Per Kiev il premier polacco è il miglior amico possibile. Budapest perde un miliardo per le mancate riforme. La Lega attacca: vergognoso il taglio dei fondi Ue
C’è Donald e Donald. Prima dell’insediamento di Donald Trump a Washington, il 20 gennaio e con tutte le incognite del caso, un’altra piccola incoronazione rassicurerà un po’ di più l’Ucraina: il 9 gennaio le bandiere blustellate europee sventoleranno a Danzica, presenti Ursula von der Leyen e tutti i suoi commissari, per salutare l’inizio del semestre di Donald Tusk come presidente del Consiglio dell’Ue. Per Kiev – in questo momento di sconfitte militari, mentre si scopre che i russi nel 2024 hanno conquistato un territorio sette volte più esteso di quello preso nel ‘23 -, il premier polacco è il miglior amico possibile. L’esatto opposto del predecessore ungherese Viktor Orbán che a maggio, senz’avvertire i partner, andò a stringere la mano di Vladimir Putin.
Il semestre ungherese
Nessuno rimpiange troppo il semestre ungherese. Alla guida dei 27, isolato e apertamente contestato, Orbán è riuscito a danneggiare perfino gl’interessi ungheresi, non essendo riuscito a scongelare nemmeno i fondi Ue che da tre anni spettano a Budapest: una tranche d’un miliardo di euro che la Commissione europea ha deciso d’annullare – cosa mai accaduta prima -, vista la riluttanza d’Orbán a rispettare gli standard minimi Ue in materia di corruzione, finanziamento politico, conflitti d’interesse e indipendenza dei media. «Cercano sempre di derubarci», ha protestato il premier sovranista, fiancheggiato solo dall’amico Matteo Salvini: «Questo taglio è un vergognoso attacco ai diritti», dice il leader leghista.
Il vero tema è la vicina Ucraina
Con un’Europa alla canna del gas, e non solo per la sospensione da oggi delle forniture energetiche da Mosca, a Bruxelles vedono il semestre Tusk come una boccata d’ossigeno. Fra leadership francesi e tedesche indebolite dalle crisi politiche interne, Varsavia ha grandi ambizioni. Da luglio, un centinaio di diplomatici polacchi s’è spostato nei palazzi europei per studiare i dossier che più interessano: sicurezza («la nostra priorità»), migranti (Tusk ha già introdotto limiti per quelli «strumentalizzati» che Russia e Bielorussia inviano in Polonia), transizione energetica. Ma il vero tema è la vicina Ucraina e la lotta alle interferenze russe, in un 2025 d’elezioni tedesche, moldave e rumene. Tusk garantisce una «politica condivisa e attentamente pianificata», per quel che potrà fare da una simbolica poltrona come la sua: sarebbe comunque già qualcosa, rispetto a Orbán, e nei mesi cruciali in cui Trump scoprirà le sue carte per «far finire la guerra in 24 ore» (promessa sua).
Le proposte dei «falchi» polacchi
Una condivisione e una pianificazione quanto mai necessarie, date le proposte dei «falchi» polacchi: Varsavia vuole più Nato nel Mar Baltico, per bloccare i sabotaggi dei cavi sottomarini; propone assieme a Macron un contingente di caschi blu Ue, ipotesi già bocciata da Mosca; chiede un rafforzamento del Tarcza Wschód, lo scudo orientale europeo anti-Russia&Bielorussia; sogna un innalzamento delle spese europee della difesa vicino al 5% del Prodotto interno lordo d’ogni Paese: la Polonia è già al 4,7, come chiede la nuova amministrazione Usa, e ben oltre il 2 della media Ue.
Il fattore T
C’è Donald e Donald, certo. E c’è un Elon Musk che definisce il presidente ucraino Volodymyr Zelensky «il più grande ladro di tutti i tempi». Ma c’è anche uno Zelensky che vede nella nuova amministrazione Usa «una chance di pace». Con un fattore T (Tusk o Trump) che sull’Ucraina, forse, potrebbe accomunare americani ed europei più di quanto sembri.
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