La custodia ‘istituzionale’ dei bambini al di fuori della famiglia – finanziata sin qui tramite un programma d’incentivazione provvisorio, giunto all’ennesima proroga (vedi sotto) – merita un sostegno permanente. Sul principio i due rami del Parlamento sono d’accordo. Mercoledì lo ha sposato anche il Consiglio degli Stati, dando luce verde (27 voti a 15 e un’astensione) a un nuovo assegno di custodia per i bambini fino a 8 anni mutuato dal comprovato modello degli assegni familiari. La Camera alta, di misura, ha però segato l’altra ‘gamba’ su cui poggia il progetto: gli accordi di programma con i Cantoni. E nessuna decisione è stata ancora presa quanto alla partecipazione finanziaria della Confederazione.
L’assegno – un minimo di 100 franchi mensili per ciascun figlio affidato almeno un giorno alla settimana a un’istituzione, più un compenso aggiuntivo di 50 franchi per ogni mezza giornata supplementare di custodia nell’arco di una settimana – finirebbe direttamente nelle tasche dei genitori che lavorano. Respinta una proposta sostenuta dalla sinistra e da alcuni ‘centristi’ per estendere il limite di età dei bambini fino a 12 anni. Democentristi e alcuni ‘centristi’ auspicavano poi che gli assegni potessero essere versati anche in caso di custodia affidata a terzi, ai nonni ad esempio. La maggioranza del plenum non lo ha voluto: gli assegni saranno corrisposti solo se i bambini saranno affidati a un’istituzione (asili nido, doposcuola, mense, ecc.). Il finanziamento dovrà essere stabilito dai Cantoni, analogamente agli assegni familiari. Questi potranno prevedere un contributo da parte dei datori di lavoro, dei lavoratori o dei lavoratori indipendenti.
Stralciati gli accordi di programma
Sì al sostegno diretto ai genitori, no per contro ai cosiddetti accordi di programma con i Cantoni. In base a questi, la Confederazione versa dei forfait ai Cantoni per migliorare la qualità dell’offerta e colmare le lacune esistenti nell’offerta di posti di custodia complementare alla famiglia. C’è voluto il voto preponderante del presidente Andrea Caroni (Plr/Ar) per far pendere la bilancia dalla parte del no (22 a 21 e un’astensione), caldeggiato del resto anche dalla consigliera federale Elisabeth Baume-Schneider (Ps). Con questa decisione cade tra l’altro la possibilità di promuovere la creazione di posti di custodia istituzionale per bambini in situazione di handicap in età prescolare e scolare. La maggioranza dei ‘senatori’, con l’appoggio del Consiglio federale, ha inoltre stabilito che la questione della qualità, così come la politica della prima infanzia, deve restare fuori da questo progetto e appannaggio dei Cantoni.
Il progetto elaborato dalla commissione preparatoria ha diviso il plenum. Il dibattito mercoledì mattina si è protratto per più di tre ore. Esponenti dell’Udc e del Plr, così come Fabio Regazzi del Centro (vedi sotto), non volevano nemmeno entrare in materia. A loro avviso, la Costituzione non fornisce una base sufficiente per permettere alla Confederazione di partecipare al finanziamento della custodia extra-familiare. Jakob Stark (Udc/Tg), Petra Gössi (Plr/Sz) e altri ‘senatori’ hanno ripetuto più volte che la questione è di competenza dei Cantoni (Regazzi: va gestita “sul piano locale, non con una soluzione centralistica).
Per i favorevoli il progetto aiuterà le donne a tornare prima al lavoro dopo la nascita di un figlio; più in generale, è un contribuito alla riduzione della penuria di manodopera. Non a caso buona parte delle organizzazioni economiche lo sostengono. Anche in chiave politica, contro le iniziative del Ps (asili nido) e dell’Udc (‘No a una Svizzera da 10 milioni!). Conta pure l’aspetto finanziario: questa soluzione – “semplice, snella e facilmente attuabile”, ha detto il relatore della commissione Benedikt Würth (Centro/Sg) – è meno cara (600 milioni all’anno) di quella adottata dal Consiglio nazionale (770 milioni). Mathilde Crevoisier Crelier (Ps/Ju), Maya Graf (Verdi/Bl) e Pierre-Yves Maillard (Ps/Vd) hanno ricordato il costo elevato degli asili nido in Svizzera, che “erode il potere d’acquisto” di molti genitori.
Manica più larga al Nazionale
Lo scorso anno, ancora nella sua ‘vecchia’ composizione, il Nazionale – contro il parere di Udc, Plr e una parte del Centro – aveva adottato un modello completamente diverso. La Confederazione coprirebbe fino al 20% dei costi medi sopportati dai genitori per la custodia extra-familiare dei bambini dalla nascita fino al termine della scuola elementare. La fattura ammonterebbe a circa 710 milioni di franchi all’anno e sarebbe interamente a carico della Confederazione per i primi quattro anni (in seguito il contributo federale dipenderebbe dall’impegno finanziario dei Cantoni). Oltre al sostegno alle famiglie, la Confederazione potrebbe concedere ai Cantoni – sulla base dei menzionati accordi di programma – 54 milioni di franchi all’anno per la creazione di posti in asili nido, doposcuola, scuole a orario continuato e mense.
Il Consiglio federale, alla luce della difficile situazione finanziaria, giudica troppo esoso questo modello. Si dice inoltre “fondamentalmente contrario all’introduzione di un contributo federale teso a ridurre i costi a carico dei genitori”: la questione “è di competenza dei Cantoni e rientra nella responsabilità dei datori di lavoro”. Mercoledì, durante il dibattito agli Stati, Elisabeth Baume-Schneider si è mostrata aperta alla soluzione dei ‘senatori’. Tuttavia, l’Esecutivo è del parere che il sussidio permanente vada gestito (e quindi pagato, of course) dai Cantoni.
Il dibattito riprenderà l’ultima settimana della sessione parlamentare. Decisioni devono ancora essere prese su aspetti rilevanti, come l’importo degli assegni e – appunto – la partecipazione della Confederazione (con un importo massimo di 200 milioni di franchi all’anno, secondo il volere della minoranza) al finanziamento degli stessi. Il dossier tornerà poi al Nazionale. L’eliminazione delle divergenze sarà tutto fuorché una passeggiata.
Le reazioni
‘Non ci siamo ancora’
‘Problematico’
Keystone
Franziska Roth (Ps) e Fabio Regazzi (Centro)
La ‘senatrice’ Franziska Roth (Ps/So), trova “positivo” che il Consiglio degli Stati sia entrato in materia. Ma la sua soddisfazione non va oltre. “Stralciando dal progetto gli accordi di programma con i Cantoni, nei quali tra l’altro erano previste misure di promozione a favore di bambini con disabilità, la Confederazione si sottrae alla sua responsabilità nel finanziamento. È come mettere un tetto su una casa, ma allo stesso tempo togliere le fondamenta”, dice la presidente di Kibesuisse, la Federazione svizzera delle strutture d’accoglienza per l’infanzia. La solettese parla di “una pessima decisione”. Perché “è solo perennizzando gli accordi di programma che la Confederazione dimostrerebbe la volontà di impegnarsi finanziariamente in questo settore”. La decisione oltretutto è stata presa con il voto preponderante del presidente [Andrea Caroni del Plr, ndr], che a suo avviso “avrebbe dovuto votare come la maggioranza della commissione preparatoria”. La ‘senatrice’ socialista ad ogni modo si vuole ottimista: non se la sente di escludere già adesso la possibilità che i due modelli in gioco – quello del Nazionale e quello degli Stati – possano fondersi in un unico modello nel prosieguo dell’iter parlamentare. “Lo credo possibile, quantomeno non perdo la speranza”. Roth può sostenere il modello della ‘sua’ Camera, purché con gli accordi di programma: nella forma attuale, questo “non è ancora un buon controprogetto all’iniziativa sugli asili nido” del suo partito.
‘Compito di Cantoni e Comuni’
Scarso entusiasmo da una parte, disappunto dall’altra. “Problematico, a più d’un titolo”. Così Fabio Regazzi, ‘senatore’ del Centro e presidente dell’Unione svizzera delle arti e mestieri (Usam), giudica il progetto sul tavolo del Consiglio degli Stati. Il ticinese si è schierato (tra i pochi nel suo gruppo a farlo) per la non entrata in materia. “Questo è un compito dei Cantoni e dei Comuni, non della Confederazione. Sono loro che possono elaborare, sul piano locale, le misure più mirate e adatte alla realtà dei bisogni esistenti. Qui siamo ai limiti della costituzionalità”, dice Regazzi a ‘laRegione’ subito dopo la fine del dibattito. Altro problema: gli assegni verrebbero distribuiti “con l’innaffiatoio”, indipendentemente dalla capacità finanziaria dei beneficiari. Inoltre, “nessuno può garantire che vengano impiegati effettivamente per aumentare il grado d’occupazione dei genitori, e non per altro”. Il presidente dell’Usam – preoccupato anche per l’ulteriore onere burocratico e finanziario che si genererebbe per le piccole e medie aziende – non dimentica il problema della carenza di manodopera, che almeno sulla carta un simile (“costoso”) progetto dovrebbe alleviare. Ma su questo punto è “molto più prudente”: “Può essere un aiuto, ma ci vuole ben altro per promuovere una maggior presenza delle donne sul mercato del lavoro”. Da questo punto di vista “mi sembra un esercizio alibi, qualcosa che avrà scarsa efficacia”. L’alternativa? “Dovremmo prorogare il sostegno attuale, nell’attesa di trovare una quadra: una soluzione che contenga misure davvero efficaci, non come questa”.
Il contesto
‘Programma’ in scadenza
Due modelli in gioco
Dall’entrata in vigore della legge federale, 21 anni fa, la Confederazione ha sostenuto con 478 milioni di franchi la creazione di oltre 76mila nuovi posti per la custodia dei bambini (45mila circa in asili nido, 31mila circa in doposcuola o mense). L’obiettivo del programma d’incentivazione è aiutare i genitori a conciliare meglio lavoro e vita familiare. Nonostante gli sforzi, secondo l’Unicef la Svizzera nel 2021 si collocava al penultimo posto tra i Paesi dell’Ocse e dell’Ue per quanto riguarda l’accesso, la qualità e il costo della custodia extra-familiare dei bambini in età prescolastica.
Il programma d’incentivazione, limitato inizialmente a otto anni, è stato prolungato cinque volte; l’ultima quest’autunno, fino al 31 dicembre 2026. Il Parlamento ora lo vuole trasformare in un sostegno finanziario permanente. Quale forma prenderà questa soluzione definitiva, è tutto da vedere: al momento Consiglio nazionale e Consiglio degli Stati difendono modelli profondamente diversi. Quello che alla fine la spunterà, fungerà verosimilmente da controprogetto indiretto all’iniziativa popolare sugli asili nido del Partito socialista. Questa chiede che i genitori non paghino più del 10% del loro reddito per la custodia istituzionale dei figli.
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