L’acquisto da parte di Unicredit di una quota azionaria di Commerzbank e i futuri sviluppi che ne potranno derivare ripropongono in modo molto concreto il tema del completamento dell’unione bancaria e dell’integrazione dei mercati finanziari europei con il corollario della rimozione delle barriere ancora oggi esistenti a che (almeno) l’area dell’Euro possa essere considerata come una unica giurisdizione, in cui operare senza confini e inefficienze. Se da un lato è relativamente semplice acquistare/cedere quote, anche di controllo, tra banche situate in differenti stati membri dell’Unione Europea – e sotto questo profilo l’Italia è tra gli stati membri dell’Unione più aperti alla presenza di gruppi europei – dall’altro è ancora molto difficile sfruttare appieno le sinergie in termini di liquidità e capitale che da tali operazioni potrebbero derivare.
Da oltre quindici anni gli organismi internazionali e le istituzioni europee sono state impegnate ad elaborare e implementare nuove e complesse regole per rispondere alle lacune del quadro normativo evidenziate dalla grande crisi finanziaria e dalla crisi dei debiti sovrani. In Europa, inoltre, lo sforzo normativo di reazione alla sequenza di crisi verificatesi, si è indirizzato anche a cercare di realizzare un assetto istituzionale della vigilanza coerente con il progetto di mercato unico e di una moneta unica europea.
Nonostante gli sforzi, l’obiettivo non è ancora raggiunto, come sottolineato dai rapporti Letta e Draghi, e tale obiettivo, che piaccia o no, è una condizione necessaria, seppur non sufficiente, per l’attuazione di una rinnovata strategia di crescita e di competitività europea.
È indubbio che i cittadini europei possano avere una certa insofferenza nei confronti di un’Unione Europea che sembra dedicare la maggior parte dei sui interventi normativi al settore bancario e, più in generale al settore finanziario, e tuttavia è necessario far comprendere come tali settori rappresentino una infrastruttura fondamentale di una economia di mercato e come il benessere dei cittadini, la tutela dei loro risparmi e delle loro pensioni dipenda dal buon funzionamento di questa infrastruttura europea.
Una casa comune.
Per far comprendere l’importanza della realizzazione di un mercato bancario e finanziario unico e integrato a livello europeo possiamo ricorrere alla più volte utilizzata rappresentazione dell’Ue come ad una casa comune e di cui il sistema finanziario costituisce l’impianto idraulico.
Oggi siamo in una situazione in cui l’impianto idraulico del condominio Unione Europea presenta ancora strozzature, perdite e inefficienze all’ingresso e all’uscita di ogni appartamento e in molti casi con una molteplicità di idraulici (le autorità nazionali) che per i loro interventi non sempre utilizzano in pieno il manuale di istruzioni comune (il cd. Single Rule Book). Ne consegue una riduzione del benessere collettivo e potenzialmente anche una difficile coabitazione.
L’urgenza di una piena integrazione del sistema bancario (con il completamento dell’Unione Bancaria) e dei mercati dei capitali (con la realizzazione della Capital Markets Union) è sotto gli occhi di tutti. I citati rapporti Letta e Draghi evidenziano come la realizzazione degli obiettivi dell’Ue in termini di “autonomia strategica”, accelerazione della trasformazione digitale e della transizione verso una economia socialmente sostenibile richiedono la mobilitazione di un tale ammontare di risorse pubbliche e private che l’attuale frammentazione del sistema bancario europeo e del mercato dei capitali non è in grado di sostenere.
Regole e infrastrutture comuni.
Nonostante i progressi fatti, l’assetto istituzionale di regolamentazione di vigilanza non è ancora adeguato allo scopo. Con l’unica eccezione del sistema di vigilanza unico (SSM) della Bce, la governance delle altre autorità europee (ESAs) non è efficiente così come la mancanza di un loro potere autonomo di definire regole direttamente applicabili almeno ai grandi intermediari di rilevanza sistemica indebolisce la realizzazione e l’implementazione di un vero libro unico delle regole (single rule book).
L’assenza di un complessivo sistema di norme, di assetto di vigilanza e di infrastrutture che consentano agli intermediari finanziari, di operare all’interno dell’area dell’euro come in un’unica giurisdizione facendo venir meno il concetto di operatività trasfrontaliera (cross border) rende difficoltosa (se non impossibile) la realizzazione di operazioni di integrazione e fusione per dar vita a gruppi bancari europei tali da reggere il confronto con le analoghe entità americane e asiatiche.
La dimensione degli intermediari bancari incide anche sulla realizzazione dell’unione del mercato dei capitali. Correttamente entrambi i rapporti Letta e Draghi evidenziano una eccessiva dipendenza dal credito bancario dell’economia europea e la necessità di un più ampio ricorso al mercato dei capitali soprattutto per finanziare le trasformazioni digitali e l’innovazione ma, proprio come negli Stati Uniti, la presenza di grandi operatori bancari, con un’ampia diversificazione di servizi alle imprese, rappresenta un elemento essenziale anche per lo sviluppo del mercato dei capitali.
Per questo motivo i due progetti di completamento dell’Unione Bancaria e di realizzazione di un mercato dei capitali europeo (cd capital markets union) debbono essere visti come complementari e strumentali al rilancio dell’economia europea.
Occorrono soluzioni rapide e pragmatiche, come ad esempio la realizzazione di un “ventottesimo regime” che realizzi, su base volontaria e almeno per i grandi intermediari di rilevanza sistemica, quell’uniformità del complessivo quadro normativo, regolamentare, di vigilanza e fiscale che finalmente elimini le barriere nell’area Euro. In assenza di interventi, nel condominio europeo presto mancherà l’acqua in tutti gli appartamenti.
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