Terzo settore: 165 mila “sentinelle scomode”. Il Manifesto del Volontariato

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Una realtà che rende le persone parte delle soluzioni, permettendo a individui e comunità di partecipare al proprio sviluppo. Le Nazioni Unite hanno sintetizzato così i temi della 30ª edizione della Giornata internazionale del Volontariato, ricorrenza che si celebra il 5 dicembre di ogni anno, a partire dal 1985.

Il volontariato, dunque, è una risorsa, a maggior ragione in una regione che può contare su 8.500 realtà del terzo settore e su 165mila volontari, uno ogni 7 abitanti, con un’incidenza quasi doppia rispetto alla media nazionale.

Da qui l’esigenza di riflettere sul ruolo del volontariato, sulle sue priorità, sullo stato del rapporto con le istituzioni regionali e locali: a soffocare questa esigenza di riflessione, e di confronto, diversi fattori che si erano succeduti nel tempo, dal sovraccarico di oneri burocratici connessi al codice del Terzo settore, approvato nel 2017, alla pandemia, senza dimenticare altri fattori specifici della realtà del Friuli-Venezia Giulia, come il mancato svolgimento dell’Assemblea del Volontariato prevista dalla legge regionale 23 del 2012, che era una preziosa occasione d’incontro tra i volontari e di confronto con le istituzioni regionali e locali.

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Se la dimensione del pensare e del fare insieme era venuta meno, il 5 dicembre del 2024 poteva e doveva essere l’occasione per ritrovarla. È nato da questo intento il percorso che il MoVI del Friuli-Venezia Giulia, assieme a Missionduepuntozero odv, con la collaborazione del Centro Servizi del Volontariato e il Forum del Terzo Settore – e il sostegno della Regione – hanno organizzato in preparazione della Giornata internazionale. Approdo finale, al termine di un ciclo di 25 incontri, accompagnati anche da un questionario online, il Meeting del Volontariato svoltosi il 30 novembre a Udine e i due incontri con i sindaci tenutisi il 5 dicembre a Udine e Pordenone.

10 coordinate su cui agire

«Se la ragione del viaggio è viaggiare, per citare Fabrizio De Andrè – afferma Dino Del Savio – aver intrapreso e concluso questo itinerario, mettendo a confronto centinaia di volontari e di associazioni, è già di per sé un risultato. Ed esserne usciti con un Manifesto del Volontariato è un prezioso valore aggiunto, che ci consente, nella nostra autonomia, di porre le basi per un progetto di rilancio del nostro ruolo di soggetto attivo, di veicolo di coesione e senso di comunità. Il Manifesto – prosegue Del Savio – individua 10 coordinate, cercando di interpretare il senso più profondo del nostro impegno e le trasformazioni della società in cui viviamo, individuando le criticità e le grandi sfide che abbiamo davanti: su tutte sono emerse quelle dell’educazione, del diritto alla salute, della giustizia ambientale, della solidarietà e del contrasto alle disuguaglianze. Abbiamo delineato così non soltanto l’identità che vorremmo per il volontariato, ma anche un’idea della società che vorremmo contribuire a costruire in questo paese e in questa regione. Un Paese e una regione dove crescono la povertà e il disagio, e viene meno la capacità di trovare una risposta inclusiva e solidale su grandi temi come quello dell’accoglienza degli immigrati».

Da tutto ciò, riflette Del Savio, «scaturisce la domanda di un volontariato che sia anche un soggetto politico, nel senso più alto del termine, interlocutore attivo delle politiche che hanno come obiettivo il bene delle comunità, affiancando gli enti pubblici in un rapporto di amministrazione condivisa, anche attraverso i processi di co-progettazione e di co-programmazione previsti dall’articolo 55 del Codice del Terzo Settore.

Volontariato “sentinella scomoda”

Accanto a questa esigenza di compartecipazione alle scelte, il volontariato – come si legge in uno dei punti più alti del manifesto – intende anche svolgere un ruolo di “sentinella scomoda” che richiama tutti, non solo le istituzioni, ma anche il mondo profit, le organizzazioni di categoria, i professionisti, a un’etica della responsabilità che si misuri con l’impatto reale delle scelte sulla vita delle persone, della comunità, dell’ambiente.

«L’idea, insomma, è di riprenderci la parola come associazioni, ma anche come cittadini. Per continuare a “mordere l’egoismo”, per dirla con le parole del bellissimo slogan coniato dai nostri giovani, e per contribuire a un maggiore autogoverno delle comunità e per costruire insieme un futuro più solidale, più sostenibile, più giusto. Più umano».

Il manifesto del Volontariato

Tracciare «una rotta possibile per il volontariato e il suo impegno a favore delle persone e delle comunità», per «costruire insieme un futuro più solidale, più sostenibile, più giusto». È l’obiettivo del Manifesto del Volontariato, frutto di un percorso fatto di 25 incontri e di un questionario online. Oltre 350 le persone coinvolte per costruire un documento espressione «di intelligenza collettiva, di pensieri, dubbi, auspici, della capacità di guardare sia all’interno che all’esterno delle realtà associative».

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Il risultato – come detto – è un documento articolato in 10 coordinate, vale a dire un insieme di riferimenti sul piano delle strategie, delle modalità di lavoro, del modo di interpretare e migliorare la società che viviamo. Andiamo a esaminarle.

  1. Affrontare il cambiamento. Di fronte ai grandi cambiamenti del presente, il volontariato «non sta a guardare né si chiude nella nostalgia del passato, ma rilancia il suo ruolo propositivo», impegnato a «promuovere modalità anche nuove per affrontare insieme le sfide».
  2. Il prossimo non è morto. Egoismi, solitudine e indifferenza non hanno azzerato il «dovere inderogabile della solidarietà», irrinunciabile per il volontariato, tanto più di fronte all’ampliarsi delle povertà. Da qui la priorità di «dare la parola a coloro che sono messi ai margini della società, a partire dai migranti».
  3. Nessuno può farcela da solo. L’indebolirsi dei legami sociali rende necessaria «la costruzione di alleanze fra chi condivide l’obiettivo di costruire una società più equa e solidale».
  4. Voglia di comunità. Le trasformazioni in atto non spengono la domanda di relazioni e di comunità. È necessario anzi «ritessere legami, promuovere spazi di incontro fra le persone e fra le organizzazioni, anche sul piano intergenerazionale e interculturale».
  5. Il bene comune. Lotta alle disuguaglianze, salute, pace e ambiente sono sfide che impongono una precisa scelta di campo al volontariato, che punta a essere «scomoda sentinella» e «concreto costruttore di pace, di inclusione, di vita sostenibile».
  6. Non di sole pratiche. Occuparsi dei bisogni concreti delle persone non può essere l’unico impegno. «Accanto a tale irrinunciabile caratteristica, emerge l’esigenza di riflettere sul ruolo sociale e culturale del volontariato».
  7. Un volontariato politico. «Libero da collateralismi», il volontariato vuole essere sempre più strumento di difesa dei diritti e coscienza critica sulle cause strutturali delle povertà, dell’esclusione sociale, dell’emergenza climatica.
  8. Un volontariato profetico. Il volontariato è chiamato anch’esso, con tutta la società, a ritrovare «la dimensione della speranza», a immaginare, con coraggio e senso profetico, un futuro che va anche sognato assieme ai giovani.
  9. Solidarietà e cittadinanza. Presidio di cittadinanza attiva, il volontariato è un’opportunità per «uscire dall’isolamento, vivere relazioni positive, essere utili agli altri e alla collettività».
  10. In quale società vogliamo vivere? A chiudere il manifesto una domanda che il mondo del volontariato pone a se stesso e ai suoi interlocutori», stimolo a «un cammino di ricerca da fare insieme».



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