Migranti, l’Italia accelera sui centri in Albania nonostante le critiche: “Soluzioni innovative” o “un miliardo buttato?”


Roma, 24 dicembre 2024 – Un centinaio di agenti italiani presidiano anche durante le festività natalizie i centri per migranti in Albania, ancora vuoti ma pronti – secondo il governo – a essere finalmente operativi. L’esecutivo di Giorgia Meloni scommette infatti su una ripartenza dei trasferimenti dei richiedenti asilo intercettati in mare già da gennaio. Una scelta incoraggiata dal “consenso emerso in Europa sulle nuove soluzioni”, come i cosiddetti hub in Paesi terzi, e dall’ultima sentenza della Cassazione in tema di Paesi di origine sicura.

La linea è stata ribadita a Palazzo Chigi nel corso di un vertice presieduto dalla premier Giorgia Meloni, a cui hanno partecipato – in presenza o in collegamento – il vicepremier Antonio Tajani, in missione in Kosovo, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, della Difesa Guido Crosetto, degli Affari europei Tommaso Foti e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica. “Andremo avanti”, ha assicurato Tajani, “per contrastare i trafficanti di esseri umani e per il rispetto delle norme comunitarie. Le soluzioni innovative sono state apprezzate anche da altri Paesi”.

Il punto sui centri di Shengjin e Gjader
Il progetto albanese, partito in primavera con l’idea di aprire due centri per migranti a Shengjin e Gjader, è stato finora un percorso a ostacoli: l’inaugurazione, prevista a maggio, è slittata a ottobre; i pochi migranti trasferiti sono stati rilasciati dai giudici albanesi poco dopo l’arrivo, complicando ulteriormente la questione. Le opposizioni parlano di “flop costato un miliardo di euro”, ma per la premier Meloni la “riscossa” è vicina. Forte dell’accordo con il premier albanese Edi Rama, suo storico alleato, punta a far funzionare il modello come esempio pilota per tutta l’Unione Europea.

La Cassazione e la competenza sui Paesi sicuri
Fondamentale, in questa partita, è la sentenza della Cassazione dello scorso 19 dicembre, che ha riconosciuto la possibilità per il governo di stilare una lista di Paesi di origine sicura, cui corrisponde un regime più stringente per l’esame delle domande di asilo. Il giudice ordinario, recita la pronuncia, può solo valutare la legittimità della designazione su singoli casi, senza annullare “con effetti erga omnes” il decreto ministeriale. La seconda novità – anch’essa in vigore da gennaio – è lo spostamento della competenza sulla convalida dei trattenimenti dalle sezioni immigrazione alle Corti d’appello, che il governo spera siano più propense a convalidare i fermi.

Il mutato clima in Europa
Il vertice di Palazzo Chigi rimarca il clima europeo, sempre più orientato a potenziare il contrasto dei flussi migratori irregolari. La presidente della Commissione Ursula von der Leyen vuole procedere su una direttiva rimpatri aggiornata, sulla revisione della definizione di Paese sicuro e sull’utilizzo di hub per la gestione dei migranti in Paesi terzi. L’Italia si candida così a fare da “apripista” con l’Albania. “C’è un forte consenso emerso in questo senso – ricorda Meloni – anche in occasione della recente riunione con i primi ministri di Danimarca e Paesi Bassi, a margine dell’ultimo Consiglio Europeo”.

Le reazioni delle opposizioni
Sul fronte politico interno, però, non si placa lo scontro. Elly Schlein (Pd) parla di “progetto inumano, inefficace, dispendioso e privo di risultati concreti”, mentre Matteo Renzi (Iv) ironizza: “È più facile credere a Babbo Natale che all’utilità dei centri albanesi”. Per Chiara Appendino (M5S) si tratta del “più grande fallimento di Giorgia Meloni: un miliardo di euro buttati nel cesso”. Angelo Bonelli (Avs) accusa il governo di aver travisato la sentenza della Cassazione.
In una nota congiunta, i capigruppo M5S nelle commissioni Affari Costituzionali, Alfonso Colucci e Alessandra Maiorino, sottolineano come questo progetto “non risolva nulla e sia pura propaganda. A novembre, mentre in Italia sbarcavano 8 mila migranti, in Albania sarebbero stati ospitati 19 persone se il loro fermo fosse stato convalidato. Anche ipotizzando qualche migliaio di trasferimenti l’anno, rimarrebbe una percentuale troppo bassa per scoraggiare le partenze”.

Lo sguardo al 2024
Nonostante le critiche, il governo sembra deciso a proseguire lungo questa rotta. L’esecutivo Meloni punta sulla “finestra” che si aprirà dall’11 gennaio in poi, quando le nuove norme sulla convalida dei fermi potrebbero sbloccare i trasferimenti verso il porto di Shengjin. Se l’esperimento albanese – tra consenso europeo e via libera della Cassazione – dovesse iniziare a dare risultati, l’Italia spera di presentarsi alle prossime trattative comunitarie come il Paese che ha fatto da apripista, dimostrando che una “soluzione esterna” è possibile. Ma le ombre di un possibile flop rimangono, così come resta acceso il dibattito sull’opportunità di investire centinaia di milioni di euro in un piano che, almeno finora, ha generato più polemiche che risultati.

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