Progressivamente, la Banca Centrale Europea (BCE) sembra muoversi con l’obiettivo unico di ottenere consenso, perseguendo una strategia di placare il mercato. Tuttavia, a lungo andare, quando si dispone di risorse limitate, non esistono stratagemmi che possano eternamente celare le carenze; e con le attuali condizioni, le conseguenze si rivelano piuttosto spiacevoli.
Vi suggerisco di rileggere il mio articolo di due giorni fa per comprendere meglio. Dopo ciò, è importante riconoscere che l’unico vero impatto delle decisioni recenti della BCE è stato questo.
Questo aspetto è sottovalutato da molti. Effettivamente, la fine del programma di reinvestimento è un dato noto da tempo, ma ora si trasforma in realtà concretizzabile, con dettagli sulle tempistiche e l’importo mensile, che verranno formalizzati entro due settimane. È come la situazione di uno studente che sa da mesi la data dell’esame ma posticipa lo studio fino all’ultimo momento, trovandosi poi nel panico totale a due settimane dal termine. In questo caso, il panico è visivamente rappresentato dalla reazione del nostro spread sul Bund, che giovedì – in concomitanza con l’annuncio della BCE – ha mostrato un’oscillazione significativa.
Nonostante lo spread non sia motivo di allarme, proprio giovedì il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha emesso titoli per un totale di 8,5 miliardi di euro, senza particolari preoccupazioni, con un marcato calo del rendimento per le scadenze a 36 mesi. Tuttavia, il problema non è il presente, ma il futuro. A meno che non si verifichino eventi catastrofici che costringano la BCE a ritirare i propri piani, cosa che in molti sperano segretamente affidandosi al collasso economico della Germania, il supporto che l’Eurotower ha offerto al nostro debito comincerà a diminuire. Se la reazione anticipata è stata quella osservata giovedì, cosa succederà quando i mercati metteranno alla prova la sostenibilità dei nostri conti?
Anche qui, non si parla di default imminenti. Ma il mercato tende a anticipare e incorporare le aspettative. E chi detiene debito non può permettersi di procrastinare fino all’ultimo momento. Le nostre banche e compagnie di assicurazione potrebbero aspettare, e probabilmente lo faranno, e forse nelle prossime settimane potrebbero anche incrementare gli acquisti. Un modo per ringraziare per le manovre sulla tassazione degli extra-profitti. Tuttavia, i detentori esteri, quelli reali, cosa faranno?
Il trend non riguarda solo l’Italia. Anche la Bank of England, giovedì, ha gestito un’asta di Short Term Repo per 43,3 miliardi, dopo i 41 della settimana precedente. Dal 20 ottobre, la somma allocata non è mai scesa sotto i 40 miliardi. Questo dimostra la necessità di una nuova facility a partire da gennaio, che garantirà anonimato totale agli utilizzatori, tra cui assicurazioni, fondi pensione e hedge funds. Senza questi 40 miliardi settimanali, le banche non reggerebbero. Ma se ignoriamo questo fatto, il nostro spread di giovedì indica che senza il supporto della BCE, la stabilità del nostro debito potrebbe diventare altrettanto illusoria quanto la nostra indipendenza energetica dalla Russia.
Preoccupati? Allora considerate che anche la politica di taglio dei tassi potrebbe finire bruscamente, aumentando i rischi di una violenta inversione di tendenza. Guardate questo ultimo grafico: con i prezzi già a livelli record nel 2022, credete davvero che, oltre al danno industriale, non ci sia in arrivo una nuova ondata di aumenti dei prezzi?
Che faremo, ulteriori tagli dei tassi alla maniera della Banca Centrale Svizzera, con un’inflazione core in risalita e salari al minimo? Pensate che il mercato non aggiungerà ulteriori margini di spread al rischio reale del nostro debito, quando licenziamenti e scioperi si moltiplicheranno e le sofferenze bancarie bloccheranno ulteriormente i prestiti destinati all’acquisto di debito?
Lo so, tendo a vedere il bicchiere mezzo vuoto. Ma gli occhiali rosa distorcono la realtà.
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