In una puntata di Passato e presente della scorsa stagione lo storico di turno, fra i libri consigliati, proponeva la lettura del romanzo Il gigante sepolto del premio Nobel giapponese Kazuo Ishiguro.
L’argomento affrontato nella puntata riguardava i recenti massacri – Jugoslavia, Ruanda – a cui lo scrittore, in un’intervista rilasciata in occasione del Festival della Letteratura del 2015, dichiarava di essersi ispirato per approfondire l’idea della necessità di dimenticare. A questo fine aveva pensato ad una sorta di narratore onnisciente che, con «una voce moderna che parla da un ambiente soprannaturale»[1], raccontasse la storia dei protagonisti ad un pubblico composto da bambini innocenti, morti nei conflitti bellici.
In una prospettiva sociale, con l’evocare la pace fittizia tra Bretoni e Sassoni lo scrittore intendeva «alludere alle pretese di tenere insieme popoli diversi, trascurando il fatto di capire quali fossero i loro rapporti precedenti a questa pace imposta e radicata nell’oblio»[2] di cui era incerta la durata.
La vicenda
La vicenda, ambientata in Gran Bretagna negli anni di poco successivi al regno di Re Artù, ha come protagonisti due coniugi britanni, Axl e Beatrice. Questi, ormai avanti negli anni, decidono di abbandonare il villaggio e di intraprendere un viaggio per ritrovare il loro figlio di cui non hanno notizie da molto tempo e di cui conservano solo un vago ricordo perché una strana nebbia ha ottenebrato la loro memoria e quella di tutti gli altri abitanti.
A provocare questo incantesimo, grazie al quale ormai da tempo Sassoni e Britanni convivono in pace, dopo essersi contesi ferocemente il territorio, è il drago-femmina Querig che un guerriero sassone ha ora l’incarico di uccidere per ordine del suo re.
Il viaggio dei due anziani coniugi si arricchisce di più valenze: ritrovare il figlio e, insieme al guerriero, raggiungere la montagna del «gigante sepolto» (metafora degli odi, causa delle guerre) per eliminare il drago-femmina e poter così ricostruire il loro passato, i cui squarci in più occasioni li inquieta.
La meta del loro viaggio è un’isola che un traghettatore severo permette di raggiungere solo alle coppie che possono dimostrare, attraverso ricordi comuni, di aver vissuto una vita di amore e di fedeltà.
Solo la moglie verrà traghettata; al marito resta ancora cammino da fare.
La nebbia
Il leit motiv del romanzo è una nebbia che toglie il ricordo sia delle cose passate che di quelle recenti. Fra le ipotesi di tale amnesia «sarebbe Dio stesso a farci dimenticare» – dice Beatrice – «forse in collera per qualcosa che abbiamo fatto»[3] e di cui si vergogna tanto da volersene dimenticare.
Nel prosieguo della storia in più occasioni sia il giovane guerriero sassone Wistan sia Axl hanno improvvise reminiscenze. I lineamenti di Axl, a tratti, ricordano a Wistan un cavaliere che, quando era bambino, si aggirava benevolo e pacifico nel suo villaggio, ma anche chi, insieme ad altri guerrieri feroci, ha distrutto, massacrato e sventrato corpi di bambini e di donne.
Anche Axl, spinto dalle domande e dagli sguardi indagatori di Wistan, ricorda di essere stato il Cavaliere della pace, di aver stretto alleanze con i Sassoni per ordine di re Artù e di aver loro garantito una sicurezza poi selvaggiamente infranta.
Per le lande desolate che costituiscono ormai il territorio nel quale si svolge la vicenda, si aggira – grottesco nella sua armatura arrugginita e per il vecchio ronzino che l’accompagna – ser Galvano, l’ultimo esemplare di guerriero di re Artù, con il compito di proteggere il drago-femmina, garanzia, con il suo incantesimo, di pace.
Con il potere del suo fiato, questa figura mitologica permette ai Britanni e ai Sassoni di convivere pacificamente ma, forse ancora per poco, a causa del suo aspetto vecchio e «così emaciato da assomigliare più a una sorta di rettile vermiforme»[4], quale appare nella sua tana. La sua postura «antieroica» e il suo deperimento fisico alludono al grande sforzo di tenere sepolto un passato doloroso: «nascondere qualcosa logora profondamente»[5] – afferma Ishiguro – e Ser Galvano, con la sua strenua difesa, sembra voler dire che anche quel poco di fiato può tenere lontano il massacro.
Non tutti i personaggi, però, condividono l’idea di una pace a tutti i costi. Wistan sostiene che un passato ingiusto per i torti perpetrati debba in qualche modo essere emendato e che non è sufficiente infliggersi punizioni – come fanno i monaci a cui è affidato il compito di presidiare la strana creatura – per poter ottenere da un Dio benevolo il perdono di azioni efferate. L’idea cristiana del «Dio che tutto perdona» – dice lo scrittore – «rende meno difficile compiere le azioni più atroci».[6]
L’amore e il perdono
Il viaggio dei due coniugi è anche l’ultimo dal momento che la meta è l’isola dove vengono traghettati coloro che sono giunti alla fine della vita. Uno strano traghettatore, quasi un novello Caronte, prima di imbarcarli, fa domande sulla loro vita passata: anche Galvano, consapevole di questo esame, in difesa del suo operato di uomo della guerra, si ripromette di dire di aver fatto quanto gli è stato comandato.
Ma l’esame più puntiglioso è alle coppie poiché, se non sapranno dimostrare di aver trascorso insieme una vita comune integra, potranno accedere all’isola solo separati, come è capitato alle molte vedove che compaiono in più punti del romanzo.
Beatrice, dopo aver incontrato lo strano traghettatore all’inizio del cammino, continua a farsi domande circa la bontà della vita trascorsa con Axl e spesso la sua memoria è attraversata da ricordi dolorosi legati ad abbandoni e a tradimenti. Ed ecco che, dopo l’uccisione del drago-femmina, tutto il passato riaffiora e nitidamente svela l’infedeltà di Beatrice e, per ritorsione, il feroce divieto, imposto da Axl alla moglie, di visitare la tomba del figlio, allontanatosi da casa ormai insofferente nei confronti di genitori litigiosi.
La nebbia che cancella i ricordi è simbolo del perdono che riabilita chi ha errato e ne rinnova le qualità agli occhi del coniuge offeso. L’inquietudine di Beatrice nel temere offese da parte del marito e per questo desiderare che finalmente la nebbia venga cancellata per ritrovare un passato perdonabile, al fine che nulla, al termine dell’esistenza, li possa separare, combacia con la richiesta di Axl alla moglie di promettere l’amore presente anche davanti ad un passato di errori.
Al dubbio se sia necessario dimenticare per rendere possibile una riconciliazione, l’ultima parte della vita di Axl e Beatrice sembra suggerire che l’unica strategia riabilitante, per chi è caduto, sia il perdono. Solido, quindi, non è un amore che si basa su «un oblio deliberato»[7], quanto quello che ci guida a discernere ciò che accettiamo di ricordare o di dimenticare in un rapporto.
Inevitabilmente la vicenda personale di Axl e Beatrice conduce il lettore a trasferire su un piano collettivo il tema del dimenticare: nella dilaniata Palestina quanto potrebbe essere auspicabile l’incantesimo di un nuovo drago-femmina per mettere fine al massacro di innocenti?
[1] Francesca Borrelli (a cura), «Il gigante sepolto. Intervista a Kazuo Ishiguro» (httpp://www.leparoleelecose.it)
[2] Ivi.
[3] Kazuo Ishiguro, Il gigante sepolto, Einaudi, Torino 2015, 75.
[4] Ivi, 287.
[5] Francesca Borrelli (a cura), «Il gigante sepolto. Intervista a Kazuo Ishiguro» (httpp://www.leparoleelecose.it)
[6] Ivi.
[7] Ivi.
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