenti di elementari e medie c’è, ma c’è ampio margine di miglioramento».
In futuro quali competizioni ti aspettano?
«Nel 2025, a settembre, avremo gli Europei in Svezia e nel 2026 i mondiali in Thailandia. Questi sono i due appuntamenti principali, poi dall’anno prossimo ricominceranno anche i tornei internazionali».
Esiste il doping nel mondo paralimpico?
«Il doping è qualcosa di sbagliato e non capisco quale sia il senso di raggiungere un risultato non con i propri sforzi, ma tramite degli ‘aiuti’. Nel mondo paralimpico vengono utilizzate sostanze dopanti come nel mondo dei normodotati. So, per esperienza, che i controlli sono fatti con serietà».
Frequenti l’università?
«Sono iscritta a Lettere moderne a Bologna, anche se al momento non sto studiando perché sarebbe impossibile, dato che, da una parte vivo a Lignano e l’università è a Bologna, dall’altra il tempo è veramente poco. Ad un certo punto ho dovuto scegliere una delle due cose, altrimenti le avrei fatte male entrambe, ho deciso che per adesso voglio concentrarmi sullo sport, l’università può aspettare».
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