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Mafia, che c’è di nuovo? Che, nell’apparente silenzio, in Lombardia “ha completato il suo processo di insediamento”. Che se lei è sempre quella, a cambiare, “a trasformarsi”, è stata la società che ha “accolto” e in qualche caso “aderito” al fenomeno mafioso. È illuminante e dà una scoraggiante idea di non ritorno la lettura completa – dopo che inizialmente era stato diffuso un estratto – della ricerca su Mafia ed economia in Lombardia, 260 pagine di analisi firmate da Nando Dalla Chiesa e Andrea Carnì, anime di Cross, l’Osservatorio sulla criminalità organizzata dell’Università statale di Milano.
La “normalità” della mafia tra noi: agenzia di servizi, spalla a cui appoggiarsi
La mafia è diventata in Lombardia (e in Brianza) “agenzia di servizi”, spalla sicura cui appoggiarsi e il mafioso si vuole attestare come “uomo di pace”, ma comunque sempre capace di violenza, seppur “di bassa intensità”, senza clamori e solo se strettamente necessario e comunque sempre alla ricerca, come necessità, di “legittimazione morale”, di “accettazione”.
Nell’insediarsi la criminalità organizzata non ha ovviamente abbandonato le pratiche illegali ultra collaudate, a partire dal traffico di droga. Ma impegnata in un “processo diffuso” di infiltrazione, “classe imprenditoriale” che abbraccia un “nuovo capitalismo”, l’ha appaltato a organizzazioni straniere, in particolare albanesi e nigeriane. Invece il mafioso imprenditore si occupa del riciclaggio in attività legali delle montagne di denaro sporco di cui dispone. Colonizza settori economici con la creazione di “distretti territoriali criminali” forte del “talento mafioso di entrare senza invito”, di crearsi agganci e contatti per diventare “fornitore di servizi”.
La “normalità” della mafia tra noi: mafia e imprenditorialità locale
Dalle indagini giudiziarie emerge sempre più spesso “l’intreccio” delle mafie con l’imprenditoria lombarda “con la costruzione di articolati è complessi sistemi fraudolenti che consentono l’ottimizzazione dei profitti illeciti attraverso reati fiscali”.
Mafia e imprenditoria locale si nutrono l’una dell’altra e si occultano l’una nell’altra, con l’impresa mafiosa “che si adatta è risponde al bisogno economico utilizzando sia i propri strumenti sia quelli autoctoni”. La ‘ndrangheta, quella più forte sul territorio, “entra in rapporti con imprenditori e professionisti e, attraverso di loro, ottimizza i profitti illeciti al punto tale che, osservando la documentazione e i contratti di appalti, la mafia sembra scomparire dalla scena, silenziarsi. E finché il sistema economico gestisce il “costo” della ‘ndrangheta tutto sta in piedi” spiega la ricerca.
Un meccanismo, secondo quanto ricostruito dai magistrati, che “nell’ultimo decennio” si manifesta soprattutto attraverso “la creazione di società cooperative” o srl “che, attraverso altre società cartiere svuotate mensilmente, consentono di drenare il denaro acquisito tramite la commessa. Altro non è – si legge – che la monetizzazione della frode fiscale”.
La “normalità” della mafia tra noi: il business dei rifiuti
Un esempio eclatante è quello dei traffici nazionali è internazionali di rifiuti: “servizi criminali si generano perché c’è una domanda di abbattimento dei costi proveniente dall’industria e dal grande committente”.
La “normalità” della mafia tra noi: Brianza terra di ‘ndrangheta
In Brianza, come noto, prevale nettamente la presenza della ‘ndrangheta che in uno spazio di 200 chilometri quadrati conta sei “locali”: Desio, Giussano, Lentate sul Seveso, Limbiate, Monza, Seregno. Una storia di infiltrazione che parte da lontano, dai soggiorni obbligati degli anni Sessanta e Settanta. Di recente, da carte d’inchieste giudiziarie, sarebbe emersa anche una “forte presenza criminale siciliana” con “sodali stanziati nei territori limitrofi a Monza come Muggiò, Lissone e Desio”. E a proposito di territorio “accogliente”: “In linea di massima – si legge sulla ricerca – emerge la compartecipazione e la complicità negli affari della ‘ndrangheta da parte di professionisti – broker finanziari, commercialisti, imprenditori”.
La “normalità” della mafia tra noi: il balzo delle operazioni sospette
Cartina di tornasole sono le cosiddette “operazioni sospette” a livello finanziario e bancario inerenti il riciclaggio. Dalle 1.032 del 2020 sono balzate a 1.466 l’anno successivo, eppure le denunce sono in calo. Numeri (il 6% del totale lombardo) che collocano Monza e provincia al terzo posto dopo Brescia e Bergamo (esclusa ovviamente Milano). Il fatto poi che sia seconda in Lombardia per numero di beni confiscati alle organizzazioni mafiose, terza per numero di aziende, in particolare nei settori delle costruzioni e dei servizi di alloggio e ristorazione, sta a dimostrare, se mai ce ne fosse ancora bisogno, il livello raggiunto dall’infiltrazione.
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