Caro Babbo Natale,
non so come si dice “crisi strutturale” al Polo Nord, ma qui, in questa terra che una volta era chiamata “il Texas d’Italia”, ci troviamo in uno stato tale che il tuo sacco potrebbe servirci non tanto per portare regali, quanto per nascondere la vergogna di chi ci governa. Partiamo dall’acqua. Quella cosa che cade dal cielo e che qui dovremmo saper gestire, vista la nostra storia agricola e il nostro patrimonio di dighe e invasi. E invece, eccoci a razionarla come in un Paese in via di sviluppo. No, non è uno scherzo: l’acqua arriva a singhiozzo, quando arriva e le perdite fanno il bagno nei metri cubi sprecati ogni anno. Qui, caro Babbo Natale, la tanica è stata elevata a simbolo di un centrodestra inadeguato e spocchioso che ha trascinato circa 140mila sfigati nel pieno Medioevo con docce cronometrate e rubinetti che sputano aria, caldaie in tilt per la poca pressione negli impianti e galleggianti che non galleggiano. Poi c’è il capitolo automotive. Sai, in Basilicata c’è una fabbrica che un tempo era un simbolo di progresso e di riscatto del Mezzogiorno: lo stabilimento Stellantis di Melfi. Bene, oggi è diventato un campo minato di incertezze, tagli e dubbi sul futuro. I lavoratori tremano ogni volta che un manager a Torino o a Parigi fa un annuncio. E noi? Guardiamo, impotenti, mentre la politica regionale si limita a commentare le decisioni romane o ad organizzare tavoli che non producono nulla, se non aria fritta. Qui si parla di transizione ecologica, di motori elettrici, di futuro green, ma i nostri operai vedono solo cassa integrazione e promesse vuote. La paura di chiudere i cancelli è reale. E no, non si risolve tutto con un carico di buoni propositi. Serve una politica industriale seria, investimenti veri. E come dimenticare lo spopolamento? Interi paesi si svuotano come palloncini bucati. Giovani che vanno via senza voltarsi, non per scelta, ma per necessità. Ritorneranno? Probabilmente no, visto che qui il futuro è un concetto fumoso, più un miraggio che una prospettiva. E mentre la popolazione invecchia, le politiche per invertire questa tendenza sono deboli, tardive e spesso ridicole. Restano solo gli anziani che guardano con occhi malinconici le foto dei nipoti su WhatsApp. È un esodo biblico e nessuno sembra accorgersene. Non sarebbe male un piano di incentivi o, ancora meglio, delle opportunità reali di lavoro e di sviluppo. Esiste nella tua fabbrica al Polo Nord una divisione “ripopolamento”? Se sì, mandala subito da queste parti che ci organizziamo un bel caleidoscopio. Ah, e la sanità. Questo è il tasto più dolente. Ti spiego: qui, per una visita specialistica, l’attesa è talmente lunga che a volte neanche ne vale più la pena. Così, chi può permetterselo prende il treno per il Veneto o per la Lombardia. E chi non può? Be’, si arrangia. Intanto, il settore privato fa pressing, pronto ad entrare in scena per colmare il vuoto lasciato dal pubblico. Caro Babbo Natale, sotto l’albero vorrei una sanità pubblica funzionante, medici che restano, liste d’attesa dignitose. Non è troppo, vero? A proposito a che punto siamo in vista delle 37mila visite specialistiche da recuperare entro la notte di San Silvestro? E non dimentichiamo l’agricoltura. Qui si coltiva il futuro, ma tra siccità, prezzi in calo e speculazione sui mercati, gli agricoltori sono sull’orlo del collasso. Ti immagino nella tua Lapponia, circondato da renne e paesaggi innevati. Qui, invece, gli agricoltori lottano ogni giorno contro un sistema che sembra volergli togliere anche quel poco che hanno. Ci serve un piano Marshall per l’agricoltura. O almeno, un po’ di rispetto. Infine, le infrastrutture. Da Matera a Sicignano, ogni viaggio è un’odissea. Ti sfido a consegnare i regali in Basilicata senza perdere la pazienza: strade fatiscenti, viadotti degradati e collegamenti ferroviari da età della pietra. Ecco, Babbo Natale, quello che ti chiediamo è questo: una giunta regionale che sappia davvero cosa significa amministrare. Una squadra che non si perda in giochi di potere o nella burocrazia infinita, ma che guardi al futuro con coraggio e visione. Servono investimenti seri, strategie lungimiranti e, soprattutto, persone competenti. Perché se continuiamo così tra un decennio saremo ricordati come “quella regione che poteva, ma non ha voluto”.
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