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di Alfonso Malangone*
La vicenda dei suoli alla Foce dell’Irno è stata portata all’attenzione della Città da due interrogazioni rivolte al Sindaco da un Consigliere di Opposizione. In estrema sintesi, sono stati sollevati dubbi sulla cessione a soggetti privati di aree acquistate originariamente per esclusiva finalità pubblica, come è scritto nell’atto del 1995 con l’Italcementi dove è anche precisato che: “il mantenimento di tale destinazione è considerato dalle parti (cioè Italcementi e Comune) elemento essenziale per la formazione delle rispettive volontà negoziali”. Quindi: “quella volontà è stata tradita?” E, ancora: “le agevolazioni fiscali, ottenute in sede di stipula proprio per la destinazione pubblica, debbono essere restituite?” Ovviamente, nulla si può dire su tutto questo, trattandosi di materia molto tecnica che richiede sia una competenza specifica che una completa conoscenza dei problemi. Si resta in attesa delle risposte. In data di ieri, un nuovo autorevole intervento ha fornito interessanti ‘anteprime’ sulla possibile dimensione e sulla reale finalità dell’intervento edilizio. Cioè, la prevista costruzione di un albergo potrebbe cedere il passo di fronte alle diverse opportunità offerte dalla centralità dei luoghi e in considerazione della necessità, per l’impresa, di recuperare l’ingente investimento già pari, solo per quei due suoli, a € 12.300.000. Al riguardo, nella riflessione, è stata riportata una pubblica dichiarazione che è sicura fonte di inquietudine. L’area di fianco al Grand Hotel, si legge: “è stata venduta dal Comune per realizzare alberghi…Quindi…se qualcuno cercasse di vendere sulla carta appartamenti privati è un delinquente, un truffatore”. Una domanda è naturale: “ci sono timori per l’affidabilità di qualcuno?” In verità, esclusa la costruzione di immobili difformi dai progetti, di sicuro sanzionabili, il pericolo potrebbe materializzarsi solo se fosse il Comune ad autorizzare il cambio di destinazione d’uso che, di fatto, è già stato previsto nel contratto di acquisto (fonte: contratto). In tale contesto, è più che comprensibile il desiderio espresso da molti cittadini, e da qualche Comitato, di conoscere quali modifiche potranno essere apportate ad un’area fino ad oggi ‘aperta verso il mare e libera dal cemento’, pure sottoposta a vincoli paesaggistici, culturale e ambientale, aggiornati l’ultima volta nel 2013 (fonte: Comune). Forse, un poco datati. Magari, prima della cessione, sarebbe stato giusto riesaminarli, nell’interesse dei cittadini, in considerazione del mutato sentimento nei confronti dell’ambiente, oggi pure tutelato dall’art. 9 della Costituzione. Sorprende, poi, che sulla stessa zona non siano dichiarati vincoli per rischi idraulici, sebbene sia prossima al fiume (fonte: Comune). Mah. Comunque sia, sulla base delle notizie diffuse ieri, qualcosa di più si può dire sotto l’aspetto urbanistico, per quanto minima possa essere la conoscenza della materia. Il tutto, ovviamente, facendo salvo ogni errore., Come è ormai noto, il Comune ha venduto i due suoli di 1.355+1.355 mq, aventi forme grossolanamente rettangolari, concedendo diritti edificatori per la realizzazione di 7.500+7.500 mq di solaio lordo totale (QST). Una prima cosa da chiarire è che con questo termine si indica la somma delle superfici lorde di solaio, al profilo esterno, di ciascuno dei piani abitabili e agibili, anche se interrati. Ora, partendo dalle dimensioni dei suoli, si può pensare che, per il rispetto delle prescrizioni del Regolamento Urbanistico Edilizio Comunale (RUEC) e per la necessità almeno di una rotatoria per indirizzare il traffico in uscita dal tunnel della Lungoirno, le aree concretamente ‘edificabili’ possano essere pari a 600+600 mq in pianta. Così, tenuto conto dei diritti di 7.500+7.500 mq, si potrebbero avere due torri di almeno 12 piani (7.500:600). Se due di essi fossero interrati, non di più perché sotto c’è il mare, i ‘cubi’ sarebbero formati da 10 piani con una altezza totale di oltre 30 metri dal livello stradale (10 piani x 3 metri a piano). E, quindi, una decina in più dei fabbricati circostanti, compreso il Grande Albergo. Se, però, per motivi di viabilità, i due fabbricati fossero costruiti ‘in aderenza’, allora ci sarebbe un unico ‘muro’ continuo di cemento a occludere la vista del mare a gran parte della Città. Di fatto, per conoscere gli ingombri effettivi e gli intrecci con le opere di urbanizzazione, sarà necessario attendere la stipula, tra acquirente e Comune, di una specifica convenzione denominata Piano Urbanistico Attuativo (PUA), oppure la presentazione diretta del progetto per ottenere il Permesso di Costruire. Anche questa alternativa è stata consentita nell’atto di vendita (fonte: Contratto). Ora, se nulla si può dire su come cambierà ‘esteticamente’ via Torrione, una certezza può essere espressa relativamente al volume degli ingombri. I 15.000 mq lordi consentono infatti di realizzare un totale di 45.000 mc (15.000 x 3 metri altezza piano). E, quindi: “sono pochi, o sono tanti?” La risposta è libera. Però, per dare un’idea, si può dire che essi sono 11.000 in più dell’ex Fuenti, l’albergo in Costiera che venne abbattuto perché definito un ‘ecomostro’. Per questo, pur immaginando un progetto elaborato con creatività e fantasia, è fondato il timore di una profonda frattura architettonica in quell’ambito urbano. E’ certo, invece, che la sua sistemazione sarà ben diversa da quella prevista a suo tempo dall’arch. Bohigas che, tenuto conto della finalità pubblica di quei suoli, aveva proposto una riqualificazione attenta esclusivamente ai bisogni dei cittadini. E, forse, non sarebbe stato complicato puntare su investitori di alto profilo per un progetto di finanza ‘costruito’ in modo da apportare alla Città vantaggi urbanistici e introiti economici compensativi. Certo, il Comune avrebbe incassato meno dei 12.300.000 euro pagati dall’acquirente, ma l’intera Comunità avrebbe potuto beneficiare pienamente delle utilità offerte da quell’area, formalmente ‘pubblica’ per decisione ‘essenziale’, a sostegno della vita quotidiana. Adesso, sempre facendo salvo ogni errore, ciascuno potrà valutare, verificare, giudicare e pure correggere. Ma, non potrà certo negare che con il nuovo insediamento ci sarà un carico umano enorme e saranno ridotti gli spazi per il sole e l’aria, di giorno, e per vedere le stelle nel cielo, di notte. A non dolersi, di questo, possono essere solo coloro che percorrono strade illuminate da altre fonti. Per loro. Peccato che, così, si corra il rischio di spegnere le luci a tutti gli altri. Salerno ha davvero bisogno di amore. *Ali per la Città
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